LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15641/2018 proposto da:
D.T.G., e A.P., domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’Avv. Gabriele Torello, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
U.L., nella qualità di curatore speciale dei minori A.A. e A.C., elettivamente domiciliata in Roma, Via Antonio Chinotto n. 1, presso lo studio dell’Avv. Giuliano Arezzini, e rappresentata e difesa da se medesima;
– controricorrente –
e contro
A.E.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 11/2018 della Corte d’appello dell’Aquila, pubblicata il 20/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/04/2019 dal Cons. Dott. Laura Scalia;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avv. Giuliano Arezzini, con delega, che si è riportato.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello dell’Aquila, con sentenza pubblicata il 20 aprile 2018, ha respinto l’impugnazione proposta da A.P. e D.T.G., genitori dei minori A.C., nato il ***** e A.A., nata il *****, avverso la sentenza con cui il locale Tribunale aveva adottato la declaratoria dello stato di adottabilità dei minori, già affidati ai Servizi Sociali e collocati presso una “casa famiglia”.
Nelle valutazioni dei giudici di appello è rimasta in tal modo confermato, quale causa dello stato di adottabilità, il comportamento violento del padre nei confronti della madre, affetta da problemi psichici, anche alla presenza dei figli, evidenza che aveva determinato l’instaurazione di un processo per il reato di maltrattamenti in famiglia, ex art. 572 c.p., poi definito con sentenza di patteggiamento, nella pure apprezzata mancanza di figure parentali di riferimento che potessero essere di ausilio alla coppia nei compiti educativi e di cura.
2. Ricorrono per la cassazione dell’indicata sentenza con quattro motivi, A.P. e D.T.G..
Resiste con controricorso il curatore speciale dei minori.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 1, ed omessa motivazione.
I giudici di appello non avrebbero tentato in via prioritaria un intervento di sostegno dei ricorrenti diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare prima di giungere, solo in seguito al fallimento del tentativo di recupero delle capacità genitoriali in tempi compatibili con la necessità dei minori di vivere in uno stabile contesto familiare, alla dichiarazione dello stato di adottabilità.
La Corte di merito avrebbe valorizzato la situazione di conflittualità tra i coniugi e non invece le pure rilevate, dal nominato c.t.u., loro non insuperabili difficoltà intellettive.
La decisione del Tribunale di limitare gli incontri tra genitori e figli ad un’ora a settimana ed in modalità protetta avrebbe ulteriormente ostacolato il percorso di crescita dei primi nell’ambito della funzione loro propria sicchè l'”affettività piatta e immatura”, rilevata dal consulente d’ufficio, avrebbe dovuto attribuirsi alle scelte dei Giudici di merito.
Anche la c.t.u. sarebbe stata inadeguata per non aver tenuto conto del mancato sostegno ricevuto dai genitori e non sarebbero state apprezzate le conclusioni delle due relazioni della c.t.u. disposta nella fase iniziale del procedimento, sulla necessità di sostenere i coniugi nello sviluppo della loro capacità genitoriale.
Non sarebbe stata rispettata la regola, ferma negli orientamenti di legittimità integrati dalle pronunce delle Corti Europee, dell’extrema ratio della dichiarazione di adottabilità del figlio minore rispetto al diritto di questi a vivere con i propri genitori nella propria famiglia.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 12, per omesso coinvolgimento dei parenti entro il quarto grado ed omessa motivazione. Non sarebbe stata apprezzata la zia paterna quale figurale vicariante dei genitori in mancanza di dati oggettivi, quali osservazioni dei Servizi Sociali e relazione tecnica, obliterandosi la sua partecipazione alle visite presso l’istituto di accoglienza.
3. Con il terzo motivo si fa valere la violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 2, della legge sull’adozione e l’omessa motivazione circa la mancata audizione dei minori in primo e secondo grado, in ragione dell’enfatizzata loro tenera età e senza che fosse stata valutata la loro capacità di discernimento, e ciò nonostante il contrario orientamento di legittimità.
Sarebbe rimasta ignorata la richiesta dei minori di poter tornare a casa dei genitori.
