Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.17230 del 27/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12785/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

T.S. Legnami s.r.l. assistita dall’avv. Alessandra Leggio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Vaccaro, in Roma, alla via Tacito n. 90;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la Sicilia – Sezione staccata di Catania – Sez. 34 n. 158/34/11 depositata in data 28/03/2011 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 ottobre 2018 dal Co. Marcello M. Fracanzani.

RILEVATO

che la contribuente insorgeva avverso l’avviso di accertamento notificatole in data 23 febbraio 2006, relativo al modello unico 2004, per l’anno d’imposta 2003, rettificando il reddito imponibile da Euro 11.389,00 a Euro 1.752.766,00, recuperando costi ritenuti non deducili perchè inerenti ad operazioni inseriti nell’elenco dei Paesi a fiscalità privilegiata (c.d. Black List), e comunque non correttamente esposti nel modello di dichiarazione dei redditi;

che il predetto accertamento traeva origine dall’ispezione condotta in azienda e conclusasi con pvc 16 dicembre 2005;

che, successivamente alla chiusura dell’ispezione e alla formazione del pvc, in data 28 dicembre 2005 la contribuente presentava dichiarazione integrativa onde rimediare alla mancata evidenziazione – tramite la compilazione degli appositi righi separati – dei costi sostenuti per operazioni con imprese residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, emendando così il vizio;

che la CTP accoglieva le ragioni della contribuente;

che appellava l’Ufficio, ritenendo inefficace la rettifica della dichiarazione dei redditi avvenuta in corso di verifica tributaria e, comunque, non provate le condizioni di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 76, commi 7 bis e 7 ter, che consentono in via derogatoria eccezionale di tener conto delle operazioni condotte con soggetti in Paesi a fiscalità privilegiata;

che la CTR, da un lato, riteneva ammissibile la correzione della dichiarazione dei redditi pur in presenza di verifica tributaria perchè relativa a profili meramente formali, dall’altro riteneva dimostrata la convenienza economica dell’operazione, cioè di uno dei requisiti previsti dalla citata norma derogatoria, ritenuti come richiesti in via alternativa;

che insorge la difesa erariale affidandosi ad unico articolato motivo di ricorso;

che resiste la contribuente con puntuale controricorso.

CONSIDERATO

che con l’unico motivo di gravame si lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8 bis, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 76, commi 7 bis e 7 ter, tutto come vigente all’epoca dei fatti, in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

che, nella sostanza, si contesta l’applicazione della correzione in presenza di avviato accertamento, nonchè l’alternatività delle condizioni richieste per fruire della deducibilità dei costi sostenuti in operazioni con Paesi c.d. Black List, sicchè -in ipotesi- anche averne ritenuta provata una, non affranca da provare la altre;

che, per quanto attiene al primo profilo del motivo all’esame, l’adempimento dell’annotazione in posta separata dei costi sostenuti in operazioni con Paesi a fiscalità privilegiata non è mero profilo formale, ma è (era) posto come condizione per la loro deducibilità e ciò a garanzia della trasparenza e della maggiore verificabilità che la loro ostensione comporta;

che, secondo l’indirizzo già espresso da questa Corte cui il collegio intende dare continuità, non ravvisando ragioni per discostarsene “in tema di imposte sui redditi, costituisce causa ostativa alla presentazione della dichiarazione integrativa, di cui al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8, la notifica della contestazione di una violazione commessa nella redazione di precedente dichiarazione, in quanto se fosse possibile porre rimedio alle irregolarità anche dopo la contestazione delle stesse la correzione si risolverebbe in un inammissibile strumento di elusione delle sanzioni previste dal legislatore” (Cass. Sez. VI-5, n. 15798/2015; Sez. V, n. 15015/2017; Sez. VI-5 28172/2017);

che trattasi non di interpretazione analogica vietata, ma interpretazione estensiva, ammessa anche per le norme eccezionali (art. 14 preleggi) qual è quella sul ravvedimento operoso di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, secondo l’interpretazione sistematica e costituzionalmente adeguata resa dalla Consulta (cfr. Corte Cost. ord. 392/2002);

che, pertanto, la rettifica alla dichiarazione dei redditi 2003 operata dalla contribuente a verifica tributaria conclusa è tardiva ed illegittima, sicchè i costi per operazioni con Paesi a fiscalità privilegiata debbono ritenersi non deducibili perchè non correttamente esposti;

che la fondatezza del primo profilo consente di assorbire il secondo, relativo alle condizioni per la deducibilità dei costi su operazioni con i precitati Paesi;

che, in definitiva, il ricorso è fondato e merita accoglimento e, non residuando ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio può essere definito con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, non residuando ulteriori accertamenti di merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente; compensa integralmente tra le parti le spese per i gradi di merito, mentre condanna la parte contribuente alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in Euro novemila/00, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019

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