Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.17248 del 27/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18005-2015 proposto da:

COMUNE STRESA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TRIONFALE 5697, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO IOPPOLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato TEODOSIO PAFUNDI delega a margine;

– ricorrente e controricorrente all’incidentale –

contro

R.C. elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 157, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO PIERALLI, rappresentata e difesa dall’avvocato DANIELA SANTANGELO delega in calce;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 407/2015 della COMM.TRIB.REG. di TORINO, depositata il 16/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/04/2019 dal Consigliere Dott. CROLLA COSMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ETTORE PEDICINI che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, rigetto ricorso incidentale;

udito per il ricorrente l’Avvocato IOPPOLI che si riporta ai propri scritti;

udito per la controricorrente l’avvocato DI GIOVANNI per delega dell’avvocato SANTANGELO che si riporta agli atti.

RITENUTO IN FATTO

1. R.C., proprietaria di terreni siti in Stresa (censiti foglio *****, mapp.li *****, *****, *****, ***** e *****) costituenti parco al servizio di ampia proprietà denominata “*****”, dichiarato edificabile dal P.R.G. di quel Comune, con la possibilità di realizzare “nuovi insediamenti alberghieri”, impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Verbania, con distinti ricorsi poi riuniti, gli avvisi di accertamento n. ***** e *****, relativi all’Imposta Comunale sugli Immobili per gli anni 2005 e 2006 emessi dal Comune Stresa in data 10.6.2008. facendo valere, tra gli altri motivi, quello relativo alla non assoggettabilità dei terreni a tassazione in considerazione della pertinenzialità degli stessi a fabbricato oggetto di autonoma imposta.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Verbania annullava gli avvisi di accertamento rideterminando in Euro 29,35 per l’anno 2005 e in Euro 29,91 per l’anno 2006 il valore al mq dell’area della superficie edificabile di mq 19.196,13.

3. La sentenza veniva impugnata dal Comune di Stresa e dalla contribuente e la Commissione Tributaria Regionale della Piemonte rigettava l’appello principale e quello incidentale osservando: a) che la questione della pertinenzialità era ormai coperta da due giudicati formatisi sul punto; b) che andava confermato quanto stabilito dalla CTP sulla valutazione dell’area che doveva essere ridimensionata entro i limiti minimi delle stime individuate dal Comune per le aree fabbricabili.

4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione il Comune di Stresa affidandosi tre motivi. Ha resistito il R.C. depositando controricorso con ricorso incidentale sulla base di due motivi. Il Comune di Stresa ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il ricorrente denuncia” violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla L. n. 2248 del 1865, art. 5, all. E, nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5 (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Ancora violazione e falsa applicazione di legge, con particolare riferimento all’art. 112 c.p.c. e al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 504, art. 5 (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) “.In particolare sostiene la ricorrente che, avendo la CTR determinato i valori dell’area disattendendo i parametri contenuti nelle Giunta Comunale Delib. n. 75 del 2000 e Delib. n. 205 del 2001, avrebbe accertato l’illegittimità di tali atti amministrativi senza indicare le ragioni che ne rendevano illegittimo il contenuto. La rideterminazione da parte del giudice di seconde cure dell’ammontare dell’imposizione costituirebbe, a detta del ricorrente, una indebita sostituzione all’Amministrazione comunale con la conseguenza che la sentenza sarebbe affetta da vizio di ultrapetizione ex art. 112 c.p.c..

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta “omessa e contraddittoria motivazione della sentenza 16.4.2015 n. 407/34/15 della Commissione Tributaria Regionale di Torino in merito ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”. Assume l’Ente territoriale che l’impugnata sentenza non darebbe conto di quale sia stato il percorso logico seguito nell’attribuire ad un’area edificabile a destinazione turistico-recettiva i valori propri di aree aventi una differente destinazione urbanistica quali appunto le aree residenziali di nuova edificazione o quelle di nuova edificazione a densità ridotta.

