LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8484-2017 proposto da:
M.G.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ALBERTO RUBECHI;
– ricorrente –
contro
AZIENDA AGRICOLA FRATELLI P. S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ROSA VIGNALI;
– controricorrente –
contro
N.W.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1538/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 29/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/12/2018 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Arezzo, con sentenza datata 7/8.7.2015, rigettava l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall’Azienda Agricola Fratelli P. s.s. avverso l’ingiunzione notificata da M.G.B. per la somma di Euro 6.072,00 dovuta per l’esecuzione di lavori agricoli di ripulitura di un terreno e, per l’effetto, confermava il decreto ingiuntivo opposto e in accoglimento della domanda in manleva, condannava il terzo chiamato, N.W., a tenere indenne l’Azienda.
La Corte di appello di Firenze, con sentenza n. 1538 del 2016, in parziale accoglimento dell’impugnazione principale proposta dal N. e dell’appello incidentale proposto dall’Azienda Agricola Fratelli P. s.s., riformava la sentenza di primo grado e, revocato il decreto ingiuntivo opposto, condannava l’Azienda Agricola Fratelli P. s.s. al pagamento della minore somma di Euro 500,00 in favore del M. e il N. a rilevare indenne l’Azienda Agricola Fratelli P. s.s. di ogni somma pagata al M..
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze il M. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su tre motivi, cui ha resistito l’Azienda Agricola Fratelli P. s.s. con controricorso, rimasto intimato il N..
RITENUTO
che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha curato il deposito di memoria illustrativa.
Atteso che:
con il primo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di merito omesso di esaminare la fattura n. 4/2009, poichè non prodotta in atti dal M.. A detta del ricorrente, tale fattura dava ampia contezza dei tempi, dei costi e dei mezzi impiegati dal M. per i lavori eseguiti ed era stata fornita prodotta in atti sin dal giudizio monitorio.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., nonchè il vizio di carenza e di illogicità della motivazione, per aver il giudice di merito errato nella valutazione delle prove. A detta del ricorrente, infatti, il mancato esame della fattura n. 4/2009 non avrebbe consentito al giudice di effettuare un accertamento esauriente del materiale istruttorio.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.nonchè il vizio di carenza e di illogicità della motivazione, per avere il giudice di merito erroneamente ritenuto che il M. non avesse fornito la prova dell’entità e del quantum della prestazione svolta. A detta del ricorrente, infatti, entrambi gli elementi sarebbero contenuti nella fattura n. 4/2009, solo genericamente contestata dall’Azienda Agricola Fratelli P. s.s., che la Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto non prodotta in atti.
I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, venendo tutti sul mancato esame da parte della Corte di merito della fattura n. 4/2009, sono privi di pregio.
Occorre premettere che, come di recente chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 14475 del 2015), i documenti prodotti nel procedimento monitorio devono ritenersi in ogni caso presenti nel processo e, seppur non prodotti nuovamente nella fase di opposizione, rimangono nella sfera di cognizione del giudice, in forza del principio “di non dispersione della prova” ormai acquisita al processo, per cui appare errata l’affermazione della Corte di merito che ha ritenuto non prodotta la fattura de qua per essere stata la stessa allegata dal M. fin dalla fase introduttiva del giudizio monitorio.
Tuttavia, la Corte d’appello ha fondato il suo convincimento anche su una diversa ratio decidendi, laddove ha accertato che siffatta fattura non sarebbe stata in ogni caso decisiva, poichè di per sè sola insufficiente a fornire la prova dell’entità della prestazione, non avendo il M. fornito altrimenti la prova dell’attività svolta.
Tale statuizione risulta in linea con l’orientamento giurisprudenziale, condiviso da questo Collegio, secondo cui la fattura, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale e alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, consiste nella dichiarazione, indirizzata all’altra parte, di fatti concernenti un rapporto già costituito, sicchè, quando tale rapporto sia contestato, non può costituire valido elemento di prova delle prestazioni eseguite ma, al più, un mero indizio (Cass. n. 299 del 2016).
Ed al riguardo non può ritenersi decisiva la critica mossa dal ricorrente, il quale si limita a censurare la prima parte della ratio decidendi della sentenza impugnata, relativa alla mancata produzione della fattura, senza dedurre di aver fornito altri elementi di prova dell’asserito credito.
In definitiva, la Corte d’appello ha dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto non raggiunta la prova dell’esatto ammontare del credito, argomentando in modo ragionevole e non incongruente, pertanto la decisione impugnata si sottrae al sindacato di questa Corte, proponendo nella sostanza il ricorso una diversa interpretazione delle prove, non consentita in sede di legittimità.
In conclusione il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario e agli accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 12 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019