LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –
Dott. PERRINO Angel – Maria –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10982/2014 R.G. proposto da Nacco Materials Handling spa rappresentata e difesa dall’avv. Marco Giontella, con domicilio eletto in Roma, via Cardinal De Luca, n. 10 presso lo studio del suo difensore;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 66/15/13 del 25 marzo 2013, depositata il 21 ottobre 2013.
– sul ricorso iscritto al n. 29815/2014 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Nacco Materials Handling spa rappresentata e difesa dall’avv. Marco Giontella, con domicilio eletto in Roma, via Cardinal De Luca, n. 10 presso lo studio del suo difensore;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 67/15/13 del 25 marzo 2013, depositata il 21 ottobre 2013.
– sul ricorso iscritto al n. 29817/2014 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Nacco Materials Handling spa rappresentata e difesa dall’avv. Marco Giontella, con domicilio eletto in Roma, via Cardinal De Luca, n. 10 presso lo studio del suo difensore;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 68/15/13 del 25 marzo 2013, depositata il 21 ottobre 2013.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 21 febbraiO 2019 dal Consigliere Enrico Manzon;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Kate Tassone, che ha concluso, per il ricorso n. 10982/2014 dichiararsi inammissibili il primo ed il secondo motivo, accogliersi il terzo; per i ricorsi nn. 29815-29817/2014, accogliersi il primo, il secondo ed il terzo motivo, assorbito il quarto uditi gli Avv. Marco Giontella e Gentili Paolo.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 66/15/13 del 25 marzo 2013, depositata il 21 ottobre 2013, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna respingeva l’appello proposto dalla Nacco Materials Handling spa avverso la sentenza n. 229/3/10 della Commissione tributaria provinciale di Modena che ne aveva respinto il ricorso contro il diniego di rimborso IVA 2003-2004.
La CTR osservava in particolare che, posto l’onere probatorio gravante sul contribuente in ordine alla fondatezza della pretesa creditoria (di rimborso) nelle liti correlative, ne negava l’assolvimento nel caso concreto, con particolare riguardo alla affermata duplicazione di pagamento di imposta.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo tre motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Con sentenza n. 67/15/13 del 25 marzo 2013, depositata il 21 ottobre 2013, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna accoglieva l’appello proposto dalla Nacco Materials Handling spa avverso la sentenza n. 227/3/10 della Commissione tributaria provinciale di Modena che ne aveva parzialmente accolto il ricorso contro l’avviso di accertamento IVA 2003.
La CTR osservava in particolare che l’atto impositivo impugnato, nella parte oggetto di devoluzione in secondo grado (punti 4-5) e che mantiene rilievo anche nel presente giudizio, non aveva fondamento di merito, posto che, come sostenuto dalla società contribuente nel ricorso introduttivo della lite, le prestazioni di (mera) consulenza alla capogruppo di diritto statunitense erano fuori campo IVA, per il difetto della “territorialità” dell’operazione, trattandosi di prestazioni di servizi rese a committente estero, secondo la previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4, lett. d).
Il giudice tributario di appello pertanto, in parziale riforma della sentenza appellata, annullava l’avviso di accertamento impugnato nella parte relativa a dette riprese.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo quattro motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente.
Con sentenza n. 68/15/13 del 25 marzo 2013, depositata il 21 ottobre 2013, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna accoglieva l’appello proposto dalla Nacco Materials Handling spa avverso la sentenza n. 228/3/10 della Commissione tributaria provinciale di Modena che ne aveva parzialmente accolto il ricorso contro l’avviso di accertamento IVA 2004.
La CTR osservava in particolare che l’atto impositivo impugnato, nella parte oggetto di devoluzione in secondo grado che mantiene rilievo anche nel presente giudizio, non aveva fondamento di merito, posto che, come sostenuto dalla società contribuente nel ricorso introduttivo della lite, le prestazioni di (mera) consulenza alla capogruppo di diritto statunitense erano fuori campo IVA, per il difetto della “territorialità” dell’operazione, trattandosi di prestazioni di servizi rese a committente estero, secondo la previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4, lett. d).
Il giudice tributario di appello pertanto, in parziale riforma della sentenza appellata, annullava l’avviso di accertamento impugnato nella parte relativa a dette riprese.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo tre motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente il Collegio ritiene di dover riunire i tre giudizi, stante la loro evidente connessione soggettiva ed oggettiva; ritiene inoltre di dover esaminare anzitutto quelli aventi ad oggetto i ricorsi dell’Agenzia delle entrate, pertinenti alle relative pretese creditorie erariali, essendo le medesime evidentemente pregiudiziali rispetto al ricorso della società contribuente inerente la lite di rimborso avente ad oggetto le stesse pretese.
