Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.17247 del 27/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13284-2015 proposto da:

R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 157, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO PIERALLI, rappresentata e difesa dall’avvocato DANIELA SANTANGELO delega in calce;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI STRESA in persona del Sindaco pro tempore” elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TRIONFALE 5697, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO IOPPOLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato TEODOSIO PAFUNDI delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1374/2014 della COMM.TRIB.REG. di TORINO, depositata il 20/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/04/2019 dal Consigliere Dott. CROLLA COSMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEDICINI ETTORE che ha concluso per l’accoglimento del 2 motivo, rigetto del 1 motivo di ricorso;

udito per la ricorrente l’Avvocato DI GIOVANNI delega avvocato SANTANGELO che si riporta ai propri scritti ricorso e memoria;

udito per il controricorrente l’avvocato IOPPOLI che si riporta agli atti.

RITENUTO IN FATTO

1. R.C., proprietaria di terreni siti in Stresa (censiti foglio *****, mapp.li *****, *****, *****, ***** e *****) costituenti parco al servizio di ampia proprietà denominata “*****” e dichiarati edificabili dal P.R.G. di quel Comune, con la possibilità di realizzare “nuovi insediamenti alberghieri”, impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Verbania, gli avvisi di accertamento nr *****, *****, ***** e *****, relativi all’Imposta Comunale sugli Immobili per gli anni 2007-2010, emessi dal Comune Stresa in data 23.11.2012. facendo valere, tra gli altri motivi, quello relativo alla non assoggettabilità dei terreni a tassazione in considerazione della pertinenzialità degli stessi a fabbricato oggetto di autonoma imposta.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Verbania rigettava il ricorso rilevando l’esistenza del giudicato esterno rappresentato da una precedente decisione della medesima Commissione (sentenza 12/1/2004 del 17.3.2004 confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte nr 12/5/2006 del 19.01.2006 non impugnata) relativa al periodo di imposta 1995/2000 che aveva escluso il carattere pertinenziale dei terreni.

3.La sentenza veniva impugnata dalla contribuente e la Commissione Tributaria Regionale della Piemonte rigettava l’appello osservando: a) che la questione della pertinenzialità era ormai coperta da due giudicati formatisi sulla questione; b) che i valori assunti per i precedenti anni di imposta e sui quali si era formato giudicato andavano confermati in quanto la diminuzione del potere di acquisto della moneta era compensata dalla crisi del settore immobiliare; c) che non ricorrevano le condizioni per la eliminazione delle sanzioni.

4. Avverso la sentenza della CTR R.C. ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi. Ha resistito il Comune di Stresa depositando controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo la ricorrente denuncia” violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 324 c.p.c., 2909 c.c. e art.817, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, erroneo riconoscimento del giudicato esterno relativamente alla condizione di non pertinenzialità del terreno soggetto ad accertamento ICI”. In particolare viene escluso che il rapporto di pertinenza tra i due beni fosse da considerare elemento permanente tale da giustificare l’efficacia di giudicato anche rispetto ad annualità diverse e viene affermata la sussistenza del vincolo pertinenziale tra i terreni e il complesso di “*****”.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta ” violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 324 c.p.c., art. 2909 c.c., D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, erroneo riconoscimento del giudicato esterno relativamente alla valutazione del terreno soggetto ad accertamento ICI”. Sostiene la ricorrente che nel pluriennale contenzioso tra R.C. e il Comune di Stresa non si è formato alcun giudicato sul valore dell’area e, pertanto, la CTR avrebbe dovuto procedere ad una autonoma stima dei valori al metro quadrato proposti dal contribuente.