1.2 Con il terzo motivo il ricorrente lamenta “violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 con riferimento al D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 5; violazione di legge ed errata applicazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2 convertito in L. n. 248 del 2006 per non avere la CTR, pur partendo dal presupposto dell’edificabilità dell’area della contribuente per finalità turistico-ricreative, tenuto conto della potenzialità edificatoria attribuita all’area stessa dal PRG e dei valori riportati nella perizia effettuata dall’Agenzia del Territorio e prodotta in giudizio.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1 Questo Corte davanti al quale era stata in altro giudizio tra le medesime parti sollevata la medesima censura ha avuto modo di affermare che: “Occorre premettere che in tema di ICI le delibere con le quali la giunta municipale provvede ai sensi della L. n. 446 del 1997, art. 52 ad indicare i valori di riferimento delle aree fabbricabili costituiscono esercizio del potere riconosciuto al Consiglio Comunale dalla citata L. n. 446 del 1997, art. 59, lett. G. e riassegnato alla Giunta dal D.Lgs n. 267 del 2000, di determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della delimitazione del potere di accertamento del Comune qualora la imposta sia versata in misura non inferiore a quella predeterminata, e rappresentano fonti di presunzioni utilizzabili dal Giudice, al pari del c. d. “redditometro” (Cass. n. 16702 del 2007; Cass. n. 15552 del 2010) ma non hanno valore imperativo ed ammettono prova contraria. Ne consegue che allorchè nel processo il Giudice ritenga raggiunta la prova, o perchè fornita dall’interessato o perchè comunque emergente dagli atti di causa, che ad una area edificabile non possa essere applicato il valore stimato dal Comune, può disattenderlo, e, su istanza di parte, procedere ad una autonoma stima, utilizzando tuttavia i parametri di legge (D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 5, comma 5). Ne deriva quindi ulteriormente che non si verifica alcuna violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 atteso che non si tratta di disapplicare un regolamento od un atto generale rilevante ai fini della decisione, a causa di una ritenuta illegittimità dello stesso (ovvero di contrasto tra l’atto amministrativo ed una legge o comunque un provvedimento normativo di rango superiore) vertendosi invece in tema di questione di fatto, ovvero di comprovata inadeguatezza dei criteri generali di stima elaborati al Comune in sè legittimi, in relazione alle caratteristiche specifiche di una determinata area edificabile” (cfr Cass. sent. 24573/2010). Le considerazioni sopra riportate vengono condivise anche da questo Collegio.

3. Il secondo motivo, sotto il profilo della denunciata omessa motivazione, è fondato.

3.1 Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte (cfr. Cass. 27112/2018, 20648/2015) ” deve considerarsi nulla ai sensi art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello”. E’ ormai noto come Le Sezioni Unite (sentenza n. 8053 del 2014) abbiano fornito una chiave di lettura della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis alla controversia in esame, nel senso di una riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con conseguente denunciabilità in cassazione della sola “anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”.

3.2 Va preliminarmente precisato che il ricorrente pur avendo sviluppato il motivo in termini di omessa motivazione su un punto decisivo ha erroneamente qualificato la censura come violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 anzichè dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n, 4.

3.3 Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale questo Collegio non ha ragione di discostarsi, “l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nè determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato”(cfr. Cass. n. 25557/201726310/2017, 4036/2014).

3.4 Ciò premesso l’impugnata sentenza, in punto di valutazione del valore dell’area edificabile, così si esprime “stabilita la pertinenzialità dell’area, oggetto del contendere, la Commissione conferma quanto stabilito dalla Commissione Provinciale sulla valutazione dell’area, che deve essere ridimensionata entro i minimi delle stime individuate dal Comune per le aree fabbricabili. La Commissione provinciale ha fatto propria la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale sezione 31 che con sentenza n. 13/07, pubblicata il 30.4.2007, ha stabilito che la potenzialità edificatoria di un’area è quella prevista dal piano regolatore generale, ha osservato che detta potenzialità è allo stato embrionale non esistendo agli atti alcuna autorizzazione a costruire in tal senso. La Commissione osserva poi che di nessun rilievo può essere il riferimento a parametri edificatori per strutture alberghiere considerato che non è mai stato rilasciato alcun permesso di costruire in tal senso. La Commissione per le esposte considerazioni conferma i valori stabiliti dai primi giudici per l’anno 2005 e 2006 nella superficie edificabile di mq 19.196,13”.

3.5 La sentenza di primo grado, riportata in parte qua nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, aveva sul punto statuito affermato quanto segue “per quanto concerne la valutazione dell’area occorre osservare -in difetto di elementi di prova di un diverso valore del terreno – che il valore del fondo deve essere ridimensionato e limitato entro i minimi delle stime individuate dal Comune per le aree fabbricabili (Aree di nuova edificazione /aree di nuova edificazione a densità ridotta). In senso conforme risulta peraltro essersi già pronunciata la sezione n. 31 della Commissione Tributaria Regionale con sentenza nr 13/07 pubblicata in data 30.4.2007, sulla premessa che la potenzialità edificatoria di un’area è quella prevista dal piano regolatore generale, ha osservato che nel caso di specie detta potenzialità è tuttavia veramente allo stato embrionale ed astratto, non esistendo allo stato alcuna autorizzazione a costruire, avendo anzi il Comune adombrato una modifica del PRG volta ad escludere l’area da quelle edificabili. Questa Commissione ritiene pertanto di doversi adeguare, facendoli propri, ai criteri di valutazione già utilizzati dall’anzidetta decisione della Commissione Regionale …Di nessun rilievo può essere il riferimento a parametri edificatori per struttura i alberghiere, considerato che non è stato mai rilasciato alcun permesso di costruire in tal senso…”.

