LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16933/2013 R.G. proposto da:
PARCOOP RM SRL, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Rombolà, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via Cassiodoro n. 19.
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione n. 1, n. 39/01/13, pronunciata il 10/07/2012, depositata il 21/01/2013.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2019 dal Consigliere Dott. Guida Riccardo.
RILEVATO
che:
1. Parcoop Srl, con sede legale in Roma, esercente l’attività di vendita di parcheggi, impugnò innanzi alla CTP di quella città l’avviso di accertamento che recuperava a tassazione IRES, IRAP, per l’anno d’imposta 2004, costi indeducibili, perchè non documentati, per Euro 315.848,00;
la CTP, con sentenza n. 174/60/2011, rigettò il ricorso;
2. la contribuente ha appellato la decisione di primo grado e la CTR, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato il gravame, sul presupposto che l’eccezione di carenza di motivazione dell’atto impositivo fosse inammissibile, quale domanda nuova e, ancora, avallando la linea difensiva dell’Ufficio per la quale: “le due fatture nn. *****/05 e *****/05 di cui la parte chiede la deducibilità per il 2004 erano, in effetti già state riconosciute dai verbalizzanti come costi deducibili per il 2005. Diversamente ragionando, si avrebbe un doppio riconoscimento degli stessi costi.” (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata);
3. la contribuente ricorre, con due motivi, per la cassazione di questa sentenza della CTR, mentre l’Agenzia resiste con controricorso;
4. il ricorso è stato trattato all’odierna udienza camerale a seguito d’avviso notificato con invio telematico a mezzo PEC.
CONSIDERATO
che:
1. con il primo motivo del ricorso, denunciando: “1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, art. 118 disp. att. c.p.c., L. n. 241 del 1990, artt. 6 e 7, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, L. n. 212 del 2000, art. 9-11, art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Nullità della sentenza e difetto di motivazione su un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.”, la ricorrente censura l'”estrema sinteticità” della decisione impugnata e la “frettolosa illustrazione dei termini della questione o della ratio decidendi a scapito della comprensione” e “la mancata trattazione di una o più questioni prospettate” (cfr. pagg. 8 e 10 del ricorso per cassazione);
evidenzia, altresì, l’omesso esame e l’omessa motivazione in merito ad un fatto decisivo e controverso, quale la correttezza dell’iscrizione, nel bilancio 2004, delle fatture nn. ***** e *****/2005, in virtù del principio di competenza, a prescindere dalla circostanza che esse erano state emesse nel 2005;
1.1. il motivo è inammissibile;
esso reca un’indistinta unificazione e sovrapposizione delle ragioni di ricorso per cassazione – riconducibili al vizio di violazione di legge e al vizio della motivazione – e demanda, impropriamente, alla Corte di sostituirsi alla contribuente nell’enucleare, dall’insieme delle critiche congiuntamente proposte, autonomi profili di censura (Cass. 18/04/2018, n. 9486);
2. con il secondo motivo, denunciando: “2) Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, commi 1 e 2, lett. b, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, art. 2423 bis c.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Violazione delle norme sull’imputazione di costi al bilancio per competenza e non per cassa.”, la ricorrente assume che le fatture portate in deduzione nel bilancio 2004, per Euro 315.848,00 (fatture nn. ***** e *****/2005), erano attinenti a prestazioni di service ricevute nel 2004, su box completati dalle appaltatrice (nonchè emittenti le fatture), nel 2004, “e formalmente fatturati nel 2005 senza che il relativo costo sia mai stato dedotto nel 2005.” (cfr. pag. 15 del ricorso per cassazione) e sottolinea che tali elementi erano desumibili dai bilanci esibiti nel giudizio di merito;
ciò premesso, innanzitutto, censura la decisione impugnata, sotto il profilo del vizio della motivazione, per non avere esaminato: “il punto della formulazione del bilancio in base al principio del codice civile e dell’attribuzione dei costi per competenza.”; in secondo luogo, fa valere la: “Grave violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in riferimento ai principi contabili che il Giudice, con una consulenza tecnica, avrebbe agevolmente risolto e, quindi, debitamente motivato, sia nel caso in cui avesse rilevato dal ricorso in appello tale principio contabile con il riscontro della documentazione in atti.” (cfr. pag. 15 del ricorso per cassazione);
2.1. il complesso motivo, articolato in due distinti profili di censura (vizio di motivazione e violazione di legge), è infondato;
2.1.1. per un verso, quanto al vizio di motivazione, va premesso che la sentenza della CTR è stata pubblicata il 21/01/2013, sicchè il motivo di ricorso è quello dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella nuova formulazione introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che si applica in relazione alle sentenze d’appello pubblicate a partire dall’11/09/2012;
secondo l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte: “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass. sez. un. 7/04/2014, n. 8053);
nella specie, la CTR, poggiando il proprio percorso argomentativo su un apprezzamento di fatto ad essa insindacabilmente rimesso, ha spiegato che le fatture in questione erano insuscettibili di essere portate in deduzione nel 2004, perchè l’Amministrazione finanziaria aveva riconosciuto la deducibilità dei costi in esse annotati nell’esercizio 2005, ragione per la quale, accedendo alla linea difensiva della contribuente, vi sarebbe stato un inammissibile doppio riconoscimento degli stessi costi;
2.1.2. per altro verso, quanto alla violazione di legge, a prescindere dalla prospettabile inammissibilità della doglianza, esposta in termini tutt’altro che chiari, è dato rilevare che la critica s’impernia su un elemento di fatto – vale a dire l’accertamento della deduzione dei costi portati dalle due fatture di cui si è detto sia nel 2004 che nel 2005 – che il giudice d’appello ha insindacabilmente ricostruito, giungendo alla conclusione, inappuntabile anche al lume del rispetto dei criteri civilistici di redazione dei bilanci, che l’operato dell’Amministrazione finanziaria era stato legittimo, avendo riconosciuto per la successiva annualità d’imposta i costi disconosciuti con riferimento al 2004, per i quali non era stato ritenuto provato il requisito della certezza (Cass. 13/03/2019, n. 7121);
3. ne consegue il rigetto del ricorso;
4. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019