LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina M. – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero 16924 del ruolo generale dell’anno 2012, proposto da:
I.S., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’avv.to Roberto Torelli e dall’avv.to Giuseppe Fischioni, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’ultimo difensore, in Roma, Via della Giuliana n. 32;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, n. 68/08/11, depositata in data 23 maggio 2011, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4 febbraio 2019 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di Nocera;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale De Augustinis Umberto che ha concluso per l’inammissibilità e, in subordine, per il rigetto del ricorso;
uditi per il contribuente l’avv.to Giuseppe Fischioni e per l’Agenzia delle dogane l’avv.to dello Stato Roberto Palasciano.
FATTI DI CAUSA
1. La Dogana di Venezia, su richiesta della Dogana francese di Le Bolou, controllò l’avvenuto allibramento di n. 79 documenti di transito esterno T1, intestati alla società di spedizioni Alma Transitares S.A. emessi dalla medesima Dogana francese, negli anni 1993-1994, riguardanti magliette di cotone di origine non comunitaria di proprietà della Dhel & Co. System SA, destinate ai Paesi dell’Europa dell’Est con uscita dalla comunità di Trieste. Dai controlli effettuati dalla Dogana di Venezia sugli esemplari inviati dalla Dogana francese emerse che detti documenti non erano mai stati allibrati negli appositi registri, essendo risultato sulle parti n. 5 dei detti documenti T1 restituiti alla Dogana francese che i timbri erano autentici ma le firme di “appuramento” dei funzionari dell’Ufficio doganale di Venezia erano false. A seguito di tali fatti, si instaurò un procedimento penale per contrabbando di tessili conclusosi con la sentenza del 19 ottobre 2006 di dichiarazione dell’estinzione di reato per intervenuta prescrizione. Sulla base di tali premesse, l’Agenzia delle dogane, contestò a I.S., quale autista dipendente del sub-vettore MTR Marola Trasporti Romagnano di Marola Maria Grazia & C. s.n.c., di avere condotto il camion Tg. ***** di proprietà della ***** con cui sarebbero stati effettuati due trasporti della merce vincolata di cui ai documenti T1 n. ***** del 30.3.94 e n. ***** del 12.4.94 e di essere, pertanto, ai sensi dell’art. 203 C.D.C., responsabile solidalmente dell’obbligazione doganale relativa alla sottrazione della merce al controllo doganale. Pertanto, con l’invito di pagamento n. *****, per l’anno 1994, richiese a quest’ultimo il pagamento della somma complessiva di Euro 69.443,75 a titolo di dazi doganali, oltre Iva e interessi.
1.1. Avverso l’invito di pagamento suddetto, I.S. propose ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Venezia che, con sentenza n. 108/06/2008, lo accolse.
1.3. Avverso la sentenza di primo grado, l’Agenzia delle dogane propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Veneto che, con sentenza n. 68/08/11, lo accolse, osservando, per quanto di interesse, in punto di diritto che: 1) I.S. aveva dichiarato espressamente di avere trasportato la merce dalla Svizzera alla Francia dove poi la stessa sarebbe stata scaricata; 2) i documenti T1 emessi dalla dogana francese dimostravano che la merce era giunta dalla Svizzera in Francia e da qui proseguita in Italia sul camion guidato da I.S., dipendente della ***** s.n.c.; 3) il contribuente, quale autista, era responsabile ai sensi dell’art. 203 C.D.C., comma 3, della introduzione irregolare della merce, sapendo o dovendo, a ragione, sapere che tale introduzione fosse irregolare.
1.4. Avverso la suddetta sentenza della CTR, I.S. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle dogane.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la CTR affermato il concorso del contribuente nella operazione di sottrazione al controllo doganale della merce vincolata al regime di transito esterno, sulla base di argomentazioni insufficienti e contraddittorie quali, da un lato, le dichiarazioni rese da quest’ultimo di avere trasportato la merce dalla dogana della Svizzera alla dogana francese dove la stessa sarebbe stata scaricata, e dall’altro, l’emissione da parte della dogana francese di due documenti T1 a dimostrazione del fatto che la merce, giunta dalla Svizzera in Francia, avesse proseguito il viaggio in Italia sul camion (tg. *****) di proprietà della ***** s.n.c. e condotto quale autista della ***** s.n.c. dal contribuente medesimo; ciò senza considerare che, come emergeva dalle allegate lettere di vettura, il veicolo guidato dal ricorrente, dopo avere scaricato la merce in questione alla dogana francese, aveva proseguito per la Spagna e che gli stessi documenti T1 risultavano essere stati falsificati dai soggetti imputati nel procedimento penale – presupposto dell’azione di recupero erariale – al quale il ricorrente era rimasto estraneo.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’artt. 203 C.D.C., comma 3, e dell’art. 2697 c.c. per avere erroneamente la CTR affermato la responsabilità, ai sensi dell’art. 203 C.D.C., comma 3, di I.S., quale autista del camion di proprietà della MTR s.n.c., con il quale erano stati effettuati i due trasporti della merce in questione, ciò ancorchè non emergesse alcuna partecipazione consapevole di quest’ultimo all’attività di sottrazione delle merci al controllo doganale, non essendo stato lo stesso, peraltro, a conoscenza neanche dell’attività di falsificazione dell’appuramento dei due documenti di transito T1.