3.6 Orbene mette conto rilevare come la sentenza resa inter partes dalla CTR di Torino 30.4.2007 nr 13/31/07 è stata annullata dalla Corte di Cassazione con la pronuncia n. 24573 del 3.12.2010,(la cui motivazione, per la parte che interessa, è stata trascritta a pagg. 25 del ricorso) che in accoglimento dello specifico motivo di ricorso proposto dal Comune di Stresa ha evidenziato l’incongruenza e l’illogicità proprio del passaggio motivazionale sulla valutazione dell’area richiamato e fatta proprio dai giudici di primo grado e secondo grado 3.7 Pur essendo state riportate nella narrativa dell’impugnata sentenza in maniera sintetica le critiche mosse dal Comune di Stresa alla pronuncia di primo grado in punto di stima dell’area e pur avendo l’appellante, a conferma dei motivi di appello provveduto a versare in atti perizia redatta dall’Agenzia del Territorio (il contenuto per quanto interessa è stato ripotato nel ricorso), la CTR si è limitata fornire una motivazione totalmente sovrapponibile a quella resa dalla CTP (che a sua volta ha richiamato per relationem le argomentazioni contenute nella sentenza 30.4.2007 nr 13/31/07 annullata dalla Corte di Cassazione) senza la benchè minima disamina dei motivi di appello e delle risultanze della perizia prodotta rendendo impossibile apprezzare l’iter logico posto a fondamento della decisione di appello e verificare le ragioni che hanno indotto la CTR a fare propria la tesi contenuta nella sentenza di primo grado. Le caratteristiche appena descritte rendono la sentenza impugnata affetta da nullità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto corredata da motivazione solo apparente, non espressione di un autonomo processo deliberativo.

4 II terzo motivo è inammissibile.

4.1 Le argomentazioni fatte valere con il motivo di censura formulato come violazione o falsa applicazione di legge si risolvono in realtà in una critica ai valori di stima indicati nella sentenza con giudizi e valutazioni che si sovrappongono all’accertamento di fatto compito dalla CTR insindacabile in sede di legittimità se non per vizio motivazionale nei ristretti limiti consentiti dall’attuale art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

5. Venendo all’esame del ricorso incidentale con il primo motivo la resistente denuncia nullità della sentenza con riferimento all’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa pronuncia sulle domande, eccezioni e motivi d’appello proposti avanti la CTR di Torino dalla contribuente. In particolare la CTR non si sarebbe pronunciata sui motivi dedotti nel giudizio di primo grado e reiterati nell’appello incidentale relativi alla violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5 e art. 11, della L. n. 212 del 2000, artt. 5,6 e 7, alla disapplicazione delle Giunta Comunale Delib. n. 175 del 2000 e Delib. n. 205 del 2001 per violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59 e del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 42e alla eliminazioni delle sanzioni.

5.1 Con il secondo motivo del ricorso incidentale viene dedotta “violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 324 c.p.c., art. 2909 c.c. e art. 817, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, erroneo riconoscimento del giudicato esterno relativamente alla condizione di non pertinenzialità del terreno soggetto ad accertamento ICI”. Viene dalla contribuente escluso che il rapporto di pertinenza tra due beni fosse da considerare elemento permanente tale da giustificare l’efficacia di giudicato anche rispetto ad annualità diverse e viene affermata la sussistenza del vincolo pertinenziale tra i terreni e il complesso di “*****”

6. Il primo motivo è inammissibile per carenza di interesse con riferimento alla mancata esclusione delle sanzioni in quanto tale effetto deriva dall’annullamento dell’avviso di accertamento disposto dal giudice di primo grado e confermato da quello di appello. E’, infatti, la CTP ad affermare nella motivazione della sentenza che “occorre, infine, precisare che l’annullamento degli avvisi di accertamento concerne sia l’imposta che gli accessori”.

