LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11812-2017 proposto da:
D.R., P.M., D.G. SNC, in persona dei legali rappresentanti, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, rappresentata e difesa dall’avvocato MAURO SCARAMUZZA;
– ricorrente –
contro
G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, BORGO PIO 44, presso lo studio dell’avvocato STEFANO SACCHETTO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato RICCARDO GUSSO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 134/2017 del TRIBUNALE di PORDENONE, depositata il 24/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa GRAZIOSI CHIARA.
RILEVATO
che:
G.G. proponeva appello avverso sentenza n. 445/2012 del giudice di pace di Portogruaro – che aveva confermato i decreti ingiuntivi nn. 476, 477 e 478/2011 che gli avevano ordinato di pagare rate maturate per cinque polizze assicurative -; si costituivano, resistendo, D.R. e P.M. SNC – Reale Mutua Assicurazioni Agenzia di Caorle. Il Tribunale di Pordenone, con sentenza del 24 febbraio 2017, accoglieva l’appello revocando i decreti ingiuntivi.
E’ stato presentato ricorso da D.R., P.M. e D.G. s.n.c., ricorso che si articola in due motivi.
Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1352 e 1324 c.c. Si adduce che nel primo grado Reale Mutua aveva eccepito l’invalidità/inefficacia della disdetta (rectius recesso) dai contratti dell’assicurato G. perchè tale disdetta sarebbe stata effettuata a mezzo fax anzichè per raccomandata come previsto dalle clausole generali delle polizze. Il Tribunale aveva ritenuto non necessaria la forma della raccomandata, violando così gli artt. 1352 e 1321 c.c. perchè era stata espressamente prevista nel contratto la necessità di tale forma.
Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c..
Si è difeso con controricorso G.G., il quale ha pure depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. Il primo motivo risulta fondato.
1.1 La questione che presenta era stata, in sostanza, oggetto del secondo motivo e del quarto motivo dell’appello proposto da G.G.. Al riguardo, così si è espresso il Tribunale:
“…il recesso si configura come l’esercizio del potere della parte di interrompere il rapporto contrattuale; si tratta di un atto unilaterale e recettizio… Le parti ben possono convenire specificamente una forma per l’esercizio del recesso; non si condivide, tuttavia, la tesi di parte appellata, secondo la quale si estenderebbe in quest’ultimo caso il dettato di cui all’art. 1352 c.c. (“Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume che la forma sia stata voluta per la validità di questo”), dal momento che dalla norma è chiaro che se la forma non ha per oggetto un negozio – come nel caso del recesso – non può ritenersi applicabile la presunzione di essenzialità della stessa. Ne consegue che la funzione della forma convenuta tra le parti per l’esercizio del diritto di recesso deve essere valutata, più opportunamente, in relazione alla funzione dello stesso e, soprattutto, alla luce del principio di buona fede”.
Sulla base di questa affermazione de jure, il Tribunale giunge poi ad escludere che nel caso concreto “il recesso a mezzo di lettera raccomandata sia prescritto a pena di nullità”, ritenendo invece che la scelta della raccomandata sia stata finalizzata unicamente alla “esigenza di garantire la certezza circa la conoscibilità dell’atto da parte di chi lo deve ricevere”.
Richiama poi il giudice d’appello una risalente pronuncia di questa Suprema Corte – Cass. sez. 3, 23 giugno 1975 n. 2493 -, desumendo dalla sua massima (“Qualora in un contratto di assicurazione le parti abbiano espressamente convenuto, per qualsiasi comunicazione, l’uso della raccomandata con ricevuta di ritorno alla direzione della società assicuratrice o alla sua agenzia competente, ogni altro mezzo di comunicazione – che non sia almeno equipollente a quello convenuto, agli effetti della tutela dell’interesse alla certezza, manifestato dalle parti – deve ritenersi inefficace e quindi inidoneo a sospendere la prescrizione del diritto alla prestazione assicurativa a favore dell’assicurato. Tuttavia, tale interesse deve ugualmente ritenersi soddisfatto quando l’assicuratore, con il suo comportamento in sede di esecuzione del contratto, manifesti la volontà di prendere atto della comunicazione irregolarmente effettuata dall’assicurato in forma diversa da quella prescritta.”) che siano stati dal suddetto arresto sostanzialmente ci affermati due concetti, qui applicabili, ovvero l’inidoneità del mezzo di comunicazione “equivalente” a sostituire la raccomandata e la rilevanza dell’effettiva conoscenza del recesso da parte del destinatario ai fini della decorrenza dei suoi effetti pur “in assenza di una forma equivalente alla raccomandata” (questo inciso è palesemente affetto da un errore materiale, in quanto ben si comprende che il giudice intendeva “in presenza di una forma equivalente alla raccomandata”).
