LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7378-2018 proposto da:
S.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso 1 CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati ALFONSO PARISI, TOMMASA PERGOLIZZI;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO *****, in persona dell’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO DIONISI, 73, presso lo studio dell’avvocato MARA MANDRE’, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 798/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 18/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa GRAZIOSI CHIARA.
RILEVATO
che:
Con sentenza del 21 giugno 2010 il Tribunale di Messina rigettata la domanda proposta dall’attuale ricorrente di risarcimento ex art. 2051 c.c. di danni derivatile da una caduta del 14 febbraio 2002 per incastro di un tacco in una grata sotto lo scalino del portone condominiale, pretesa cui il condominio aveva resistito adducendone l’infondatezza. S.A. proponeva appello, cui controparte resisteva e che veniva rigettato dalla Corte d’appello di Messina con sentenza del 18 luglio 2017, nella quale veniva condiviso quanto affermato dal primo giudice sull’assenza di prova di nesso causale tra la grata e la caduta.
S.A. ha proposto ricorso, che si si articola in tre motivi.si è difeso con controricorso il Condominio *****.
S.A. ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. In primo luogo deve rilevarsi che la memoria depositata dalla ricorrente in data 11 marzo 2019 è tardiva, l’adunanza essendo stata fissata per il 14 marzo 2019 – data in cui è stata effettivamente tenuta – e non essendo stato pertanto rispettato il termine di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 2.
2. Il primo motivo del ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 2051 c.c.; il secondo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, artt. 116,167 c.p.c. e – quanto all’onere della prova – 2697 e 2698 c.c.; il terzo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per vizio motivazionale ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 quanto al principio della valutazione della prova di cui all’art. 116 c.p.c..
Entrambi i motivi, in effetti, patiscono un contenuto direttamente fattuale, diretto a perseguire una revisione dell’accertamento di merito dal giudice di legittimità, così travalicando i tassativi limiti del ricorso per cassazione e pervenendo quindi alla inammissibilità del ricorso stesso.
In particolare, il primo motivo, dopo un generale richiamo alla giurisprudenza attinente alla responsabilità per custodia, si incentra sulla valutazione della deposizione del teste A., senza sviluppare al riguardo censure in jure se non come conseguenza della sollecitata valutazione alternativa che si chiede al giudice di legittimità.
Il secondo motivo, evocando la violazione del principio di non contestazione nel testo antecedente alla sostituzione operata dalla L. 18 giugno 2009 n. 69, omette di fornire, in rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, una indicazione specifica di come e quando sarebbe stata effettuata la non contestazione di cui si tratta.
3. Il terzo motivo, infine, denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per vizio di motivazione ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 in ordine al principio sulla valutazione alla prova di cui all’art. 116 c.p.c..
A parte che la corte territoriale ha effettivamente adempiuto al minimum costituzionale in termini di motivazione, il motivo non rispetta i criteri insegnati da Cass. sez. 3, 10 giugno 2016 n. 11892, che, a proposito dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale), ritiene denunciabile vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ma “solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime” (sulla modalità di deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. cfr. pure, in motivazione, S.U. 5 agosto 2016 n. 16598).
Anche quest’ultimo motivo, quindi, incorre nella inammissibilità.
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – al controricorrente; sussistono altresì D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2800, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019
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