LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11290-2017 proposto da:
C.S., CU.TE., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 1, presso lo studio dell’avvocato EDOARDO DE STEFANO, rappresentati e difesi dall’avvocato FILIPPO TORTORICI;
– ricorrenti –
contro
L.D.A., CU.TE., CU.MA.LU., CU.MA., CU.GI.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 341/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 24/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/12/2018 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Termini Imerese, con sentenza del 24.05.2011, rigettava la domanda proposta da Cu.Te., Cu.Gi. e C.S. volta ad accertare la illegittimità della detenzione da parte di L.D.A., Cu.Te., Cu.Ma.Lu. e Cu.Ma. della proprietà di un fondo, su cui insisteva un fabbricato, corrispondente alla part. ***** e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, riconosceva la proprietà per intervenuta usucapione decennale in capo ai L.D.- Cu. sulla part. *****, per essere stata menzionata nell’atto pubblico del 29.7.1988, con cui questi ultimi avevano acquistato il fondo, unicamente la part. *****, la quale ricomprendeva anche la part. *****, quest’ultima prevista per la prima volta solo con l’atto di frazionamento del 1939, non richiamato nel rogito e non apportate al “*****” le modifiche che rendevano evidente il frazionamento.
A seguito di appello proposto da Cu.Te., Cu.Gi. e C.S., con sentenza n. 341 del 2017, la Corte di appello di Palermo, rigettava il gravame, confermando la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, Cu.Te. e C.S. hanno proposto ricorso per cassazione, fondato su due motivi. Sono rimasti intimati L.D.A., Cu.Te., Cu.Ma.Lu., Cu.Ma. e Cu.Gi..
Ritenuto che il ricorso potesse essere respinto, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
ATTESO che:
è superflua l’illustrazione dei motivi di doglianza essendo il ricorso improcedibile per le ragioni di seguito esposte.
Occorre dare atto che nel medesimo ricorso viene affermato che la sentenza impugnata è stata notificata a L.D.A., Cu.Te., Cu.Ma.Lu., Cu.Ma. e Cu.Gi. in data 7.03.2017, ma unitamente al ricorso è stata depositata copia autentica di detta sentenza non accompagnata dalla relata di notificazione, in violazione di quanto stabilito, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2.
Viene, dunque, in rilievo il principio di diritto secondo il quale la previsione ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al comma 1 stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, funzionale al riscontro, da parte della Corte di Cassazione della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve.
Nell’ipotesi in cui parte ricorrente, espressamente o implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione deve, quindi essere dichiarato improcedibile (cfr. Cass., Sez. Un., n. 10648 del 2017; Cass. n. 9005 del 2009).
Peraltro nella specie non ricorre l’ipotesi di notificazione del ricorso nel termine di sessanta giorni dalla data di deposito della sentenza impugnata che renderebbe comunque procedibile il ricorso, poichè il collegamento tra la data della pubblicazione della sentenza (indicata nel ricorso) e quella della notificazione del ricorso (emergente dalla relata di notificazione dello stesso) assicura comunque lo scopo cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento) del deposito del ricorso, di accettarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, avendo la ricorrente provveduto alla notificazione del ricorso in data 28 aprile 2017 a fronte del deposito della sentenza il giorno 24 febbraio 2017 (da ultimo, Cass. Sez. Un. 25513 del 2016).
Infine occorre rilevare che ancorchè Cass. Sez. Un. 10648 del 2017 abbia in motivazione affermato che, come peraltro sostenuto anche dalla di poco precedente Cass. Sez. Un. 25513 del 2016 l’improcedibilità non potrebbe essere dichiarata se la copia autentica della sentenza con relata di notifica, oltre che essere stata prodotta dalla controparte, sia già in possesso dell’ufficio perchè presente nel fascicolo trasmesso dal giudice di appello, nella specie non ricorre alcuna di siffatte ipotesi.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato improcedibile.
Nessuna pronuncia sulle spese processuali in mancanza di difese svolte dalle controparti, rimaste intimate.
Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 12 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019