4. Con il quarto motivo si denuncia l’illegittimità dell’impugnata sentenza per mancato esame di un fatto decisivo per la decisione consistente nella omessa motivazione sulla richiesta di rinnovo della c.t.u., nonostante la deduzione portata in appello dai ricorrenti che la consulenza espletata in primo grado non avesse tenuto conto del denunciato mancato sostegno ai genitori.
5. Va preliminarmente vagliato il terzo motivo di ricorso nella natura assolta dell’incombente dell’ascolto del minore nel giudizio sull’adotta bilità.
La Corte territoriale dell’Aquila ha sul punto evidenziato che l’età dei minori, che all’epoca della sentenza di primo grado avevano sette e dieci anni, non collocava gli stessi nella fascia, minima, quella dei quattordici anni, perchè fosse necessario il loro consenso all’ascolto nè in quella dei dodici anni in cui doveva farsi luogo alla loro obbligatoria audizione.
Ciò posto, i giudici di appello hanno motivato sul mancato ascolto evidenziando il pregiudizio che all’equilibrio dei minori sarebbe derivato da una scelta contraria.
Per gli indicati passaggi restano soddisfatti i principi di questa Corte di legittimità in tema di adozione là dove si è affermato che la L. n. 184 del 1983, art. 15, come modificato dalla L. n. 149 del 2001, che prevede il minore di età inferiore ai dodici anni, se capace di discernimento, deve essere sentito in vista della dichiarazione di adottabilità, conferisce al giudice un potere discrezionale di disporne l’ascolto, anche al fine di verificarne la capacità di discernimento, senza tuttavia imporgli di motivare sulle ragioni dell’omessa audizione, salvo che la parte abbia presentato una specifica istanza, con cui abbia indicato gli argomenti ed i temi di approfondimento, ex art. 336-bis c.c., comma 2, su cui ritenga necessario l’ascolto del minore (Cass. 07/03/2017 n. 5676).
Il rispetto per l’impugnata decisione dei poteri discrezionali definiti nel perimetro dell’affermato principio, lascia non censurabile in questa sede l’impugnata sentenza, non avendo peraltro i ricorrenti neppure dedotto di aver avanzato una istanza nel senso dell’audizione dei minori.
6. Nel resto, quanto al sostegno alla genitorialità, tema comune ai motivi primo e quarto, che possono pertanto ricevere congiunta trattazione, le censure difensive sono infondate.
6.1. La Corte di appello, nello scrutinare le deduzioni formulate nel grado, richiama correttamente l’effettuata terapia di coppia e le due relazioni dei Servizi Sociali del 9.2.2011 e del 18.5.2012, i cui contenuti non sono riportati se non per gli esiti, negativi, di non beneficio, segnalando, in modo concludente, altresì, che dal luglio 2013 gli odierni ricorrenti hanno sospeso i rapporti con il Servizio Sociale e che un nuovo percorso, intrapreso nel 2016, non è stato portato a termine.
Alle indicate valutazioni seguono in motivazione i rilievi di cui alla disposta c.t.u. – all’esito di un percorso articolatosi per sottoposizione degli appellanti a test di osservazione nell’instaurato rapporto con i figli – su personalità dei genitori e sulla mancata risoluzione dei loro problemi dopo il percorso psicologico di coppia e quello, individuale, della donna, nella sottolineata, e conclusiva, in sentenza, valutazione dell’incapacità genitoriale della coppia, nella saggiata insussistenza di margini di recupero compatibili con il percorso psico-evolutivo dei figli.
Le motivazioni indicate si lasciano apprezzare come rispondenti ai principi sviluppati da questa Corte di legittimità in materia di adozione in punto di composizione del diritto dei minori a permanere nella famiglia di origine e di una loro crescita equilibrata (tra le altre: Cass. 28/06/2006 n. 15011; Id., 26/01/2011 n. 1837), e come tali non censurabili in questa sede, in punto della incapacità dei genitori di far fronte a ruoli e compiti nella ritenuta, nel contempo, urgenza dei figli di essere accolti da un nucleo familiare che dia loro serenità ed “affetto incondizionato e se ne prenda cura con costanza e competenza”.
