Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.17350 del 27/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25227-2018 proposto da:

A.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CUNFIDA 16, presso lo studio dell’avvocato VISENTIN MARIA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. RG. 52790/2017 del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 20/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VELLA PAOLA.

RILEVATO

Che:

1. con decreto n. 3868 del 20/07/2018 il Tribunale di Milano -Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea -ha respinto il ricorso proposto dal cittadino pakistano A.J. avverso il provvedimento della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale presso la Prefettura U.T.G. di Milano, negando le invocate forme di tutela internazionale, sussidiaria e umanitaria;

2. avverso detto decreto il richiedente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso;

3. a seguito di deposito della proposta ex art. 380-bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

CONSIDERATO

Che:

4. il primo motivo – afferente il “mancato rispetto della previsione di cui all’art. 35-bis, comma 8 e ss. che rende obbligatoria l’audizione del ricorrente in assenta della disponibilità della videoregistrazione, come nel caso di specie” – è manifestamente infondato, laddove lamenta la mancata fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, poichè nel decreto impugnato si da espressamente atto che l’udienza è stata fissata (sia pure “per il solo esame dei documenti”);

4.1. infondata è anche la connessa doglianza – sollevata con il secondo motivo – circa la richiesta di “nuova audizione” del ricorrente, che il tribunale ha motivatamente disatteso anche per non avere la difesa “introdotto ulteriori temi di indagine, nè allegato fatti nuovi”, avendo questa Corte chiarito che la necessità di fissazione dell’udienza non comporta automaticamente la necessità di una nuova audizione (Cass. 7717/2018, 3935/2019) e, più in generale, che “nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, ancorchè non obbligatoria in base alla normativa vigente ratione temporis (anteriore alle modifiche intervenute con il D.L. n. 13 del 2017, conv. con mod. dalla L. n. 46 del 2017), all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale che risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero” (Cass. 5973/2019; cfr. Corte giust. 26 luglio 2017, Moussa Sacko; Corte EDU 12 novembre 2002, Dog c. Suede);

5. le ulteriori censure contenute nel secondo mezzo – con cui si contesta la “nullità della sentenza o del procedimento, per violazione del potere-dovete officioso del giudice di acquisire informazioni e documenti rilevanti”, ex art. 8, d lgs. 25/2008, “nonchè per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” sono inammissibili, perchè del tutto generiche, e comunque infondate, poichè la decisione impugnata risulta assunta sulla base di fonti di informazione specifiche e aggiornate, mentre la valutazione dei profili di vulnerabilità allegati ai fini della protezione umanitaria non risulta affetta dalla denunziata contraddittorietà;

6. infondato è anche il terzo motivo – con cui si lamenta la “mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni socio politiche del Paese di origine” – poichè il tribunale attinge a fonti ufficiali aggiornate al 2018 e, comunque, la nozione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale” D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), – da interpretare in conformità alle fonti normative eurounitarie di cui è attuazione (direttive 2004/83/CE e 2011/95/UE) e in coerenza con la giurisprudenza unionale (Corte giust. 18/12/2014, C-542/13; 17/02/2009, Elgafaji; 30/01/2014, Diakitè; cfr. Cass. 13858/2018) -non solo deve essere rappresentata dallo stesso richiedente come personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, ma implica un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità se non nei limiti (qui non rispettati) del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (Cass. 30105/2018, 32064/2018);

7. del tutto generica, e perciò inammissibile, è la censura veicolata dal quarto motivo – circa i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria – che peraltro, contrariamente a quanto si afferma, il tribunale ha ancorato non già (in vit/esclusiva) ai presupposti della denegata protezione sussidiaria, bensì anche ai profili di vulnerabilità allegati dal ricorrente, pur non valutandoli, nel merito, in modo conforme a quanto da questi auspicato;

8. non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, risultando il ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato (ex multis, Cass. 28433/2018, 13935/2017, 9938/2014).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 2.050,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019

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