Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.17106 del 26/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6044/2017 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza della Libertà n. 20, presso lo studio dell’Avv. Fabio Pantaloni, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Galli, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avv. Elena Tascini, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 389/2016 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 02/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/04/2019 dal Cons. Dott. SCALIA LAURA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avv. Galli che si è riportato;

udito, per la controricorrente, l’Avv. Tascini che si è riportato.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Perugia con sentenza del 4 settembre 2013, all’esito di sentenza parziale di dichiarazione della cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato tra i coniugi P.L. e M.M. riconosceva a quest’ultima, per quanto in questa sede rileva, un assegno divorzile nella misura di 1.150,00 Euro mensili, rivalutabili secondo indici Istat, ed un contributo al mantenimento del figlio G..

Il Tribunale nella premessa della natura assistenziale dell’assegno divorzile, subordinata all’assenza di mezzi di sussistenza adeguati in capo al coniuge più debole nella sua impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive, apprezzava, in ragione di documentazione ed informazioni acquisite in atti, lo squilibrio delle posizioni reddituali degli ex coniugi e fissava l’assegno nell’indicata misura.

Sarebbero valsi in tal senso i modesti redditi della M., l’età non più giovane della donna, la situazione del mercato ed il fatto che la prima si fosse sempre occupata della casa e della famiglia, nella situazione di pendolarismo che le sarebbe venuta dall’accettare l’unica opportunità di lavoro ricevuta e tanto a fronte di redditi superiori dell’ex marito, titolare di un’abitazione, di beni mobili registrati e che risiedeva in altro immobile di proprietà dell’attuale compagna.

2. La Corte territoriale di Perugia con sentenza del 2 settembre 2016 rigettava l’appello principale del sig. P. e quello incidentale della sig.ra M. e confermava, tra le altre, la statuizione sull’assegno divorzile, nelle condivise conclusioni del giudice di primo grado.

I giudici di appello giungevano alle indicate conclusioni una volta ritenute le perdite subite dall’azienda di famiglia della M., la mancanza di utili e l’intervenuta cessione delle sue quote ai figli, nella non provata convivenza della donna con altri e nella impossibilità di un suo effettivo, conveniente e dignitoso accesso ad un lavoro, tenuto conto altresì delle condizioni economiche anteriori alla crisi matrimoniale.

3. Ricorre per la cassazione dell’indicata sentenza P.L. con tre motivi cui resiste, con controricorso, M.M..

Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 2697 c.c., per non avere la resistente fornito alcuna prova in ordine all’oggettiva impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

2. Con il secondo motivo si fa ancora valere violazione di legge in relazione all’art. 24 Cost. e degli artt. 183, 184 e 188 c.p.c. e di “tutti gli articoli di legge in tema di mancato esame di istanze istruttorie e/o di mancata ammissione di mezzi di prova”, oltre che omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, integrato dall’esistenza, in astratto, del diritto della sig.ra M. a percepire un assegno divorzile in ragione della inadeguatezza dei mezzi (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).

La Corte di merito, senza motivare, non avrebbe ammesso i mezzi di prova articolati nell’atto di appello, alle pagine da 14 a 18, e tanto là dove una contraria decisione avrebbe consentito di far emergere che le condizioni patrimoniali della richiedente, e la sua stabile convivenza con un terzo, sarebbero state tali da escludere il diritto stesso all’assegno.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge in relazione all’art. 116 c.p.c., per errata valutazione dell’esistenza del diritto a percepire l’assegno divorzile in ragione della inadeguatezza dei mezzi.

L’appellata non aveva impugnato le disposizioni testamentarie del genitore lesive della sua quota di riserva; le quote dell’azienda di famiglia avrebbero avuto rilevante valore come comprovato da documentazione versata in atti – compreso il bilancio della società ed in particolare il documento n. 18 del fascicolo di parte – prove che, nella loro obiettiva rilevanza, non sarebbero potute sfuggire alla Corte di merito.

4. Dei motivi di ricorso può darsi trattazione congiunta venendo per gli stessi in valutazione il tema del riconoscimento dell’assegno di divorzio in punto di inadeguatezza dei mezzi del coniuge più debole e della incapacità dello stesso di conseguirli, nella disparità economica esistente tra gli ex coniugi.

La questione resta scrutinabile all’esito della pronuncia di questa Corte di legittimità adottata a Sezioni Unite, n. 18287 del 2018, e dei principi dalla stessa affermati, espressivi di quella interpretazione secundum legem a cui questa Corte è tenuta anche per officiosa sua iniziativa.

I principi che ne vengono sono sinteticamente riportabili per le proposizioni che seguono.

L’assegno divorzile ha una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa nell’assolta sua finalità di riequilibrare, anche, le disparità di reddito esistenti tra gli ex coniugi.

Nella pluralità di voci che convergono al fine di dare definizione all’assegno di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 5, si combinano l’inadeguatezza dei mezzi dell’istante e la sua impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive e tanto allo scopo di assicurare non la protrazione del godimento del tenore di vita avuto in costanza di matrimonio, ma – in ragione della nuova situazione determinatasi tra le parti all’esito della cessazione del vincolo – di attribuire un livello di reddito adeguato al ruolo ed al contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.

5. All’indicata funzione, nel cui rispetto le Sezioni Unite di questa Corte hanno ridisegnato i termini dell’assegno divorzile, non si ispira l’impugnata sentenza della Corte di appello di Perugia diretta, invece, ad assicurare, nel riequilibrare le posizioni degli ex coniugi, il mantenimento del pregresso tenore di vita, apprezzato quale criterio guida del formulato giudizio sulla non adeguatezza dei redditi dell’avente diritto.

Il giudizio sulla inadeguatezza dei mezzi muove altresì da una sfocata stima della incapacità del coniuge più debole a ricollocarsi sul mercato se non per condizioni di lavoro ritenute dai giudici di appello lesive della sua dignità (posto di donna delle pulizie a ***** e quindi a chilometri di distanza dal luogo di residenza), in tal modo obliterando la Corte di merito, nella plurima funzione dell’assegno divorzile, che l’indicato emolumento deve essere inteso quale contributo volto “a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate” (Cass. S.U. 11/07/2018, Rv. 650267 – 02; in termini: Cass.).

Il richiamo pure contenuto in sentenza alla circostanza che la richiedente ha sempre svolto l’attività di casalinga, operando per la casa e la famiglia, manca di una piena declinazione di quel contributo, al fine di ragguagliare allo stesso l’an ed il quantum dell’assegno, anche per un apprezzamento, nella specie mancante, sulla durata del matrimonio, le aspettative sacrificate e l’aiuto dato alla formazione del patrimonio comune e dei singoli.

6. La sentenza, assorbito ogni altro motivo, va pertanto cassata con rinvio del giudizio alla Corte di appello di Perugia che, in diversa composizione, attraverso un riesame del complessivo quadro fattuale si atterrà agli indicati principi ai fini del riconoscimento e della quantificazione dell’assegno divorzile, restando altresì le parti rimesse nei poteri di allegazione e prova conseguenti al dictum delle Sezioni Unite ed alla sua portata retroattiva, integrando lo stesso un mutamento interpretativo destinato ad incidere su norme sostanziali e di merito (Cass. n. 11178/2019 p. 8, par. 3.3.; p. 9 par. 3.4.).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in parte motiva e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019

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