LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28025-2014 proposto da:
IL PASSATEMPO DI Z.M. & C. SAS, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ARRIGO DAVILA 89, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO VINCENZO AMOROSO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI ROMA 3 in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente con atto di costituzione –
avverso la sentenza n. 3654/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA, depositata il 04/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/11/2018 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
RILEVATO
CHE:
1. La società “Il Passatempo” S.A.S. di Z.M. & Company impugnava l’avviso di rettifica e liquidazione mediante il quale l’Agenzia delle Entrate aveva richiesto una maggiore imposta, in relazione all’atto di compravendita di azienda, a seguito dell’aumento di valore dell’avviamento, dal valore dichiarato da Euro 17.000,00 ad Euro 571.712,00 per un totale, comprensivo di interessi e sanzioni, pari ad Euro 33.968,44.
2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva in parte il ricorso e riduceva il valore dell’avviamento accertato del 30%.
3. Avverso la suddetta sentenza proponeva appello l’Ufficio.
4. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva l’appello perchè la riduzione dell’avviamento riconosciuta in primo grado non era supportata da idonea documentazione, mentre l’ufficio aveva specificato ed allegato documentazione dalla quale si evinceva il volume di affari prodotto dalla venditrice negli anni precedenti. Pertanto, essendo l’avviamento una qualitas dell’azienda doveva essere necessariamente considerato all’atto della cessione, anche perchè la società “Il passatempo” non era in perdita e non era destinata alla produzione di perdite e aveva ceduto l’azienda, che produceva ricavi e redditi non esigui, con tutti i beni mobili facenti parte dell’attività, senza escludere nessun elemento funzionante.
L’ufficio, dunque, aveva tenuto in debita considerazione le particolari caratteristiche dell’azienda e degli elementi che concorrevano a formare l’avviamento, utilizzando solo i dati dichiarati relativi all’azienda ceduta ed applicando il coefficiente di violazione minimo pari a tre. Il procedimento doveva ritenersi legittimo anche sulla base della giurisprudenza di legittimità secondo la quale il criterio di stima può essere basato sulla media degli utili netti fiscali conseguiti negli ultimi tre anni anteriori. Nel caso di specie la media del volume di affari del triennio precedente era pari a Euro 565.165,00 e il coefficiente di redditività era pari al 33,72. Sicchè l’avviamento calcolato era pari a Euro 571.712,34 e, dunque, la rettifica operata dall’ufficio doveva ritenersi legittima.
5. La società “Il Passatempo” S.A.S. di Z.M. & Company ha proposto ricorso avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi.
6. L’Agenzia delle Entrate si è costituita tardivamente al solo fine di partecipare alla discussione.
CONSIDERATO
CHE:
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2.
Secondo il ricorrente, ai sensi della norma citata, la percentuale di redditività ricavata deve essere rapportata al reddito dichiarato nell’anno della cessione dell’azienda che nella specie era stato negativo. Tale regola è stata completamente disattesa non essendosi tenuto conto delle particolari e concrete esigenze del complesso aziendale e degli elementi che concorrono alla formazione del volume di affari. La perdita di un esercizio rappresenta un particolare elemento che riproduce una concreta esigenza del complesso aziendale tale quindi da concorrere a determinare il valore dell’avviamento, ai sensi del D.P.R. n. 160 del 1996, citato art. 2, comma 4.
Si tratta, dunque, di una ricostruzione astratta, basata su mere formule matematiche e non idonea a disattendere i dati effettivi desumibili dalle scritture contabili.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52.
L’amministrazione finanziaria ha erroneamente determinato la media triennale dei ricavi, prendendo in considerazione il triennio 2002-2004, non precedente la cessione, violando in tal modo quanto prescritto dal D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52.
Le norme citate prescrivono che sia l’amministrazione finanziaria ad indicare il metodo dei calcoli accertativi compresa la percentuale di redditività che non risulta mai espressamente indicata sì che la commissione tributaria regionale non poteva sostituirsi all’amministrazione finanziaria e provvedendo ad indicare per la prima volta tale percentuale integrando o indicando dati o circostanze rilevanti omessi dalla stessa amministrazione finanziaria.
3 Entrambi i motivi, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro intima connessione, sono infondati.
Questa Corte ha già affermato il seguente principio di diritto: “Ai fini del calcolo del valore dell’avviamento commerciale quale parte del corrispettivo di cessione d’azienda, per la determinazione della base imponibile dell’imposta di registro secondo il disposto del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 51, e del D.P.R. 31 luglio 1996, n. 460, art. 2, comma 4, quest’ultima avente la funzione di fungere da parametro minimo per il relativo calcolo, dovrà applicarsi la percentuale di redditività, nella misura ritenuta congrua dal giudice del merito, parametrata alla media dei ricavi (e non degli utili operativi) accertati, o, in mancanza, dichiarati ai fini delle imposte sui redditi negli ultimi tre periodi d’imposta anteriori a quello in cui è intervenuto il trasferimento, applicando di seguito il moltiplicatore previsto dal citato art. 2, comma 4” (Sez. 5, Sent. n. 7324 del 2014).
Tale indirizzo è stato di recente confermato, allorchè si è precisato che: “In tema di determinazione della base imponibile dell’imposta di registro per la cessione d’azienda, ai fini del calcolo del valore dell’avviamento commerciale della stessa, in virtù del combinato disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, e del D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2, comma 4, la percentuale di redditività deve essere parametrata alla media dei ricavi (e non degli utili operativi) accertati, o, in mancanza, dichiarati ai fini delle imposte sui redditi nei tre periodi d’imposta anteriori a quello in cui è intervenuto il trasferimento, applicando di seguito il moltiplicatore previsto dal detto art. 2, comma 4. Al fine dell’interpretazione della norma di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 4, vigono i criteri fissati dal D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2, comma 4, secondo cui per le aziende il valore di avviamento è determinato sulla base della percentuale di redditività applicata alla media dei ricavi accertati o dichiarati ai fini delle imposte sui redditi negli ultimi tre periodi d’imposta anteriori al trasferimento, moltiplicata per tre. La norma di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 4, non può che essere interpretata nel senso che il contribuente, nel dichiarare il valore dell’avviamento, deve effettuare i calcoli sulla base dei redditi ritraibili dall’azienda ceduta al lordo delle imposte” (Sez. 5, Sent. n. 18941 del 2018).
Infine, deve ribadirsi che: “In tema di determinazione della base imponibile dell’imposta di registro, ai fini dell’applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 51, comma 4, l’esistenza di un valore di avviamento dell’azienda ceduta non può essere esclusa sulla base della sola circostanza che l’impresa cedente abbia subito perdite negli esercizi degli anni precedenti o successivi; l’accertamento di quel valore costituisce l’oggetto di un giudizio di fatto, rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito ed immune dal sindacato di legittimità se adeguatamente motivato” (Sez. 5, Sent. n. 22506 del 2015 Sez. 6-5, Ord. n. 2747 del 2012).
La sentenza impugnata è conforme ai principi di diritto sopra indicati relativi al calcolo del valore dell’avviamento commerciale di un’azienda oggetto di cessione, al fine della determinazione della base imponibile dell’imposta di registro, e non vi è stata alcuna violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2 o del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, peraltro, il ricorrente non offre alcun elemento per sostenere la sua tesi circa il fatto che la Commissione Tributaria regionale si era illegittimamente sostituita all’amministrazione.
4. Il ricorso è rigettato, non segue condanna alle spese non avendo svolto attività difensiva la parte intimata.
5. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
PQM
La Corte rigetta il ricorso;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione civile, il 20 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019