LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. CORRADINI Grazia – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3822-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE & MONOPOLI, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
IDROENERGIA SCRL, IDROELETTRICA VALLE D’AOSTA SCRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA XXIV MAGGIO 43, presso lo STUDIO LEGALE MICCINESI E ASSOCIATI, rappresentati e difesi dagli avvocati PAOLO PURI, ALBERTO MULA giusta delega in calce;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 5/2012 della COMM. TRIB. REG. di AOSTA, depositata il 26/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/05/2019 dal Consigliere Dott. GRAZIA CORRADINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.
udito per i ricorrenti l’Avvocato PALASCIANO che si riporta agli atti;
udito per il controricorrente l’Avvocato LUCARIELLO per delega dell’Avvocato MULA che ha chiesto il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 5/1/2012 in data 24.9.2012 la Commissione Tributaria Regionale della Val D’Aosta rigettava l’appello proposto da Agenzia delle Dogane nei confronti di Idroenergia S.C.R.L. e di Idroelettrica Val d’Aosta S.C.R.L. contro la sentenza n. 17/2/2010 della Commissione Tributaria Provinciale di Aosta, che, in accoglimento dei ricorsi riuniti presentati dalla predette società, aveva annullato gli atti di contestazione della sanzione pecuniaria applicata dall’Ufficio delle Dogane di *****, ai sensi del Testo Unico Accise, art. 59, comma 1, lett. c), per omessa indicazione nella dichiarazione annuale relativa ai consumi per l’anno 2003 dei quantitativi di energia elettrica autoprodotta da fonti rinnovabili che aveva destinato a consumo dei propri consorziati, per i quali non ricorrevano i requisiti previsti dalla L. n. 133 del 1999, art. 10, comma 6, per potere beneficiare della esenzione dal pagamento della imposta erariale e per omessa indicazione in modo corretto dell’importo delle rate mensili per l’anno 2004, con conseguente omesso pagamento delle stesse da gennaio a luglio 2004.
Le due società avevano comunicato all’Ufficio delle Dogane, in data 30 luglio 2004, di avere regolarizzato a posteriori le omissioni, avvalendosi dell’istituto premiale del ravvedimento operoso di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13,provvedendo al pagamento dell’imposta, degli interessi moratori e delle sanzioni per omesso e ritardato pagamento a norma del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, nella misura ridotta consentita dal ravvedimento e successivamente alla trasmissione all’Ufficio della dichiarazione annuale per il consumo 2003 debitamente rettificata con la indicazione dei quantitativi precedentemente omessi, ma l’Ufficio aveva invitato le società a definire correttamente il ravvedimento operoso versando la differenza, in misura premiale, per la più grave violazione della presentazione della dichiarazione dei consumi con dati inesatti e quindi, non avendo le società aderito, aveva emesso gli atti di contestazione oggetto del giudizio che erano stati impugnati sotto il profilo che non sarebbe rimasta integrata la fattispecie giuridica astratta dell’evasione e del tentativo di evasione della imposta erariale sul consumo di energia elettrica ed, in via subordinata, che si sarebbe trattato di violazioni puramente formali, come tali non sanzionabili.
La CTR, confermando nel dispositivo la sentenza di primo grado, riteneva non applicabile la sanzione di cui al TUA, art. 59, per mancanza della volontà diretta alla evasione in conseguenza del ravvedimento operoso e dell’emenda della omessa comunicazione da parte del contribuente, rilevando altresì che non era stato recato danno all’Erario o pregiudizio alla attività di controllo e che nella specie era applicabile la disposizione di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, poichè di carattere generale e tesa a tutela del contribuente, successiva al TUA, e compensava fra le parti le spese di lite.
Contro la sentenza di appello, depositata il 26 ottobre 2012 e notificata in data 11.12.2012, ha presentato ricorso la Agenzia delle Dogane con atto notificato il 25-29.1.2013, affidato a quattro motivi.
