LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15243-2017 proposto da:
FINWORLD SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato BENEDETTO SCIPPA;
– ricorrente –
contro
PLAY SUD SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato ALVISE VERGERIO DI CESANA, rappresentata e difesa dagli avvocati DARIO CRISTIANO, STEFANINO CASTI;
– controricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE *****, in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7303/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GRAZIOSI CHIARA.
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 21096/2010, accoglieva opposizione proposta da Finworld S.p.A. avverso ordinanza-ingiunzione di pagamento di Euro 527.528,88, emessa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze-Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (d’ora in avanti MEF-A.A.M.S.) a seguito di revoca di concessione n. 139/2002 per gestione del gioco del Bingo relativa ad una sala da gioco sita in Torino, e conseguente escussione della opponente quale fideiussore della concessionaria Clara S.r.l., successivamente fallita (fallimento dichiarato con sentenza n. 49/2004 dal Tribunale di Torino) – il ramo di azienda relativo al gioco del bingo era stato poi ceduto, il 3 settembre 2004, dal fallimento a Play Sud S.r.l., trasferendosi così la sala da gioco a Cagliari; e Finworld aveva convenuto in giudizio anche Play Sud per rivalsa qualora non fosse stata accolta l’opposizione -.
Proponeva appello il MEF; Finworld resisteva, non costituendosi invece Play Sud. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 12 dicembre 2016, accoglieva l’appello, condannando l’appellata a pagare al MEF – A.A.M.S. quanto ingiunto e condannando Play Sud a rifondere a Finworld quanto pagato.
Finworld ha proposto ricorso, oggetto di difesa con controricorso da parte di MEF-A.A.M.S.
Play Sud ha presentato altresì un controricorso, nel quale peraltro dichiara di “aderire integralmente al motivo posto a fondamento del ricorso introduttivo del presente giudizio”, opponendosi “ad ogni contraria istanza, eccezione e conclusione dell’Amministrazione resistente”.
RITENUTO
che:
Il ricorso di Finworld presenta un unico motivo denunciante violazione o falsa applicazione degli artt. 112,115,116 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
La corte territoriale avrebbe accolto l’eccezione di extrapetizione proposta nell’appello: l’appellante avrebbe sostenuto che il giudice di prime cure avrebbe violato l’art. 112 c.p.c. in quanto, dopo avere qualificato la fattispecie contratto autonomo di garanzia, avrebbe ritenuto fondata la exceptio doli, che invece, secondo l’appellante, non sarebbe stata sollevata dall’attuale ricorrente. Tale eccezione sarebbe stata infondata perchè, “seppur negli atti di questa esponente manchi l’espressa dicitura “exceptio doli”, gli stessi erano pregni di riferimento al comportamento illegittimo, e dunque abusivo, dell’A.A.M.S.”. Il Tribunale non avrebbe alterato petitum e causa petendi, bensì soltanto esplicitato “i ragionamenti sottesi ai motivi d’impugnazione” (rectius: opposizione).
Il motivo in seguito si estende in stralci tratti dalla sentenza impugnata e dall’atto di citazione in opposizione all’ingiunzione, per giungere ad affermare che non sarebbe dubbio che, “a prescindere dal nomen juris utilizzato in atti”, l’exceptio doli era insita nelle contestazioni mosse dall’attuale ricorrente.
Il ricorso patisce una evidente inammissibilità in relazione al dettato dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
Esso infatti omette di individuare (riproducendolo direttamente o indirettamente, in quest’ultimo caso indicando la parte in cui risiederebbe l’indiretta riproduzione) il motivo di appello avversario che avrebbe dedotto l’extrapetizione. Nella stessa omissione incorre quanto all’individuazione del contenuto dell’atto di opposizione all’ingiunzione a proposito della parte in cui sarebbe stata aperta la questione di exceptio doli; al contrario – e per di più l’unica parte che riproduce dell’atto di opposizione in nessuna misura interferisce con una siffatta eccezione.
Se ciò deve essere rilevato a proposito della doglianza ex art. 112 c.p.c., quanto alle ulteriori censure prospettate in ordine agli artt. 115 e 116 c.p.c. il motivo non offre alcunchè che sia riconducibile al relativo paradigma. In realtà, il nucleo del motivo si attesta proprio nella extrapetizione/exceptio doli; peraltro, l’atto di citazione in opposizione, concernendo una domanda di accertamento negativo di un credito, avrebbe dovuto individuare i fatti costitutivi della domanda stessa, versandosi in fattispecie di domanda relativa a un c.d. diritto eterodeterminato; eppure il ricorso del tutto omette l’individuazione del fatto costitutivo che sarebbe stato attinente alla exceptio doli. Carenze, queste, che tutte conducono, sine dubio, all’inammissibilità del ricorso in esame.
Il ricorso quindi deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente e della aderente Play Sud, in solido per il comune interesse, alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo ai controricorrenti; sussistono altresì D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso, condannando solidalmente Finworld S.p.A. e Play Sud S.r.l. a rifondere ai controricorrenti le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 10.200, oltre alle spese prenotate a debito a favore della difesa erariale.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di Finworld S.p.A., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2019.
Depositato in cancelleria il 11 novembre 2019