LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7309-2018 proposto da:
INTERPORTO SERVIZI CARGO SPA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati CASIZZONE ENZO, HUBLER ERIKA;
– ricorrente –
contro
C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato RIGANO’GIOSAFAT, rappresentato e difeso dall’avvocato VOCE CARLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6684/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 31/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RIVERSO ROBERTO.
RILEVATO
Che:
la Corte d’appello di Napoli ha rigettato il reclamo ex lege n. 92/2012 proposto dalla società Interporto Servizi Cargo S.p.A. ed il reclamo incidentale proposto da C.S. avverso la sentenza con la quale il tribunale di Nola aveva dichiarato, in sede di opposizione, l’illegittimità del licenziamento intimato al lavoratore, condannando il datore di lavoro alla sua reintegra nel posto di lavoro ed a pagargli l’indennità risarcitoria prevista dalla legge.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Interporto Servizi cargo S.p.A. con due motivi ai quali ha resistito C.S..
Alle parti è stata comunicata la proposta del relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.
RITENUTO
Che:
1.- con il primo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione di norme di diritto in quanto il titolo di viaggio rilasciato al lavoratore (e che secondo la contestazione egli aveva modificato in favore dei propri familiari) non ha natura retributiva a favore del dipendente ma viene emesso per consentire il rientro in sede di ogni macchinista dalla diversa stazione di destinazione in cui lo stesso si trova a fine turno. 2.
2.- Con il secondo motivo viene dedotta l’errata motivazione su un fatto decisivo per il giudizio in quanto la Corte d’appello aveva tautologicamente affermato l’annoverabilità latu sensu dei titoli di viaggio emessi dalla società nella definizione della retribuzione senza offrire alcuna motivazione.
3.- Il ricorso è affetto da plurime ragioni di inammissibilità. Anzitutto per tardività in quanto risulta notificato in data 5/3/2018, mentre la comunicazione della sentenza della Corte d’appello è avvenuta in data 31/10/2017; opera pertanto la decadenza stabilita dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 62, secondo cui il ricorso per cassazione contro la sentenza deve essere proposto, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla comunicazione della stessa, o dalla notificazione se anteriore (in tema, cfr. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 6059 del 13/03/2018 la quale ha affermato che “il termine di trenta giorni per il reclamo di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 58, decorre dalla semplice comunicazione del provvedimento, trattandosi di previsione speciale, che in via derogatoria comporta la decorrenza del termine da detto incombente, su cui non incide la modifica dell’art. 133 c.p.c., comma 2, nella parte in cui stabilisce che “la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c”, in quanto attinente al regime generale della comunicazione dei provvedimenti da parte della cancelleria”) 4.- Il ricorso è altresì inammissibile in quanto il primo motivo non indica alcuna norma di legge su cui esso si fonda, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4; mentre il secondo motivo non denuncia l’omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5 (Sezione Unite nn. 8053 e 8054 del 2014).
5. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente a pagare le spese del presente giudizio. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in complessivi Euro 2700 di cui Euro 2500U per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, all’Adunanza Camerale, il 19 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019