LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 654-2017 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati MARITATO LELIO, SGROI ANTONINO, VITA SCIPLINO ESTER ADA, MATANO GIUSEPPE, D’ALOISIO CARLA, DE ROSE EMANUELE;
– ricorrente –
contro
S.G., EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 478/2015 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il 16/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/06/2019 dal Presidente Relatore Dott. DORONZO ADRIANA.
RILEVATO
Che:
con ordinanza resa all’udienza del 27/10/2016 la corte d’appello di Firenze ha dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. l’appello proposto dall’Inps contro la sentenza resa dal Tribunale di Firenze, che aveva accolto l’opposizione proposta da S.G. contro gli avvisi di addebito emessi per la riscossione dei contributi dovuti alla gestione commercianti relativi al periodo 1/2/200831/10/2011;
la Corte territoriale ha ritenuto che l’appello non avesse una ragionevole probabilità di essere accolto, condividendo il giudizio espresso dal tribunale secondo cui la “Strada s.r.l.”, cui il S. era socio ed amministratore unico svolgeva esclusivamente attività di locazione di immobili e di riscossione dei relativi canoni;
contro la sentenza del tribunale ha proposto ricorso l’INPS – anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. spa – articolato in due motivi; il S. e Equitalia S.p.A. non svolgono attività difensive;
la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
Che:
l’INPS ha denunziato:
– con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione e falsa applicazione della L. 22 luglio 1966 n. 613, art. 1, della L. 27 novembre 1960 n. 1397, art. 1, come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, della L. n. 1397 del 1960, art. 2 e degli artt. 2462,2468,2475,2476 e 2697 c.c.: ha assunto che la forma sociale prescelta determinava una presunzione di esercizio di attività commerciale; che non era stato provato che la società svolgeva esclusivamente la attività di riscossione dei canoni di locazione di immobili; che anche la percezione di canoni di locazione, ove svolta da una società, rientrava tra le attività commerciali;
– con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione e la falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 202, e L. n. 88 del 1989, art. 49, comma 1, lett. d), e si assume che, anche in assenza di esercizio di attività commerciale da parte della società, l’intimato era comunque tenuto ad iscriversi alla gestione commercianti come lavoratore autonomo, poichè la attività di locazione di beni immobili poteva essere ricompresa in quella di intermediazione e prestazione di servizi;
il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1;
questa Corte (da ultimo Cass. 24 maggio 2018, n. 12985; Cass. 21/08/2017, n. 20236; Cass. 29 dicembre 2016 n. 27376, Cass. 17/11/2016, n. 23439; Cass. 11/02/2013, n. 3145; Cass. 06/09/2016, n. 17643) ha già chiarito, con orientamento consolidato, che l’attività di riscossione di canoni di locazione, non finalizzata alla prestazione di servizi in favore di terzi nè ad atti di compravendita o di costruzione, non esorbita dalla semplice gestione degli immobili concessi in locazione e, pertanto, non configura esercizio di attività commerciale ai fini dell’iscrizione nella gestione commercianti;
presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla gestione commercianti C invece, in conformità a quanto previsto dalla L. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 1, comma 203 (che ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1) lo svolgimento di un’attività commerciale;
è stato accertato in fatto – con giudizio in questa sede non specificamente contestato- che la società di cui il S. era socio e amministratore unico si limitava alla riscossione dei canoni di locazione di beni di cui era proprietaria e non esercitava, pertanto, attività di prestazione di servizi in favore di terzi nè di compravendita o di costruzione;
l’attuale ricorso non offre elementi di novità che inducano a rimeditare il predetto orientamento e che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5; non va adottato alcun provvedimento sulle spese, in mancanza di attività difensiva degli intimati;
sussistono invece le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 5 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019