3. I motivi primo e secondo – da trattarsi congiuntamente per connessione – sono infondati.
3.1. Va premesso che il regime di transito comunitario – disciplinato dal Reg. CEE 222/77 del 13.12.1976 e dal Reg. 223/77 del 22.12.1976 e successive modificazioni si articola in due tipologie fondamentali ed in connesse misure di semplificazione: A. Il transito comunitario esterno concerne le merci allo stato estero la cui importazione è assoggettata ai diritti previsti dalla tariffa doganale comune e che debbono formare oggetto di una dichiarazione compilata sul formulario T1 (Reg. 222/77, art. 1, par. 2). Questo regime è utilizzato (tra l’altro) per la merce destinata alla esportazione verso paesi terzi che beneficiano – ove si tratti di prodotti agroalimentari delle restituzioni all’importazione nell’ambito della politica agricola comune (merce a tal fine equiparata – per fictio iuris – a quella allo stato estero). B. Il transito comunitario interno riguarda invece le merci riconosciute esenti da ogni imposizione comunitaria perchè originarie dalla comunità o perchè considerate in libera pratica nella comunità stessa (essendo già stati riscossi i prelievi doganali) e che debbono formare oggetto di una dichiarazione compilata sul formulario T2 (Reg. 223/77, art. 1, par. 3).
In linea generale, La Corte di giustizia, nella sentenza del 29 ottobre 2015, causa C-319/14, B & S Global Transit Center BV, con riferimento agli artt. 203 e 204 C.D.C., applicabile ratione temporis ha chiarito che “Gli artt. 203 e 204 Reg. (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal Reg. (CE) n. 1791/2006 del Consiglio, del 20 novembre 2006, devono essere interpretati nel senso che un’inosservanza dell’obbligo di presentare una merce vincolata al regime di transito comunitario esterno all’ufficio doganale di destinazione fa sorgere un’obbligazione doganale sulla base non già dell’art. 204 Reg. n. 2913/92, come modificato dal Reg. n. 1791/2006, bensì dell’art. 203 Reg. n. 2913/92, come modificato dal Reg. n. 1791/2006, allorchè la merce considerata è uscita dal territorio doganale dell’Unione Europea e il titolare di detto regime non è in grado di produrre documenti conformi al Reg. (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, art. 365, par. 3, che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. n. 2913/92, nella versione di cui al Reg. (CE) n. 993/2001 della Commissione, del 4 maggio 2001, o al Reg. n. 2454/93, art. 366, par. 2 e 3, nella versione di cui al Reg. (CE) n. 1192/2008 della Commissione, del 17 novembre 2008”. Nella citata pronuncia, la Corte di giustizia ha precisato che “Per quanto concerne, più in particolare, la nozione di sottrazione al controllo doganale, di cui all’art. 203 C.D.C., par. 1, è necessario ricordare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, tale nozione deve essere intesa nel senso che comprende qualsiasi azione od omissione che abbia come risultato d’impedire, anche solo momentaneamente, all’autorità doganale competente di accedere ad una merce sotto vigilanza doganale e di effettuare i controlli previsti dall’art. 37 C.D.C., par. 1 (sentenza DSV Road, C-187/14, EU:C:2015:421, punto 25)” (part. 28) e che “Così, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, un’inosservanza dell’obbligo di presentare la merce all’ufficio doganale di destinazione prima che essa lasci il territorio doganale dell’Unione ha l’effetto di impedire alle autorità competenti di effettuare uno dei controlli doganali di cui all’art. 37 C.D.C., par. 1, ossia quello previsto all’art. 92 stesso C.D.C., par. 2, che è decisivo per il funzionamento del regime di transito, in quanto consente a tali autorità di determinare se il regime di transito si sia concluso in modo corretto. Una siffatta inosservanza costituisce una sottrazione al controllo doganale, ai sensi dell’art. 203 C.D.C., poichè non sono soddisfatti neanche i requisiti posti dal Reg. d’applicazione, art. 365, par. 3, o art. 366, par. 2 e 3, che consentono di considerare un siffatto regime concluso nonostante la mancata presentazione della merce all’ufficio doganale di destinazione” (par. 32).
