Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.17164 del 26/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13869/2017 proposto da:

E.F., elettivamente domiciliato in Roma, P.za Cola di Rienzo n. 92, presso lo studio dell’avvocato Nardone Elisabetta che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati Ciaccio Francesco e Marcucci Daniela, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.P., elettivamente domiciliato in Roma, Via Nicolò

Tartaglia n. 3, presso lo studio dell’avvocato Largajolli Vittorio, rappresentato e difeso dall’avvocato Dossena Augusto, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 565/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 16/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/04/2019 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA;

lette le conclusioni scritte dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO

che:

Con atto di citazione notificato nel giugno del 2008, E.F. convenne il padre S.P., che si oppose, dinanzi al Tribunale di Siena chiedendone la condanna alla corresponsione dell’assegno di mantenimento ed al risarcimento del danno esistenziale in ragione della mancata presenza della figura paterna nella propria vita.

Il Tribunale accolse entrambe le domande, ponendo a carico del padre un assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne, ma non economicamente autosufficiente di Euro 1.000,00, oltre rivalutazione e, ritenuta provata la lesione della qualità della vita di quest’ultimo, gli liquidò anche il danno esistenziale in Euro 100.000,00.

La Corte di appello di Firenze, con la decisione in epigrafe indicata, ha parzialmente accolto l’appello proposto da S.P. rigettando la domanda di risarcimento del danno esistenziale avanzata da E.F. ed accogliendo la richiesta di rideterminazione dell’assegno di mantenimento posto a carico del padre nella somma di Euro 300,00 mensili, oltre rivalutazione e della contribuzione alle spese mediche nella misura del 50%.

E.F. propone ricorso con quattro mezzi, corredato da memoria; il padre replica con controricorso e memoria.

Il P.G. ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza, sia per violazione di legge che sul piano motivazionale, per motivazione apparente e obiettivamente incomprensibile in merito alle ragioni che hanno determinato la Corte di appello a ridurre l’assegno di mantenimento, adducendo la genericità delle sintetiche argomentazioni riferite alla concreta esistenza di redditi, sia pure insufficienti, del figlio ed alla sussistenza del concorrente obbligo di mantenimento gravante sulla madre.

1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 147 e 148 c.c., come modificati nel tempo, per non avere tenuto conto, il giudice del gravame, dei criteri ivi espressi che impongono la proporzionalità dell’assegno di mantenimento alle capacità patrimoniali dei genitori, alla stregua dei quali, tenuto conto delle condizioni economiche del padre, imprenditore di successo, ben altre sarebbero state le determinazioni, anche considerando che il padre nel corso degli anni si era volontariamente spogliato di gran parte dei suoi beni. Osserva che anche l’applicazione del criterio del tenore di vita avrebbe condotto alla medesima conclusione e rammenta che con atto notarile del 15/1/1996 il padre si era impegnato a versare per il suo mantenimento la somma di mille marchi mensile, corrispondente ad attuali Euro 730,00 e che anche di ciò si sarebbe dovuto tenere conto.

1.3. Il primo ed il secondo motivo, da trattarsi congiuntamente perchè strettamente connessi, sono fondati e vanno accolti.

Con riferimento ad una fattispecie simile, questa Corte ha cassato la decisione della corte d’appello per non aver effettuato un’adeguata indagine circa le risorse patrimoniali e reddituali di ciascuno dei genitori, ed avere pure espressamente trascurato la maggiore capacità patrimoniale del padre (Cass. n. 4811 del 1/3/2018; conf. Cass. n. 17089 del 10/7/2013). Nel caso di specie, la motivazione della sentenza d’appello è del tutto apodittica, e sicuramente al di sotto del minimo costituzionale (art. 111 Cost.), oltre che certamente integrante una palese violazione degli artt. 147 e 337 ter c.c., quanto ai criteri per la determinazione dell’assegno di mantenimento che, ai sensi dell’art. 337 septies c.c., spetta anche al figlio maggiorenne non autosufficiente – laddove non chiarisce in che modo e misura la esistenza di redditi, non meglio precisati, del figlio e la concorrente obbligazione materna, abbiano in concreto inciso nella determinazione dell’assegno, nè illustra i criteri adottati nella decisione.