Resistono con controricorso le società Idroenergia ed Idroelettrica Val d’Aosta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la Agenzia delle Dogane lamenta violazione e falsa applicazione del TUA, art. 59, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poichè nella specie era stata contestata la violazione dell’art. 59, comma 1, lett. c), che riguardava la omissione o incompleta o inesatta redazione della dichiarazione di consumo di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 55, in relazione alla quale non aveva alcuna rilevanza la sussistenza della volontà o del dolo specifico indirizzati alla evasione, che potevano eventualmente costituire uno dei parametri per la commisurazione della sanzione, come fra l’altro ritenuto dal giudice di primo grado – che aveva valutato irrilevante, ai fini della decisione, la discussione sul grado della colpa o sulla sussistenza dell’eventuale dolo, posto che il D.Lgs. n. 472 del 1972, art. 5, comma 1, in riforma della disciplina delle sanzioni tributarie, aveva regolato l’elemento soggettivo della colpa ritenendo sufficiente una condotta cosciente e volontaria, restando così indifferente la misura dell’elemento soggettivo (dolo o colpa)-, mentre il giudice di appello aveva erroneamente fondato la sua decisione sulla pretesa previsione normativa della volontà diretta alla evasione, che doveva essere ritenuta esclusa dal successivo pagamento spontaneo.
2. Con il secondo motivo si duole della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5 bis e art. 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la sentenza di appello ritenuto che il ravvedimento operoso non avesse recato danno all’Amministrazione ed alla attività di controllo dell’Ufficio, in tal modo degradando le violazioni commesse dalle società ad una mera violazione formale priva di antigiuridicità, in quanto tale non sanzionabile, benchè il ricorso all’istituto premiale non mutasse la natura e le caratteristiche della violazione commessa.
3. Con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, anche laddove la sentenza impugnata aveva ritenuto che il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, e l’istituto del ravvedimento operoso costituissero disposizioni di carattere generale, successive al TUA, dirette a fare emergere la buona fede del contribuente per la rimozione della antigiuridicità della sua condotta. Infatti, ad avviso della Agenzia ricorrente, l’assunto era doppiamente erroneo, in primo luogo poichè l’art. 13, era norma di carattere generale che veniva però integrata dalle disposizioni normative speciali di imposta, come ritenuto anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, ed, in secondo luogo, poichè la fattispecie sanzionatoria di cui al TUA, art. 59, non si poneva in rapporto di specialità, bensì di concorrenza con quella di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, in quanto la prima riguardava la “omessa, incompleta o inesatta dichiarazione” e la seconda, nell’ambito della regolamentazione in generale della riscossione dei tributi, il loro eventuale “omesso o tardivo versamento”.
4. Infine, con il quarto motivo la Agenzia delle Dogane si duole di insufficiente motivazione circa un fatto controverso per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il giudice di appello omesso di prendere in esame, fosse pure in modo implicito, benchè costituisse un aspetto fondamentale senz’altro devoluto al suo esame, la specifica domanda formulata dalla Agenzia delle Dogane nell’atto di appello a pagine 17, 19 e 20 (trascritte nel ricorso) di omessa pronuncia da parte del primo giudice in ordine agli elementi per cui aveva ritenuto il fatto illecito sanzionabile ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, anzichè ai sensi del TUA, art. 59, comma 1, lett. c.
5. I primi tre motivi di ricorso, che sono fondati, aggrediscono altrettante ragioni giustificatrici, da parte del giudice di appello, dell’annullamento dell’atto impugnato – con riguardo alla insussistenza della violazione contestata per mancanza di volontà diretta alla evasione, alla mancanza di danno per l’Amministrazione alla luce della condotta emendativa del contribuente ed al carattere generale e successivo della disposizione di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, come tale prevalente sulle disposizioni sanzionatorie del TUA – e possono essere esaminati congiuntamente in considerazione della loro stretta connessione.
5.1. Il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, modificato dal D.Lgs. n. 99 del 2000, art. 1, nel testo in vigore ratione temporis, dispone:
“1. Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorchè non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile…
2. Fuori dei casi di tributi iscritti a ruolo, la sanzione prevista al comma 1, si applica altresì in ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto.
