LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14596/2018 proposto da:
T.B., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Luca Froldi, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1584/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, del 30/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/04/2019 dal Cons. Dott. PAOLA GHINOY.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Ancona confermava la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato la domanda proposta da T.B. al fine di ottenere il riconoscimento della protezione internazionale.
2. La Corte premetteva che il richiedente aveva riferito alla Commissione di essere nato in ***** dove aveva vissuto fino all’età di 21 anni per poi trasferirsi a *****. Nel suo paese lavorava come dj per suo conto e custodiva il materiale elettronico in un magazzino. Una sera mentre sistemava detto materiale andava via la corrente e mentre cercava di far luce con un accendino urtava accidentalmente contro un barile di benzina rovesciandolo a terra e provocando un incendio che poi faceva esplodere una bombola di gas che danneggiava oltre al suo magazzino anche le proprietà dei vicini. Questi ultimi lo denunciavano provocandone l’arresto. Uscito di prigione e grazie alla cauzione fornita da un suo zio affrontava il processo, ma informato dallo zio che vi era il timore di perdere la causa,, con conseguenza di dover risarcire i danni o in alternativa andare in carcere, lasciava il Gambia recandosi in ***** a casa di un altro zio. Aveva riferito di temere, in caso di rientro in patria, di essere arrestato o di dover risarcire i danni.
3. Argomentava che non sussistevano le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato, considerata l’inverosimiglianza, contraddittorietà ed assenza di riscontri del racconto, sia in merito allo stesso andamento dei fatti, parendo inverosimile che accidentalmente egli avesse potuto rovesciare un barile di benzina di peso non indifferente, che questo non fosse chiuso, che egli non avesse riportato alcuna lesione a seguito del riferito incendio, che mancasse alcuna documentazione in ordine alla riferita vicenda giudiziaria, pur avendo avuto il richiedente il tempo di procurarsela.
4. Aggiungeva che il richiedente neppure aveva riferito le condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).
5. Negava parimenti la sussistenza dei presupposti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), anche in considerazione della zona di origine del richiedente, in cui non ravvisava un rischio effettivo che in caso di rimpatrio questi potesse subire una minaccia grave, non essendo sufficiente il richiamo a particolari situazioni socio-politiche in cui versa il paese di provenienza, ove non conclatamate, e considerato che in concreto il Gambia dopo la recente sconfitta elettorale subita dal presidente Y.I. e la sua dichiarazione di rinunciare ad ogni pretesa sul governo del paese, che avrebbe consegnato al nuovo Presidente eletto, non pare connotato dal situazioni di conflitto armato o preda di situazioni di anarchia o caos indiscriminato.
6. Non risultavano neppure, ad avviso del giudice di merito, specifiche situazioni idonee a giustificare la concessione della protezione umanitaria, non essendo ravvisabili violazioni di diritti umani di particolare gravità nell’ipotesi del rientro nel paese di origine, nè una condizione di vulnerabilità.
7. Per la cassazione della sentenza T.B. ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui il Ministero dell’interno ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
8. A fondamento del gravame il richiedente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,comma 5 e lamenta che la Corte territoriale non abbia esercitato il proprio obbligo di cooperazione istruttoria, per accertare la veridicità dei fatti e la congruità delle deduzioni, ascoltando il richiedente e ponendolo in condizione di fornire in maniera chiara e precisa le proprie deduzioni.
9. Il ricorso non è fondato.
La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – il cui esito è censurabile nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni rese siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), (Cass. 3340/2019). Ed infatti, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria – con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) – nel Paese di origine, salvo che ipotesi neppure allegata nella specie – la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. 27/06/2018, n. 16925; Cass. 12/11/2018, n. 28862).
10. Nel caso concreto, la Corte d’appello (così come, ancor prima, il Tribunale) ha ritenuto l’istante non credibile per l’inattendibilità delle sue dichiarazioni e per la loro lacunosità e contraddittorietà, ed il mezzo inammissibilmente proposto sub specie della violazione di legge – si limita ad insistere sulla necessità di indagini istruttorie d’ufficio, precluse dalla ritenuta non credibilità dell’istante.
11. Occorre infatti qui ribadire che la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. n. 19197 del 28/09/2015, n. 27336 del 29/10/2018).
12. Pur a fronte della mancanza di allegazioni nel senso indicato, la Corte territoriale ha poi comunque valutato se nel Paese di origine del richiedente sussistesse una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed è giunta ad escluderla con valutazione di merito, che non è fatta oggetto di specifica doglianza sotto il profilo della violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo attuale.
13. Del tutto carente sul piano della specificità e riferibilità alla decisione impugnata è poi il motivo di ricorso non riferimento al capo della sentenza che ha rigettato)a do and di protezione umanitaria, non avendo l’istante effettuato, nel giudizio si merito alcun riferimento a situazioni di vulnerabilità che avrebbero potuto determinarne il riconoscimento.
14. Segue coerente il rigetto del ricorso.
15. Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
16. Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, essendo stato il richiedente ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese generali nella misura del 15% e alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto dell’insussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019