Ciò posto, con il primo motivo di entrambi i ricorsi agenziali -ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4- la ricorrente denuncia la nullità delle sentenze impugnate per la violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36, 53, 61 e art. 132, c.p.c., poichè la CTR ha motivato in modo solo “apparente” le proprie decisioni.
Le censure sono fondate.
Va ribadito che:
-“La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01);
-“La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass., Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014).
La motivazione delle sentenze impugnate rientra paradigmaticamente nelle gravi anomalie argomentative individuate in detti arresti giurisprudenziali; dunque, concretizzando chiari esempi di “motivazione apparente” ossia del tutto mancante, si pone sicuramente al di sotto del “minimo costituzionale”.
La CTR infatti a sostegno delle proprie, analoghe, statuizioni si è limitata alle seguenti -nella sostanza identiche- considerazioni: “Per quanto riguarda invece i recuperi IVA, questa Commissione ritiene che, sulla base della documentazione allegata sia dalla contribuente sia dall’agenzia delle entrate, le prestazioni di consulenza fornite dalla contribuente alla sua capogruppo avente sede legale negli USA, siano da ricondurre nell’ambito della previsione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4, lett. d, cioè si devono definire come prestazioni di servizi e di consulenza fornite a committente estero, di conseguenza tali prestazioni di mera consulenza effettuate in favore di soggetti che hanno sede in territorio estraneo alla Comunità Europea sono disciplinate dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4, lett. d), ciò anche in conformità alla sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 18702/2008., poi soggiungendo nella sentenza n. 67/15/13 “Per cui in riforma della sentenza impugnata dichiara non dovuta l’IVA in riferimento alle prestazioni di servizi di cui all’addebito dell’avviso di accertamento n… (punto(5), relativamente all’anno 2003 per mancanza della territorialità di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4, lett. d, con la conseguenza che viene annullato anche l’addebito alla ritardata emissione e registrazione di autofatture ai fini IVA (punto 4), in quanto direttamente dipendente.. ” e, con lieve differenza, nella sentenza n. 68/15/13, “Per cui in riforma della sentenza impugnata dichiara non dovuta l’IVA in riferimento alle prestazioni di servizi di cui all’addebito dell’avviso di accertamento n… (punto 2), relativamente all’anno 2003 (rectius, 2004, n. d.r) per mancanza della territorialità di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7,comma 4, lett. d, con la conseguenza che viene annullato anche l’addebito alla ritardata emissione e registrazione di autofatture ai fini IVA (punto 4), in quanto direttamente dipendente..”.
Tali considerazioni/affermazioni, inutilmente ripetute e tautologiche, sono altresì all’evidenza apodittiche, assertive, al più rappresentative del convincimento del giudice tributario di appello, ma non estrinsecano il percorso argomentativo che lo induce a tale convincimento e pertanto nel loro -limitato- ordito realizzano appunto un tipico esempio di “motivazione apparente”, così come denunciato nella censura de qua.
In sostanza le sentenze impugnate non hanno dato alcuna, vera, risposta sulle questioni, di fatto e di diritto, oggetto della lite, come fosse un “verdetto” e non appunto una “sentenza” secondo il modello costituzionale di cui all’art. 111 Cost., comma 7, quale concretizzato nelle norme processuali ordinarie evocatesi nella censura.
Le sentenze de quibus vanno dunque cassate in relazione al primo motivo dei ricorsi agenziali, assorbiti il secondo (in quanto sostanzialmente subordinato al primo), il terzo nonchè il quarto motivo del ricorso n. 29815/2014 (poichè sostanzialmente dipendenti dal primo), con rinvio al giudice a quo per nuovo esame. Come sopra rilevato, chiara è la pregiudizialità dei processi relativi a tali ricorsi rispetto a quello della società contribuente di cui al giudizio R.G. n. 10982/2014, riguardando questo processo l’istanza di rimborso dell’IVA, implicata negli altri due giudizi, in quanto assolta con l’emissione di una fattura (n. 2919 del 22 novembre 2005) all’esclusivo e dichiarato scopo di evitare le ulteriori conseguenze pregiudizievoli dell’azionamento delle correlative pretese erariali (sanzioni/interessi).
Pertanto, pronunciandosi su tale ulteriore ricorso, anche la sentenza n. 66/15/13 del 25 marzo 2013, depositata il 21 ottobre 2013, della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna va cassata con rinvio al giudice a quo per nuovo, congiunto e conseguenziale, esame.
PQM
La Corte, previa riunione dei ricorsi nn. 29815-29817/2014 al ricorso n. 10982/2014, accoglie il primo motivo dei ricorsi nn. 29815-29817/2014, assorbiti il secondo ed il terzo motivo degli stessi nonchè il quarto motivo del ricorso n. 29815/2014;
e pronunciando sul ricorso n. 10982/2014, cassa le sentenze impugnate e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019