1.2 Con il terzo motivo si censura “la nullità della sentenza, con riferimento all’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa pronuncia sulle questioni sollevate in appello in merito alla valutazione del terreno soggetto ad accertamento ICI, omessa o carente motivazione sul punto. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in merito alla valutazione del terreno soggetto ad accertamento ICI”. La sentenza della CTR di Torino, sull’errato presupposto che la stima operata nel precedente accertamento (1995/2000) fosse da considerarsi definitiva, non avrebbe esaminato gli specifici motivi attinenti alla valutazione del terreno incorrendo nei denunciati vizi procedurali e motivazionali 1.3 Con il quarto motivo la ricorrente lamenta ” violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 324 c.p.c., art. 2909 c.c., L. n. 212 del 2012, nonchè art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; omesso riconoscimento del giudicato esterno relativamente alla inapplicabilità delle sanzioni a carico della contribuente, erronea pronuncia in merito alla applicabilità delle sanzioni e alla condanna alle spese processuali”. In particolare il giudicato si sarebbe formato con la sentenza pronunciata dalla CTR di Torino (sentenza 17.5.2012) non impugnata ed in ogni caso, secondo l’assunto del ricorrente, nella fattispecie in esame non andavano applicate le sanzioni a causa della situazione di incertezza causata dai comportamento del Comune. La CTR avrebbe inoltre erroneamente condannato la contribuente alle spese non tenendo conto che la stessa era risultata vincitrice in altri procedimenti aventi ad oggetto annualità diverse.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1 E’ opportuno riassumere le pregresse vicende giudiziarie che hanno visto contrapposti il comune di Stresa e la contribuente in un annoso contenzioso in ordine alla tassabilità ai fini ICI dei terreni oggetto del presente giudizio; la R., infatti, ha impugnato le annualità di imposta 2000 e 2001 e la CTR di Torino con sentenza 30.4.2007 n. 13/31/07 ha riconosciuto la non pertinenzialità dell’area edificabile all’edificio ormai disabitato e fatiscente. La pronuncia della Corte territoriale è stata impugnata in Cassazione dal Comune mentre la contribuente non ha impugnato il capo della sentenza che aveva escluso il rapporto di accessorietà tra i terreni e la villa. Il successivo contenzioso, originato dall’impugnazione degli avvisi di accertamento per le annualità 2003 2004 è approdato davanti alla Corte di Cassazione dopo che la CTR aveva riconosciuto la sussistenza del rapporto pertinenziale: la Suprema Corte con la sentenza nr 12767/2014 ha annullato l’impugnata sentenza riconoscendo la rilevanza esterna del giudicato formatosi in ordine all’accertamento di fatto relativo alla non pertinenzialità dell’area con la con sentenza resa dalla CTR di Torino 30.4.2007, n. 13/31/07.

2.2.Può dunque ritenersi processualmente accertato che nei due giudizi aventi ad oggetto gli avvisi di accertamento ICI per gli anni di imposta 2000, 2001, 2003 e 2004 si sia formato il giudicato sulla questione del rapporto pertinenziale tra le aree edificabili e il fabbricato “*****”.

2.3 Questa Collegio è chiamato a decidere se, come affermato nella impugnata sentenza, l’accertamento compiuto nei due giudizi passati in rassegna si estenda anche al presente giudizio, che ha ad oggetto le annualità di imposta 2007-2010 precludendo quindi il riesame della questione del rapporto pertinenziale.

2.4 Sul punto rileva il fondamentale arresto delle sezioni unite della Cassazione che ha enunciato il seguente principio di diritto ” Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta.” (cfr. Cass. S.U. 13916/2006). Tale orientamento è stato confermato da altre pronunce successive (cfr Cass. 1300/2018).

2.5 La natura pertinenziale del bene costituisce un presupposto logico-giuridico per determinare la legittimità della pretesa punitiva (non sussistente nell’ipotesi di riconosciuta accessorietà del bene) che ha come caratteristica quella di eccedere il limitato arco temporale dell’annualità di imposta e di mantenersi costante per più periodo. Tale durevolezza nel tempo fa sì che il giudicato sull’accertamento della non pertinenzialità del bene formatosi nel giudizio relativo ad un periodo di imposta si estende anche ai giudizi per altri periodo di imposta. La CTR nel riconoscere l’efficacia di giudicato esterno alle pronunce sopra citate si è pienamente uniformata ai principi enucleati dalla giurisprudenza. Tutte le ampie e diffuse argomentazioni svolte nella seconda parte del motivo dal ricorrente circa il carattere pertinenziale dell’area sono irricevibili in quanto l’impugnata sentenza non ha neanche esaminato nel merito la questione essendo coperta da giudicato.

