LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 545-2018 proposto da:
M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOEZIO 14, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ITRI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LOREDANA GOMBIA;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA, NICOLA VALENTE;
– resistente –
avverso la sentenza n. 6143/2017 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 22/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO LUCIA.
RILEVATO
Che il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione ad ATP ex art. 445 bis c.p.c. ad istanza di M.L. avente ad oggetto l’accertamento del requisito sanitario relativo all’indennità di accompagnamento, condannando la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in mancanza di idonea dichiarazione ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., non potendo a tal fine assumere rilevanza quella resa dal procuratore;
che avverso la sentenza propone ricorso per cassazione M.L. sulla base di due motivi;
che l’Inps si è costituito con memoria in calce al ricorso;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.
CONSIDERATO
che con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, osservando che al ricorso originario, depositato il 1/7/2015, al n. 5 dell’indice dei documenti, era allegata dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, recante firma autografa del dichiarante autenticata dal funzionario incaricato del municipio di Roma, del seguente tenore: “a decorrere dal 2014: il proprio nucleo familiare ha percepito complessivamente i seguenti redditi DICHIARANTE – ANNO 2014 – REDDITO 21.987,00; CONIUGE – ANNO 2014 – REDDITO 0; di non essere mai stata ricoverata in case di cura, istituti o enti pubblici con retta a carico dello stato; di non percepire analoghe indennità per cause di guerra, di lavoro o servizio dalla data della domanda amministrativa a tutt’oggi; di essere a conoscenza del D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11 in materia di condanna al pagamento delle spese, in caso di soccombenza, nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziale o assistenziali”;
che deduce, ancora, violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sotto altro profilo, per avere il giudice del merito ritenuta inidonea ai fini dell’esonero dalle spese la dichiarazione resa dal procuratore, pur in presenza di dichiarazione sostitutiva proveniente dalla parte resa su foglio separato;
che il ricorso è ammissibile, risultando assolte le prescrizioni desumibili dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dall’art. 369c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto il contenuto essenziale delle dichiarazioni ivi valorizzate è riprodotto nel ricorso e ne è indicata la collocazione processuale, con riferimento agli atti contenuti nei fascicoli di merito pure prodotti;
che nel merito, i due motivi, strettamente connessi, sono fondati alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui “In tema di esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali, l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. con modif. nella L. n. 326 del 2003, laddove fa carico alla parte ricorrente, che versi nelle condizioni reddituali per poter beneficiare dell’esonero degli oneri processuali in caso di soccombenza, a rendere apposita dichiarazione sostitutiva “nelle conclusioni dell’atto introduttivo” va interpretato nel senso che della ricorrenza delle condizioni di esonero deve essere dato conto nell’atto introduttivo del giudizio, cosicchè va ritenuta efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo” (Cass. n. 16616 del 25/06/2018), senza che sia richiesta la dichiarazione di impegno a comunicare le eventuali variazioni reddituali, in concreto mancante (così Cass. n. 16132 del 03/08/2016);
che, quanto al reddito indicato nella dichiarazione, lo stesso deve ritenersi congruo rispetto al doppio del limite di reddito previsto per il gratuito patrocinio (11.369,24, cui va aggiunto l’aumento per ciascun familiare a carico, come stabilito da D.M. pubblicato in GU n. 169 del 2014), avuto riguardo al tempo in cui il ricorso per accertamento tecnico è stato presentato;
che ne consegue l’idoneità della dichiarazione in atti a determinare, ai sensi dell’art. 152 disp. att c.p.c. l’esonero dalle spese di lite;
che la sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata in relazione alla statuizione sulle spese, con rinvio al Tribunale di Belluno affinchè provveda sul punto, liquidando anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Roma, diverso giudice del lavoro.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019