Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.17347 del 27/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16375-2018 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GOTI MASSIMO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2695/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 21/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TERRUSI FRANCESCO.

RILEVATO

Che:

la corte d’appello di Venezia ha respinto il gravame di S.A. contro la decisione del tribunale della stessa città, di rigetto della domanda di protezione internazionale e di quella umanitaria;

il predetto ricorre per cassazione con due motivi;

il ministero dell’interno ha depositato una semplice nota per l’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

CONSIDERATO

Che:

col primo mezzo sono dedotti la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, l’omesso esame di fatti decisivi, in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Pakistan e all’omessa attività istruttoria; il motivo è inammissibile per genericità;

la corte d’appello ha respinto la doglianza afferente la protezione sussidiaria mettendo in evidenza innanzi tutto l’inverosimiglianza del racconto del ricorrente, posto a base delle ragioni di espatrio;

il racconto era incentrato su un diverbio avuto per ragioni di appartenenza religiosa al gruppo sunnita a fronte del distinto credo di un gruppo sciita, e a conseguenti minacce e violenze subite a opera di persone genericamente appartenenti a quel gruppo;

le ragioni di inverosimiglianza sono state, in motivazione, accuratamente indicate; dopodichè peraltro la corte, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, ha esaminato la situazione esistente nella provincia di provenienza (Gujrat), sottolineando come la stessa fosse in effetti caratterizzata da tensioni a sfondo religioso; tuttavia ha escluso, per l’inverosimiglianza del racconto, che a tali tensioni fosse in concreto da associare l’esistenza di una situazione persecutoria;

il ricorrente non ha curato di specificare se la domanda fosse stata ancorata a un distinto presupposto, ipoteticamente rilevante come condizione di violenza indiscriminata da conflitto armato interno;

col secondo mezzo è dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, a proposito della mancata concessione di un permesso per motivi umanitari;

anche il secondo motivo è inammissibile per genericità e difetto di autosufficienza;

invero la corte d’appello ha osservato esser mancato qualsiasi elemento “anche a livello di allegazione” idoneo a definire “la presumibile durata di una esposizione a rischio”, con ciò intendendo segnalare la genericità della domanda quanto alle asserite condizioni di vulnerabilità soggettiva;

a fronte di tanto, il ricorrente ha (anche in tal caso) solo genericamente sostenuto di essersi attivato per raggiungere una significativa integrazione nel territorio nazionale, svolgendo attività lavorative; e tuttavia niente ha riportato, nel ricorso, in ordine alle allegazioni svolte nel giudizio di merito, tanto in primo grado quanto in appello (art. 366 c.p.c., n. 3), onde potersi sindacare la valutazione di difetto di allegazione della domanda;

PQM

la nota di asserita costituzione del ministero non assume dignità di controricorso e non legittima la pronuncia sulle spese processuali. P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019

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