Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.17383 del 27/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25976-2017 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO *****, MINISTERO DELLA DIFESA *****, in persona dei Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti-

contro

M.A. in proprio e nella qualità di erede di G.R., G.L. nella qualità di erede di G.R., elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avvocato ANDREA BAVA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 275/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 19/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAVALLARO LUIGI.

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 19.8.2017, la Corte d’appello di Venezia, in riforma della pronuncia di grado, ha dichiarato Gn.Lo. vittima del dovere e condannato il Ministero della Difesa a pagare agli eredi i benefici di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564;

che avverso tale pronuncia il Ministero della Difesa e il Ministero dell’Interno hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;

che gli eredi in epigrafe hanno resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che parte controricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di censura, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1,comma 564, e del D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1, lett. c), per avere la Corte di merito ritenuto che la circostanza, emersa nel corso del pregresso processo penale, secondo cui il decesso del dante causa degli odierni controricorrenti, allora cadetto dell’Accademia Navale di Livorno, era ascrivibile all’improvvida condotta di guida del pilota dell’aereo su cui egli era trasportato per una esercitazione, costituisse “circostanza straordinaria” che aveva “esposto il dipendente a maggiori rischi (…) in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”;

che le Sezioni Unite di questa Corte hanno già affermato, in fattispecie pressochè sovrapponibile alla presente di altro cadetto deceduto nella medesima circostanza di tempo e di luogo, che “la circostanza rappresentata dagli esiti del giudizio conclusosi con la sentenza n. 1480/2000 della Corte d’appello di Roma la quale aveva accertato la grave negligenza del pilota e, quindi, del maggior rischio cui era stato esposto il defunto cadetto nel corso del volo di ambientamento, preventivamente e debitamente autorizzato”, è idonea a costituire “elemento che comporta) l’esistenza od il sopravvenire di un fattore di rischio maggiore rispetto alla normalità di quel particolare compito” (Cass. S.U. n. 15485 del 2017);

che, non avendo la difesa erariale prospettato argomenti idonei a superare l’anzidetto principio di diritto, formulato in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza impugnata, il motivo di ricorso deve ritenersi inammissibile ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, (Cass. S.U. n. 7155 del 2017), provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza e si distraggono in favore del difensore di parte controricorrente, dichiaratosi antistatario;

che, pur in presenza di declaratoria d’inammissibilità del ricorso, non si fa luogo a pronuncia circa il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, essendo le amministrazioni dello Stato esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo in virtù della c.d. prenotazione a debito (Cass. n. 1778 del 2016).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna le parti ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge, e disponendone la distrazione in favore del difensore di parte controricorrente.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019

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