LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
su ricorso n. 08709/2015 proposto da:
D.B.L., elettivamente domiciliato in Roma Via Tacito 64 presso lo studio dell’Avv.to Daniela Carletti che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
R.D. elettivamente domiciliata in Roma Viale Medaglie d’Oro 48 presso lo studio dell’Avv.to Giulio Mastroianni che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n.4845/2014 della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI in data 12/11/2013;
udita la relazione del Consigliere Dott. Marina Meloni svolta nella camera di consiglio della prima sezione civile in data 4/2/2019.
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Napoli con sentenza in data 12/11/2014, in riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Napoli in data *****, in sede di cessazione degli effetti civili del matrimonio stabiliva in Euro 500,00 l’assegno divorzile spettante alla moglie R.D. ed a carico del marito, e confermava l’assegno di mantenimento per il figlio di Euro 1200,00 oltre al 50% delle spese straordinarie.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione D.B.L. affidato a due motivi e memoria.
R.D. resiste con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo e secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, artt. 2697 e 2727 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto il giudice territoriale non ha tenuto conto del deterioramento delle condizioni economiche del ricorrente a seguito del divorzio, dell’età della moglie di anni quarantatrè all’epoca della sentenza di secondo grado, della durata della convivenza tra le parti.
Il ricorso è fondato in ordine ad entrambi i motivi da trattarsi congiuntamente in quanto tra loro avvinti.
L’assegno divorzile, secondo la decisione Cass. S.U.18287/2018, ha funzione assistenziale, compensativa e perequativa, per cui va determinato alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.
Tali criteri da tenersi presenti sia nella attribuzione che nella quantificazione dell’assegno presuppongono che la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata, poi, alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi. Nel caso concreto, la Corte territoriale, per un verso, ha omesso, o inadeguatamente effettuato, la considerazione di fatti decisivi per la decisione, in violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per altro verso, ha dato rilievo, non correttamente applicando la L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, a fatti ed elementi non decisivi nella quantificazione dell’assegno di divorzio. Manca, invero, la considerazione del contributo concreto ed effettivo dato da entrambi i coniugi alla conduzione della vita familiare. Sotto tale profilo, non rileva il tenore di vita in costanza di matrimonio, valorizzato, invece, dalla Corte, in mancanza di un accertamento concreto circa il contributo della moglie all’andamento della vita familiare ed alla formazione del patrimonio familiare e dell’altro coniuge, secondo quando affermato dalle Sezioni Unite.
Inoltre non si è adeguatamente considerata, altresì, la effettiva durata del matrimonio – in relazione all’apporto concreto dato dalla moglie alla vita familiare – che, a voler considerare la data dell’omologa della separazione, è stata di soli cinque anni (dal 1997 al 2002), mentre non può di certo considerarsi il lungo periodo in cui, dopo la separazione, non vi è stata convivenza tra i coniugi. Infine sul piano della comparazione dei redditi, la Corte non ha dato rilevo al fatto che, seppure il D.B. ha alienato l’appartamento in ***** ricavando evidentemente un introito patrimoniale, dal quale va peraltro detratto il relativo carico fiscale – l’importo ricavato dovrà essere presumibilmente investito nell’acquisto di altro immobile, avendo evidentemente il medesimo necessità di procurarsi un’altra abitazione. Per converso, la R. è proprietaria di due appartamenti uno a Napoli, l’altro a *****, uno dei quali ben può essere locato o alienato e le spese di mantenimento degli immobili considerate a carico della moglie per gli immobili di sua pertinenza, non sono state considerate, peraltro, a carico del marito. La Corte non considera poi – se non valorizzando l’elemento, di per sè non significativo, del mancato appello incidentale alla sentenza di primo grado – che lo stipendio di Euro 1.700,00 mensili è gravato dell’assegno di mantenimento del figlio, nella misura di Euro 1.200,00 mensili e che sommato l’importo di 500,00 Euro attribuito alla moglie, nulla rimane al ricorrente per vivere, essendo mancato un accertamento concreto ed effettivo – fondato su una analisi delle risultanze probatorie in atti (dichiarazioni dei redditi, deposizioni di tutti i testi escussi) o su eventuali ulteriori indagini officiose – in ordine ad eventuali altri suoi redditi.
Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere accolto, cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 4 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019