Resta ferma, nell’indicata ed articolata cornice di giudizio, l’esclusione dell’inadeguatezza del sostegno esterno alla coppia lungo un percorso che vede la rescissione del legame familiare quale unico strumento che possa evitare ai minori un più grave pregiudizio, assicurando loro assistenza e stabilità affettiva (Cass. 29/03/2011 n. 7115).
6.2. Il quarto motivo sull’omesso esame di un fatto decisivo integrato dal fatto che la c.t.u. espletata, che aveva concluso sulla incapacità genitoriale dei ricorrenti, non avesse tenuto conto del denunciato mancato concreto sostegno alle necessità dei genitori, la cui capacità sarebbe stata compromessa dai limiti posti dalle modalità di frequentazione dei figli che si erano svolte, dal maggio 2015 al febbraio 2017, secondo limitazioni temporali ed in modalità protetta alla presenza di un terzo soggetto.
Si tratta di motivo non capace di segnalare l’omesso esame valendo piuttosto a porre in discussione con nette incursioni nel merito, una decisione la cui motivazione di sostegno è altrimenti sostenuta, nel rilievo che i fatti presupposti e legittimanti l’ammissione di una nuova c.t.u. sono stati tutti scrutinati dalla Corte di merito e ritenuti insussistenti.
7. La critica poi portata nel secondo motivo sul mancato apprezzamento della funzione vicariante della zia si palesa come generica.
L’operata, in ricorso, valorizzazione di una malattia, non meglio precisata, che avrebbe colto la zia dei minori interrompendone il corso delle visite e la successiva richiesta di recupero di queste ultime nell’imminenza della chiusura del procedimento, resta sorretta dalla ritenuta mancanza dell’indole significativa del rapporto in essere tra l’adulto ed i minori e dalla mancata effettiva disponibilità del primo a farsi carico dell’educazione e cura dei nipoti, estremi la cui positiva sussistenza avrebbe legittimato l’espletamento della c.t.u. di verifica della capacità della prima di vicariare i genitori.
In tema di dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore, ove i genitori siano considerati privi della capacità genitoriale, la natura personalissima dei diritti coinvolti e il principio secondo cui l’adozione ultrafamiliare costituisce l'”extrema ratio” impongono di valutare anche le figure vicariali dei parenti più stretti, che abbiano rapporti significativi con il bambino e si siano resi disponibili alla sua cura ed educazione. Tale valutazione richiede che un giudizio negativo su di essi possa essere formulato solo attraverso la considerazione di dati oggettivi, quali le osservazioni dei servizi sociali che hanno monitorato l’ambito familiare o eventualmente il parere di un consulente tecnico (Cass. 16/02/2018 n. 3915).
Nel resto si tratta di valutazioni di merito composte nel loro rilevo dalla Corte di appello per il formulato giudizio e in ragione delle quali non sono destinati a venire in considerazione fatti omessi, ma soltanto diverse valutazioni non censurabili ancora una volta in sede di legittimità.
8. Il ricorso, in via conclusiva infondato, deve essere rigettato.
9. Il legale del curatore speciale, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ha chiesto a questa Corte di legittimità di essere liquidato per questa fase del giudizio.
La domanda non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità.
Non rinviene in applicazione nella specie la previsione di cui dell’art. 120, comma 1 del Testo Unico delle spese di giustizia per la quale, solo la parte ammessa al beneficio e rimasta soccombente non può giovarsi dell’ammissione per proporre impugnazione rendendosi necessaria, in tal caso, una nuova Delibera e tanto non rivestendo la parte richiedente, resistente nel presente giudizio e già vincitrice nel giudizio di merito, la posizione dell’impugnante soccombente.
Tanto premesso, la liquidazione del compenso al difensore della parte ammessa a patrocinio a spese dello Stato ove ne restino confermate le relative condizioni giustificative è riservata, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 83, comma 2, al giudice del merito che ha emesso la pronuncia passata in giudicato per effetto della presente sentenza, restando a questa Corte di disporre invece che il pagamento sia eseguito, ai sensi dell’art. 133 T.U. spese giustizia, a favore dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese processuali sostenute nel presente giudizio dal curatore speciale dei minori, A.C. e A.A., ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà separatamente liquidata dalla Corte di appello dell’Aquila e ne dispone il pagamento in favore dello Stato.
Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019