E quindi – prosegue il giudice d’appello – nel caso in esame “il recesso è stato comunicato dall’appellante a mezzo fax” e “l’agenzia appellata non ha mai specificamente contestato di aver ricevuto il fax, ma si è limitata ad eccepire l’inidoneità di un simile mezzo di comunicazione a costituire valido recesso”. Ciò porterebbe a ritenere che, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., si può “valutare come ammessa la ricezione del fax e il corretto esercizio del recesso per tutti i contratti di assicurazione in essere tra le parti, per uno di questi vi è anche la prova documentale…che l’Agenzia di assicurazione appellata abbia ricevuto la raccomandata contenente il recesso di G.G.. Quest’ultimo, pertanto, ha esercitato legittimamente il proprio recesso dai contratti assicurativi polizze nn. *****, *****, *****, ***** e *****…”.
1.2 Si premette, a proposito della parte finale di questo percorso argomentativo svolto dal giudice d’appello, che nella memoria depositata l’attuale controricorrente adduce che la sentenza impugnata avrebbe affermato proprio che per uno dei contratti vi è la prova di invio e recezione con raccomandata della disdetta. Si tratta evidentemente dell’ultimo passo sopra riportato. Deve darsi atto che ciò concerne una valutazione fattuale; meramente incidenter, pertanto, si osserva che è difficile comprendere come sia stata individuata la prova della ricevuta comunicazione a mezzo raccomandata nel documento in questione, una lettera redatta su carta intestata di Reale Mutua datata 12 aprile 2011 che fa riferimento alla polizza ***** enunciando “abbiamo ricevuto la raccomandata con la quale ci viene comunicata l’intenzione di risolvere il contratto in oggetto”; infatti questa lettera, sotto la dicitura “Direzione Commerciale”, risulta sottoscritta da un soggetto che non pare identificabile.
1.3 Entrando a questo punto nel nucleo della questione, si rileva che, anzitutto, il Tribunale erra laddove esclude l’applicazione dell’art. 1352 c.c. al recesso. Il recesso, infatti, rientra nell’ambito di applicazione della norma, costituendo un atto negoziale unilaterale dal contenuto negativo, nel senso che pone fine agli effetti sostanziali della permanenza del contratto rispetto al quale si esplica (sulla sua natura di atto negoziale cfr. Cass. sez. 2, 28 gennaio 1976 n. 267, Cass. sez. 2, 14 agosto 1986 n. 5059, Cass. sez. 3, 8 febbraio 1994 n. 1609, Cass. sez. 3, 10 gennaio 2003 n. 195, Cass. sez. 3, 17 febbraio 2014 n. 3616 e Cass. sez. L, 29 marzo 2017 n. 8136), laddove sono atti negoziali unilaterali dal contenuto positivo, in quanto diretti a porre in essere un negozio plurilaterale, la proposta e l’accettazione.
Sussiste pertanto, anche nella fattispecie di atto di recesso, la presunzione che l’art. 1352 c.c. trae dall’adozione negoziale della forma scritta.
1.4 A questo primo – e già dirimente – rilievo, non può non aggiungersene un altro: il ragionamento del giudice d’appello, venendo ad imperniarsi sulla “rilevanza dell’effettiva conoscenza del recesso da parte del destinatario ai fini della decorrenza dei suoi effetti”, sposta la forma dell’atto dal piano, evidentemente consono, della sua costituzione sostanziale (forma ad substantiam), per cui la forma vale in sè, ad un piano di effetti esteriori alla sostanza negoziale della forma, prossimo invece alla forma ad probationem: quel che conta, nell’ottica del Tribunale, sarebbe l’effettiva conoscenza da parte dell’agenzia della volontà di recesso, che si sarebbe potuta raggiungere a mezzo fax. Di qui il passaggio, appunto, al piano probatorio, con conseguente applicazione pure dell’art. 115 c.p.c. In tal modo il giudice però deforma la linea difensiva adottata dagli appellati: essa si fondava sulla assenza di effetti giuridici della comunicazione del recesso per mancata applicazione della forma ad substantiam, e non sul dato storico della comunicazione avvenuta mediante altro mezzo.
1.4 Il motivo, pertanto, sotto ogni profilo risulta fondato, non sussistendo d’altronde alcuna criticità in riferimento all’applicazione dell’art. 1352 c.c. come clausola unilateralmente predisposta, giacchè l’art. 1370 c.p.c. è applicabile solo nel caso in cui dalla clausola unilateralmente disposta emerga dubbio sulla voluntas in essa manifestata: laddove, nel caso in esame, la questione come conformatasi – emerge chiaramente dalla sentenza impugnata – non investe un dubbio ermeneutico attinente, naturalmente, all’elemento fattuale della volontà negoziale delle parti, bensì il profilo giuridico dell’applicabilità o meno della presunzione di cui all’art. 1352 c.c. anche all’atto di recesso quale conseguenza de jure della clausola contrattuale stipulata.
1.5 In conclusione, accogliendosi il primo motivo del ricorso, e assorbito conseguentemente il secondo, la sentenza deve essere cassata con rinvio, anche per le spese del grado, al Tribunale di Pordenone – in persona di diverso giudice -, affinchè ad ogni effetto applichi, come appena illustrato, l’art. 1352 c.c. al negozio unilaterale di recesso in riferimento a tutte le polizze oggetto del thema decidendum.
P.Q.M.
Accogliendo il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese processuali, al Tribunale di Pordenone.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019
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