Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.31372 del 02/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30210/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO;

– ricorrente –

contro

P.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 155/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 12/06/2014 r.g.n. 528/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 11/09/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M.,in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MANUELA MASSA per delega verbale Avvocato EMANUELA CAPANNOLO.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 12 giugno 2014, ha confermato la sentenza di primo grado che ha escluso la ripetibilità dei ratei di assegno di invalidità civile, L. n. 118 del 1971, ex art. 13, riscossi nel periodo febbraio 1995 – luglio 1998 nel quale P.R., titolare del beneficio, aveva omesso di presentare la dichiarazione relativa alla permanenza dell’iscrizione nelle liste di collocamento speciali di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1.

2. Riteneva la Corte di merito che in applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 249 – recante disciplina dell’obbligo di restituzione solo all’esito del venir meno delle condizioni previste dalla norma, accertato da apposito provvedimento amministrativo – all’omessa presentazione della dichiarazione di iscrizione alle liste di collocamento, dichiarazione introdotta dalla citata diposizione, potesse seguire solo l’esercizio del potere di verifica da parte dell’INPS sulla sussistenza delle condizioni per l’erogazione della prestazione, mentre l’obbligo di restituzione sussisteva solo per la dichiarazione o certificazione falsa (L. n. 662 cit., art. 1, comma 252) o all’esito della verifica di insussistenza delle condizioni per l’erogazione della prestazione e di apposito provvedimento amministrativo; in conclusione, l’obbligo di restituzione andava riferito solo alla diversa condizione, non verificatasi nella specie, di insussistenza dei requisiti sanitari e reddituali, 3. Avverso tale sentenza ricorre l’INPS con ricorso affidato ad un motivo;

P.R. non ha resistito.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con unico motivo il ricorso l’INPS lamenta violazione e falsa applicazione di svariate norme di legge – fra cui art. 2033 c.c., L. n. 662, art. 1, commi 249, 251, 252, L. n. 118 del 1971, art. 13 – e argomenta la diversa interpretazione, da quella fatta propria dalla Corte di merito, nel senso della recuperabilità della prestazione indebita, per insussistenza del diritto alla prestazione assistenziale, e dell’applicazione dell’art. 2033 c.c., versandosi in ipotesi di mancanza radicale del diritto alla prestazione, non trovando applicazione il principio di settore ispirato alla tutela del percettore di buona fede, non potendo ravvisarsi tale condizione nell’aver taciuto una circostanza ostativa al sorgere del diritto, di facile e certa conoscenza da parte dell’assistito, come la mancanza di iscrizione nelle liste speciali. In definitiva, la ripetizione ex art. 2033 c.c., consegue, per l’ente previdenziale, sia dalla natura di elemento costitutivo della prestazione dell’iscrizione nelle liste speciali per il collocamento, sia dall’assenza di norme speciali che escludano la ripetizione nel caso in cui il titolare non abbia ottemperato all’obbligo di rendere la dichiarazione L. n. 662 cit., ex art. 1 e non abbia mantenuto l’iscrizione.

5. Il ricorso è da rigettare in continuità con la giurisprudenza di questa Corte pronunciatasi sullo specifico tema della ripetibilità delle prestazioni indebite per mancanza del requisito di incollocazione al lavoro (cfr., ex aliis, Cass. n. 19638 del 2015; Cass. n. 8970 del 2014 e i precedenti ivi citati).

6. Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità (v., fra le altre, Cass. n. 19638 del 2015), la disciplina della ripetibilità muta a seconda della ragione che ha dato luogo all’indebito assistenziale (mancanza dei requisiti sanitari ovvero dei requisiti reddituali o, ancora, in via generale dei requisiti di legge) e le disposizioni sull’indebito assistenziale che fanno riferimento alla mancanza, in via generale, dei requisiti di legge (escludendosi, quindi, le norme che regolano espressamente la sorte dell’indebito per difetto del requisito sanitario o di quello reddituale) vanno individuate nel D.L. n. 850 del 1976, art. 3-ter, convertito in L. n. 29 del 1977, secondo cui “Gli organi preposti alla concessione dei benefici economici a favore… degli invalidi civili hanno facoltà, in ogni tempo, di accertare la sussistenza delle condizioni per il godimento dei benefici previsti, disponendo la eventuale revoca delle concessioni con effetto dal primo giorno del mese successivo alla data del relativo provvedimento”, nonchè nel D.L. n. 173 del 1988, art. 3, comma 9, convertito nella L. n. 291 del 1988, che recita: “Con decreto del Ministro del Tesoro sono stabiliti i criteri e le modalità per verificare la permanenza nel beneficiario del possesso dei requisiti prescritti per usufruire della pensione, assegno o indennità previsti dalle leggi indicate nel comma 1 e per disporne la revoca in caso di insussistenza di tali requisiti, con decreto dello stesso Ministro, senza ripetizione delle somme precedentemente corrisposte”.

7. Si tratta, dunque, di norme speciali rispetto all’art. 2033 c.c., che pertanto cede loro il passo (v. Cass. n. 19638 del 2015 cit. e successive conformi, fra le quali Cass. n. 17216 del 2017), che limitano la restituzione ai soli ratei indebitamente erogati a decorrere dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta, restando esclusa la ripetizione delle somme precedentemente corrisposte.

8. Pertanto, se nessuna disposizione prevede specificatamente quale sia il regime dell’indebito nel caso di mancanza del requisito della incollocazione al lavoro, trovano applicazione le disposizioni sull’indebito assistenziale che fanno riferimento alla mancanza in via generale dei requisiti di legge (escludendosi, quindi, le norme che regolano espressamente la sorte dell’indebito per difetto del requisito sanitario o di quello reddituale), previsioni legislative che, come detto, limitano la restituzione ai soli ratei indebitamente erogati a decorrere dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta, restando esclusa la ripetizione delle somme precedentemente corrisposte.

9. Si tratta di norme speciali rispetto all’art. 2033 c.c., che – pertanto – cede loro il passo.

10. Infine non rileva l’assunta mancanza di buona fede dell’accipiens, atteso che le disposizioni speciali sopra ricordate non ne prendono in considerazione l’atteggiamento soggettivo (che, peraltro, lo stesso art. 2033 c.c., considera al solo fine del regime degli interessi).

11. In conclusione, correttamente la Corte di merito, in difetto di un provvedimento amministrativo di revoca, ha ritenuto insussistente l’obbligo di restituzione affermato dall’ente previdenziale.

12. Nessun provvedimento sulle spese deve adottarsi per non avere la parte intimata svolto attività difensiva.

13. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2019

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