2.1. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2 e 30 Cost. e degli artt. 147, 148 e 2059 c.c., per avere ritenuto non provato il pregiudizio subito dal figlio in conseguenza della condotta del padre rispetto ai doveri genitoriali sia morali che materiali, per averlo privato, per lunghi anni, dell’apporto affettivo ed economico, essendo cessati i rapporti dal 2001. Si duole che la Corte di appello abbia ritenuto sfornita di prova specifica la domanda di ristoro e sostiene, all’uopo, che la lesione era da ritenersi in re ipsa e che per la liquidazione poteva essere utilizzata la Tabella del Tribunale di Milano per l’ipotesi di una persona vittima della condotta illecita del terzo.

2.2. Con il quarto motivo, strettamente connesso al terzo, il ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, con specifico riferimento alla relazione dello psicologo Dott. P.G. del 20/1/2009, ritenuta inidonea, dalla Corte fiorentina a comprovare le conseguenze dannose della condotta paterna diversamente da quanto opinato dal ricorrente, che la trascrive in ricorso.

2.3. Il terzo motivo è infondato.

Osserva la Corte che la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole non trova sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, potendo integrare gli estremi dell’illecito civile, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, e può dar luogo ad un’azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 c.c. (Cass. 5652 del 10/04/2012, nella specie era stato considerato il disinteresse mostrato dal padre nei confronti del figlio per lunghi anni; in tema anche Cass. n. 3079 del 16/02/2015).

Tuttavia, va osservato che l’art. 2059 c.c., non disciplina una autonoma fattispecie di illecito, distinta da quella di cui all’art. 2043 c.c., ma si limita a disciplinare i limiti e le condizioni di risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali, sul presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito richiesti dall’art. 2043 c.c.: e cioè la condotta illecita, l’ingiusta lesione di interessi tutelati dall’ordinamento, il nesso causale tra la prima e la seconda, la sussistenza di un concreto pregiudizio patito dal titolare dell’interesse leso. L’unica differenza tra il danno non patrimoniale e quello patrimoniale consiste pertanto nel fatto che quest’ultimo è risarcibile in tutti i casi in cui ricorrano gli elementi di un fatto illecito, mentre il primo lo è nei soli casi previsti dalla legge (Cass. Sez. U. n. 26972 dell’11/11/2008).

Ne discende che “Il danno non patrimoniale, con particolare riferimento a quello cd. esistenziale, non può essere considerato “in re ipsa”, ma deve essere provato secondo la regola generale dell’art. 2697 c.c., dovendo consistere nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione della personalità e nello sconvolgimento dell’esistenza del soggetto. Ne consegue che la relativa allegazione deve essere circostanziata e riferirsi a fatti specifici e precisi, non potendo risolversi in mere enunciazioni di carattere generico, astratto, eventuale ed ipotetico” (Cass. 2056 del 29/01/2018, Cass. n. 28742 del 09/11/2018).

Nel caso di specie, la Corte di appello ha correttamente evidenziato la mancanza di una prova concreta circa l’esistenza effettiva di tale pregiudizio e non ha violato i principi in materia di liquidazione del danno morale: da un lato ha ritenuto, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente nel motivo di ricorso, pur non svolgendo una specifica censura in merito, che il padre non aveva violato gli obblighi di mantenimento stabiliti dal Tribunale e che le frequentazioni padre/figlio erano state costanti fino al 2003 e, dall’altro ha affermato che non era stato provato che la condotta paterna avesse prodotto danni psico/fisici nel ragazzo, rilevando che la sindrome di ansietà diagnosticata dal Dott. Petri, su incarico della madre, era stata dallo stesso psicologo attribuita in parte all’assenza del padre ed in parte ai connotati caratteriali di F. oltre che alla elevata conflittualità della separazione dei genitori, con una motivazione che appare in linea con i principi in tema di danno esistenziale prima enunciati.

2.4. Tali conclusioni non sono revocabili in dubbio nemmeno alla luce del quarto motivo, che si palesa inammissibile.

Invero, come riconosciuto dallo stesso ricorrente, la Corte di appello non ha omesso l’esame della relazione dello psicologo, ma la ha valutata, unitamente alle altre emergenze istruttoria, anche se in maniera difforme da quella auspicata.

3. In conclusione vanno accolti i motivi primo e secondo del ricorso, rigettato il terzo ed inammissibile il quarto. La sentenza impugnata va cassata nei limiti dei motivi accolti e rinviata alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione per il riesame e la liquidazione delle spese.

Va disposto che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

P.Q.M.

Accoglie i motivi primo e secondo del ricorso, rigettato il terzo ed inammissibile il quarto; cassa la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese;

Dispone che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019

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