3 Il secondo motivo e inammissibile.

3.1 La censura incentrata sull’asserito errore commesso dalla CTR nell’attribuire valore di giudicato esterno nel presente giudizio ai valori riferiti agli anni 1995/2000 di Euro 56 al mq, oggetto del giudizio conclusosi con la sentenza del 19.1.2006 nr 12/5/2006, non coglie la “ratio decidendi” della sentenza.

3.2 Contrariamente a quanto affermato dalla contribuente la CTR non ha ritenuto che il giudicato formatosi con riferimento alla quantificazione ICI per gli anni 1995-2000 (pari ad Euro 56,50 mq) facesse stato anche per gli anni 2007-2010 oggetto della presente controversia. Le stime risultanti dal precedente giudizio sono state apprezzate unitamente alla valutazione di altri elementi (svalutazione del potere di acquisto della moneta, andamento del mercato immobiliare) e delle osservazioni della contribuente per giungere ad una autonoma e diversa valutazione.

3.3 Non sussiste quindi alcuna violazione di legge con riferimento all’art. 324 c.p.c. e art. 2909 cc.

4. Il terzo motivo che contiene plurime censure è in parte infondato e in altra parte inammissibile.

4.1 E’ infondato con riferimento al vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. in quanto il giudice di secondo grado ha espressamente esaminato e deciso le questioni oggetto dei motivi di appello che riguardavano la motivazione degli avvisi di accertamento e la violazione delle norme sulla determinazione dei valori. In particolare nella motivazione della sentenza si legge “la contribuente eccepisce. 1) che detto valore debba essere ridimensionato in quanto l’edificabilità dei terreni in argomento sarebbe del tutto virtuale: 2) che i calcoli del Comune sarebbero errati. Dette argomentazioni sono prive di pregio. E’ infatti ormai pacifico che un’area è da considerare edificabile se questa qualificazione risulta dallo strumento urbanistico generale, indipendentemente non solo dall’approvazione dei piani attuativi ma addirittura anche se la destinazione le perviene da un PRG solamente adottato. Gli avvisi impugnati, poi, evidenziano chiaramente i presupposti di fatto e di diritto che hanno portato il Comune alla loro adozione ed i calcoli effettuati risultano congruenti, così come congruenti risultano i valori applicati, inferiori al valore venale determinato dall’Agenzia del Territorio, e rispondenti ai parametri stabiliti in materia di regolamento comunale”.

4.2 Anche il profilo afferente alla carenza motivazione è destituito di fondamento in quanto la CTR ha dato sufficientemente conto delle ragioni della legittimità degli avvisi nella motivazione e nei valori applicati.

4.3 E’ invece inammissibile il profilo del motivo avente ad oggetto omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio rappresentato dal valore dei terreni soggetti ad accertamento ICI.

4.4 Ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c. comma 4 e 5, applicabile ratione temporis al caso concreto, non può essere proposto riscorso per Cassazione per il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 avverso la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado. Nella fattispecie in esame in punto di riconoscimento dei valori indicati dal Comune negli avvisi di accertamento entrambi i giudizi hanno concluso per la congruità delle stime indicate negli atti impositivi. Non vi è prova che la “doppia conforme” si fondi su differenti ragioni di fatto poste a base delle decisioni di primo e secondo grado. Dalla lettura dell’impugnata sentenza emerge che la CTR abbia pienamente condiviso la valutazione e gli accertamenti compiuti dal giudice di prime cure.

5 Il quarto motivo è infondato.

5.1 Non vi è prova che la sentenza della CTR di Torino del 19.10.2011 nr; 17/05/2012 sia passata in giudicato anzi il Comune di Stresa assume di aver proposto ricorso per Cassazione avverso tale pronuncia.

5.2 La domanda di esclusione delle sanzioni è stata rigettata “in quanto la nella fattispecie in esame il Collegio non rileva particolari difficoltà nell’applicare la normativa, atteso che l’invocata esistenza di obiettiva incertezza normativa deve riguardare la norma di per sè, e non la particolarità del singolo caso concreto”. La CTR ha correttamente applicato la L. n. 212 del 2000, art. 10 in forza del quale “le sanzioni non sono irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria “.

5.3 E’ infine conforme a legge, e segnatamente al principio della soccombenza, la statuizione di condanna del contribuente alle spese del giudizio 5 Il ricorso va quindi rigettato.

6. La spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in Euro 5.000 per compensi, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019

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