3. Le sanzioni previste nel presente articolo non si applicano quando i versamenti sono stati tempestivamente eseguiti ad ufficio o concessionario diverso da quello competente”.
5.2. Il TUA, art. 59, nel testo vigente ratione temporis prevede invece: “1. Indipendentemente dall’applicazione delle pene previste per i fatti costituenti reato, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal doppio al decuplo dell’imposta evasa o che si è tentato di evadere, non inferiore in ogni caso a lire 500 mila, il fabbricante o l’acquirente di energia elettrica considerato fabbricante ai fini dell’imposizione che: a) attiva l’officina a scopo di produzione di energia elettrica senza essere provvisto della licenza di esercizio; b) manomette o lascia manomettere in qualsiasi modo i congegni applicati o fatti applicare dall’ufficio tecnico di finanza, nonchè i contrassegni, bolli e suggelli applicati da detto ufficio, salvi i casi di assoluta necessità; c) omette o redige in modo incompleto o inesatto le dichiarazioni di cui all’art. 55, commi 1 e 3, non tiene o tiene in modo irregolare le registrazioni di cui all’art. 55, comma 9, ovvero non presenta i registri, i documenti e le bollette a norma dell’art. 58, commi 3 e 4; d) non presenta o presenta incomplete o infedeli le denunce di cui all’art. 53, commi 4 e 5; e) nega o in qualsiasi modo ostacola l’immediato ingresso ai funzionari dell’amministrazione finanziaria addetti al servizio nelle officine o nei locali annessi, ovvero impedisce ad essi l’esercizio delle attribuzioni previste dall’art. 58. 2. E’ punito con la sanzione di cui al comma 1, l’utente che altera il funzionamento dei congegni o manomette i suggelli applicati dai funzionari dell’amministrazione finanziaria o dai fabbricanti per misurazione, per riscontro o per sicurezza, ovvero destina l’energia ammessa all’esenzione ad usi soggetti ad imposta. 3. La sanzione di cui al comma 1 si applica anche a chi sottrae o tenta di sottrarre, in qualsiasi modo, l’energia elettrica al regolare accertamento dell’imposta.
4. Per ogni bolletta rilasciata agli utenti, portante una liquidazione di imposta non dovuta o in misura superiore a quella effettivamente dovuta, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro pari al doppio dell’imposta indebitamente riscossa, con un minimo di lire 24 mila per ogni bolletta infedele. 5. Per ogni altra violazione delle disposizioni del presente titolo e delle relative norme di applicazione, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da lire 500 mila a lire 3 milioni”.
5.3. Infine, il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, modificato dal D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 7, nella formulazione in vigore dal 20.3.2001, che qui interessa, relativo al ravvedimento operoso, dispone: “La sanzione è ridotta, semprechè la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza: a) ad un ottavo del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione; b) ad un quinto del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dell’errore c) ad un ottavo del minimo di quella prevista per l’omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni ovvero a un ottavo del minimo di quella prevista per l’omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa viene presentata con ritardo non superiore a trenta giorni. 2. Il pagamento della sanzione ridotta deve essere eseguito contestualmente alla regolarizzazione del pagamento del tributo o della differenza, quando dovuti, nonchè al pagamento degli interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno. 3. Quando la liquidazione deve essere eseguita dall’ufficio, il ravvedimento si perfeziona con l’esecuzione dei pagamenti nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dell’avviso di liquidazione. 4. (Comma abrogato) 5. Le singole leggi e atti aventi forza di legge possono stabilire, a integrazione di quanto previsto nel presente articolo, ulteriori circostanze che importino l’attenuazione della sanzione.