6.1 Il motivo è infondato con riferimento gli altri profili di censura.

6.2 In particolare l’impugnata sentenza ha espressamente affrontato la questione delle delibere della Giunta affermando sul punto che ” la Commissione osserva poi che la Giunta municipale di Stresa Delib. 27 novembre 2000, n. 175 risulta assunta durante il conferimento dei poteri all’organo esecutivo del Comune; la relativa competenza è stata attribuita al Consiglio Comunale sino all’entrata in vigore del D.Lgs. 1 agosto 2000, n. 267"

6.3 Secondo la consolidata giurisprudenza dalla quale non vi è motivo di discostarsi ” ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia “(Cass. 20311/2011, 24155/2017).

6.4 Nella fattispecie, pur mancando una specifica argomentazione in merito alla doglianza mossa dal contribuente sull’invalidità degli avvisi di accertamento per violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 comma 3 e art. 11 e della L. n. 212 del 2000, artt. 5,6 e 7, la statuizione di conferma dei valori stabiliti dai primi giudici per gli anni 2005 e 2006 nella superficie edificabile di mq 19.196,13 consente di ritenere implicitamente rigettate le censure della contribuente.

7. Il secondo motivo non merita accoglimento.

7.1 E’ opportuno riassumere le pregresse vicende giudiziaria che vedono contrapposti il comune di Stresa e la contribuente in un annoso contenzioso in ordine alla tassabilità ai fini ICI dei terreni oggetto del presente giudizio; la R., infatti, ha impugnato le annualità di imposta 2000 e 2001 e la CTR del Piemonte con sentenza 30.4.2007, nr 13/31/07 ha riconosciuto la non pertinenzialità dell’area edificabile all’edificio ormai disabitato e fatiscente. La pronuncia della Corte territoriale è stata impugnata in Cassazione dal Comune mentre la contribuente non ha impugnato il capo della sentenza che aveva escluso il rapporto di accessorietà tra i terreni e la villa. Il successivo contenzioso, originato dall’impugnazione degli avvisi di accertamento per le annualità 2003 2004 è approdato davanti alla Corte di Cassazione dopo che la CTR aveva riconosciuto la sussistenza del rapporto pertinenziale: la Suprema Corte, con la sentenza nr 12767/2014 ha annullato l’impugnata sentenza riconoscendo la rilevanza esterna del giudicato formatosi in ordine all’accertamento di fatto relativo alla non pertinenzialità dell’area con la con sentenza della CTR del 30.4.2007, nr 13/31/07.

7.2 Può dunque ritenersi processualmente accertato che in due giudizi aventi ad oggetto gli avvisi di accertamento ICI per gli anni di imposta 2000, 2001, 2003 e 2004 si sia formato il giudicato sulla questione del rapporto pertinenziale tra le aree edificabili e il fabbricato “*****”.

7.3 Questo Collegio è chiamato a decidere se, come affermato nella impugnata sentenza, l’accertamento compiuto nei due giudizi passati i rassegna si estenda anche al presente giudizio, che ha ad oggetto le annualità di imposta 2005 e 2006 precludendo quindi il riesame della questione del rapporto pertinenziale.

7.4 Sul punto rileva il fondamentale arresto delle sezione unite della Cassazione che ha enunciato il seguente principio di diritto “Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta.” (cfr. Cass. S.U. 13916/2006). Tale orientamento è stato confermato da altre pronunce successive (cfr Cass. 1300/2018).

7.5 La natura pertinenziale del bene costituisce un presupposto logico-giuridico per determinare la legittimità della pretesa punitiva (non sussistente nell’ipotesi di riconosciuta accessorietà del bene) che ha come caratteristica quella di eccedere il limitato arco temporale dell’annualità di imposta e di mantenersi costante per più periodo. Tale durevolezza nel tempo fa sì che il giudicato sull’accertamento della non pertinenzialità del bene formatosi nel giudizio relativo ad un periodo di imposta si estende anche ai giudizi per altri periodo di imposta.

7.6 La CTR nel riconoscere l’efficacia di giudicato esterno alle pronunce sopra citate si è pienamente uniformata ai principi enucleati dalla giurisprudenza Tutte le ampie e diffuse argomentazioni svolte nella seconda parte del motivo dal ricorrente circa il carattere pertinenziale dell’area sono irricevibili in quanto l’impugnata sentenza non ha neanche esaminato nel merito la questione arrestandosi all’accertamento del giudicato esterno.

8 II ricorso principale va,quindi, accolto con cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio della causa alla Commissione Regionale del Piemonte in diversa composizione che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il secondo motivo del ricorso, rigettato il primo e dichiarato inammissibile il terzo, rigetta il ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Regionale del Piemonte in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019

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