In caso di sottrazione al controllo doganale di una merce soggetta a dazi all’importazione, l’art. 203 C.D.C. fa sorgere un’obbligazione doganale a carico di quattro categorie di persone: – la persona che ha sottratto la merce al controllo doganale; – le persone che hanno partecipato a tale sottrazione sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere che si trattava di una sottrazione di merce al controllo doganale; – le persone che hanno acquisito o detenuto tale merce e sapevano o avrebbero dovuto, secondo ragione, sapere allorquando l’hanno acquistata o ricevuta che si trattava di merce sottratta al controllo doganale, e – se del caso, la persona che deve adempiere agli obblighi che comporta la permanenza della merce in custodia temporanea o l’utilizzazione del regime doganale al quale la merce è stata vincolata.
Ai sensi dell’art. 96 Reg. CE n. 2913 del 1992 (norma succeduta all’art. 11 Reg. CE n. 2726 del 1990) “Fatti salvi gli obblighi dell’obbligato principale di cui al paragrafo 1 (I titolare del regime del transito comunitario esterno), anche uno spedizioniere o un destinatario che accetti le merci sapendo che sono soggette al regime del transito comunitario sono tenuti a presentarle intatte all’ufficio doganale di destinazione nel termine fissato e a rispettare le misure di identificazione prese dalle autorità doganali”.
3.2. Con la sentenza 21 dicembre 2016, causa n. C-547/15, la Corte di giustizia si è pronunciata in merito alla corretta interpretazione delle disposizioni del richiamato art. 96 C.D.C., con particolare riguardo alla figura dello spedizioniere. Premesso che ” Quanto al tenore dell’art. 96 C.D.C., par. 2, si deve osservare che due condizioni sono richieste perchè uno “spedizioniere” possa essere soggetto all’obbligo di presentare le merci intatte all’ufficio doganale di destinazione, ai sensi di detta disposizione. Si tratta, da un lato, dell’accettazione delle merci, che presuppone la presa in consegna fisica e la detenzione materiale delle stesse, e, dall’altro, della consapevolezza, al momento dell’accettazione, della loro collocazione in regime di transito comunitario (punto 21)”, ha affermato che “La nozione di “spedizioniere”, il quale ha l’obbligo di presentare le merci intatte all’ufficio doganale di destinazione in ottemperanza al Reg. (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, art. 96, par. 2, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal Reg. (CE) n. 648/2005 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 13 aprile 2005, deve essere interpretata nel senso che essa designa ogni persona, compreso un sub-spedizioniere, che realizzi il trasporto effettivo di merci poste in regime di transito comunitario esterno e abbia accettato detto trasporto sapendo che le merci erano soggette a tale regime”.
3.3. Nella specie, la CTR si è attenuto ai suddetti principi, avendo, con una motivazione congrua ed non affetta da vizi logici-giuridici, fondato la asserita responsabilità solidale, ai sensi dell’art. 203 C.D.C., di I.S., quale autista del camion tg. ***** di proprietà della MTR s.n.c.- di cui era peraltro socio- sul fatto che quest’ultimo avrebbe dovuto, secondo ragione, sapere che si trattava di merce soggetta al regime di transito comunitario esterno, essendo la merce trasportata scortata dai documenti di transito esterno T1 emessi dalla dogana francese e attestanti che la merce caricata sul camion della detta società da lui condotto aveva proseguito il viaggio verso i Paesi dell’Est Europa e uscita dalla comunità di Trieste – il che non era avvenuto, per essere la merce poi giunta alla dogana di Venezia dove era stata immessa nel mercato comunitario in violazione degli obblighi comunitari, come si evinceva dai documenti T1 restituiti alla dogana francese con firme falsificate di “appuramento” dei funzionari dell’Ufficio doganale di Venezia.
4.In conclusione, il ricorso va rigettato.
5. Le spese del giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna I.S. al pagamento in favore dell’Agenzia delle dogane, in persona del Direttore pro tempore, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019