5.4. Ciò posto in punto normativo, in proposito occorre subito rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza impugnata, in tema di sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie, ai fini dell’affermazione di responsabilità del contribuente, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, è sufficiente una condotta cosciente e volontaria, senza che occorra, da parte dell’Amministrazione finanziaria, la concreta dimostrazione del dolo o della colpa (o di un intento fraudolento) o ancora di una “volontà diretta alla evasione” (per usare la precisa espressione della sentenza impugnata), atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l’atto vietato a carico di colui che lo abbia commesso (Cass., Sez. 5, 13.9.2018, n. 22329, Rv. 650506-01); nè – contrariamente a quanto sostenuto espressamente dalla sentenza impugnata l’accesso all’istituto disciplinato dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, rappresenta un elemento idoneo a comprovare l’assenza dell’elemento soggettivo in capo alla contribuente (“tale comportamento – e cioè il ravvedimento operoso – porta ad escludere la volontà diretta all’evasione, venendo così a mancare le condizioni di cui al TUA, comma 1”, sempre per usare le precise espressioni contenute nella sentenza impugnata), giacchè, anzi, l’istituto del ravvedimento operoso implica, al contrario, proprio il riconoscimento della violazione e della ricorrenza dei presupposti di applicabilità della sanzione (Cass., Sez. 5, 30.3.2016, n. 6108, Rv. 639432-01): dunque, in ultima analisi, il riconoscimento, proprio, della coscienza e volontarietà della condotta sottesa alla contestazione.
5.5. Sul punto è erroneo anche l’argomento riproposto con maggiore completezza con il controricorso dalle società Idroenergia ed Idroelettrica, per cui il TUA, art. 59, prevederebbe come condotta sanzionabile esclusivamente quella sostenuta dal dolo di evasione, poichè dalla lettura della prima parte della norma, come sopra riportata, emerge invece che il riferimento alla imposta evasa o che si è tentato di evadere riguarda soltanto la quantificazione della somma non versata o non dichiarata e quindi la somma “evasa”, mentre la condotta che interessa nel caso in esame, e cioè quella di cui alla lett. c), è costituita dalla omissione o dalla incompletezza della dichiarazione ai sensi di cui al TUA, art. 55, senza altri connotati.
5.6. Il che comporta il fondamento del primo motivo di ricorso poichè la sentenza impugnata ha erroneamente escluso la sussistenza della violazione di cui all’art. 59, comma 1, lett. c, appunto perchè il comportamento emendativo farebbe venire meno la volontà diretta all’evasione, peraltro non prevista dalla fattispecie contestata lett. c), che riguarda la omessa o incompleta presentazione della dichiarazione, indipendentemente dalle finalità della condotta, non menzionate e tanto meno valorizzate dalla disposizione sanzionatoria.
5.7. Neppure può – con ciò venendo all’esame del secondo motivo di ricorso – fondatamente sostenersi che, per il tramite del ravvedimento operoso, la violazione oggetto di contestazione (consistente nella presentazione della dichiarazione “incompleta”) avrebbe assunto natura meramente formale, in quanto la condotta ascritta alle contribuenti ha inciso sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e quindi sul, successivo, omesso versamento del tributo, così integrando una violazione sostanziale, per nulla incisa, in tale essenza, dall’operato menzionato ravvedimento, il quale rappresenta, piuttosto, una scelta del contribuente, volta unicamente al pagamento della sanzione in misura ridotta (v. Cass., Sez. 5, 30.3.2016, n. 6108, Rv. 63943201, cit.), senza che vengano meno i presupposti della pregressa violazione, che, attraverso il ravvedimento operoso, vengono riconosciuti dal contribuente il quale è, così, ammesso a pagare una somma ridotta in luogo della sanzione completa prevista dalla normativa.
5.8. Quanto al terzo motivo di ricorso, la sentenza impugnata è ugualmente incorsa in violazione di legge laddove ha ritenuto applicabile il D.Lgs. n. 471 dei 1997, art. 13, in luogo del TUA, art. 59, sotto il profilo che l’art. 13, costituirebbe una previsione sanzionatoria di carattere generale per tutte le ipotesi di omesso versamento e successiva a quella del TUA, art. 59, che sarebbe rimasta in tal modo caducata dalla nuova disposizione.
5.9. Non è in discussione il fatto che, in tema di sanzioni amministrative tributarie, il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, detta una disciplina destinata a valere, in generale, per tutti i tributi, che però – ed anche tale principio è pacifico – deve essere integrata dalle disposizioni normative speciali di imposta (con riferimento alle accise, il D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504), con la conseguenza che, nel caso di violazione di disposizioni previste per particolari tipologie di imposte (come ad esempio le accise che qui interessano), trovano applicazione anche altre disposizioni pienamente compatibili, che non realizzano un cumulo di sanzioni, in ragione della loro diversità funzionale, afflittiva (con riferimento alla sanzione amministrativa) o anche, in ipotesi reintegrativa del patrimonio leso (v. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8553 del 14/04/2011 Rv. 617698 – 01; conforme Cass. Sez 5 n. 16165 del 03/08/2016 Rv. 640651 – 01; cfr. Cass. 23919/09, 14303/09, 23517/08).
5.10. Occorre poi aggiungere che la disposizione che riguarda il ravvedimento operoso (D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13), fa riferimento alla necessità del pagamento della sanzione gradualmente ridotta, ma non contiene alcun riferimento alla tipologia della sanzione, per la quale opera evidentemente un richiamo alle diverse tipologie previste per i casi di mancato pagamento della imposta (a), di regolarizzazione di errori o di omissioni (b) o di omessa presentazione della dichiarazione (c) e cioè alla sanzione appropriata con riguardo alle diverse condotte; per cui non appare fondata la tesi che vorrebbe ritenere che la sanzione prevista per tutti i casi di ravvedimento operoso sia sempre quella di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, (che disciplina i soli casi di mancato versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione ” Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione”), poichè tale sanzione, la più favorevole, è prevista solo per i casi più lievi e cioè quelli di mancato versamento alla scadenza delle imposte dichiarate. Nè può sostenersi che il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, abbia abrogato tutte le pregresse discipline sanzionatorie, anche quelle previste da speciali disposizioni di imposta, fra l’altro per condotte diverse dall’omesso versamento delle imposte dichiarate, poichè ciò è stato respinto dalla giurisprudenza consolidata, sopra indicata.
5.11. A tali principi non si è attenuta la sentenza impugnata che deve essere pertanto annullata.
6. Il quarto motivo di ricorso resta assorbito e sarebbe comunque infondato.
6.1. Le controricorrenti hanno dedotto che il motivo sarebbe inammissibile poichè richiama, in modo inappropriato, l’art. 360 c.p.c., n. 3, però è principio consolidato quello per cui, in tema di giudizio di cassazione, qualora il vizio di omessa pronuncia sia erroneamente denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 o n. 3, e non in virtù del n. 4, della medesima disposizione normativa, il motivo proposto non è inammissibile, ove prospetti con chiarezza la questione dell’omessa pronuncia quale specifico vizio processuale della sentenza impugnata, come nel caso in esame in cui il motivo pone la questione dell’omessa pronuncia, quale specifico vizio procedurale della sentenza impugnata, con univoca chiarezza là dove afferma (a pagg. 13, 14 e 15 del ricorso) che la sentenza oggetto del presente gravame non ha deciso alcunchè sulla questione (in termini, Cass. n. 4289 del 2018).
6.2. Il motivo, come sopra rilevato, sarebbe peraltro infondato poichè il giudice di appello (sia pure con argomentazione erronea e censurata con gli altri motivi di ricorso che sono stati accolti) ha sostenuto che riteneva applicabile il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, in quanto, attraverso il ravvedimento operoso, veniva rimossa la antigiuridicità della condotta, il che conteneva una statuizione implicita di rigetto sul medesimo in quanto “indissolubilmente avvinta” alle domande sul merito della pretesa fiscale, di cui costituisce “il necessario antecedente logico – giuridico” (Cass. n. 17580 del 2014; conf. Cass. n. 5351 del 2007 e n. 29191 del 2017).
7. In accoglimento dei primi tre motivi di ricorso, assorbito il quarto, considerata la necessità di determinazione degli importi dovuti dalle due società, avuto pure riguardo ai versamenti già eseguiti, la sentenza impugnata deve essere pertanto cassata con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla Commissione Tributaria Regionale della Valle d’Aosta, che si uniformerà ai principi di diritto sopra esposti.
P.Q.M.
LA CORTE:
Accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Valle d’Aosta.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019