Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza Interlocutoria n.31442 del 02/12/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 12173-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO STUMPO, VINCENZO TRIOLO;

– ricorrente –

contro

E.L.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DANTE 12, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO TRANI, rappresentata e difesa dagli avvocati GIANPAOLO BESTETTI, GIORGIO BASALDELLA, NICOLA BUFANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 75/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 15/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO CARLA.

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 75 pubblicata il 15.2.2018 la Corte d’Appello di Milano, in accoglimento dell’appello di E.L.G. e in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato il diritto della predetta di ottenere dall’Inps, quale gestore del Fondo di Garanzia per la tutela contro l’insolvenza dei datori di lavoro, il pagamento della quota di TFR e delle ultime mensilità maturate in capo alla fallita società ***** s.r.l.;

2. la Corte territoriale ha dato atto che la lavoratrice, già dipendente della ***** s.r.l., era transitata dal 19 ottobre 2012, a seguito di affitto di azienda, alle dipendenze della s.r.l. Il Gamberetto di Saronno; il rapporto di lavoro con l’affittuaria era cessato in data 5 dicembre 2012 (per dimissioni della lavoratrice); la lavoratrice aveva insinuato al passivo del fallimento della ***** s.r.l. il credito per la quota di TFR e le ultime mensilità maturate prima del trasferimento ma l’Inps aveva respinto la domanda assumendo che in caso di insolvenza del cedente, in luogo del Fondo era obbligato il cessionario in bonis;

3. la Corte d’Appello di Milano ha richiamato i precedenti di legittimità (Cass. n. 19291 del 2011; n. 11479 del 2013) secondo cui “in caso di cessione d’azienda assoggettata al regime di cui all’art. 2112 c.c., posto il carattere retributivo e sinallagmatico del trattamento di fine rapporto che costituisce istituto di retribuzione differita, il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente, il cui rapporto sia proseguito con il datore di lavoro cessionario, per la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di lavoro svolto fino al trasferimento aziendale, mentre il datore cessionario è obbligato per la stessa quota solo in ragione del vincolo di solidarietà, e resta l’unico obbligato quanto alla quota maturata nel periodo successivo alla cessione”;

4. ha inoltre fatto proprio l’orientamento espresso da Cass. n. 24730 del 2015, in base al quale “La definitiva esecutività dello stato passivo, da cui risulti un credito (nella specie, il TFR e le ultime tre mensilità della retribuzione) in favore del dipendente dell’imprenditore dichiarato fallito, vincola, a prescindere dalla partecipazione alla procedura concorsuale, l’Inps al subentro nel debito del datore di lavoro insolvente, posto che la L. n. 297 del 1982, art. 2, ha la finalità di garantire i crediti insoddisfatti dei lavoratori e di evitare loro ulteriori e defatiganti accertamenti”;

5. ha quindi accolto l’appello in ragione del diritto di credito della lavoratrice nei confronti della cedente alla quota di TFR maturata fino al trasferimento, dell’ammissione al passivo di detto credito e della preclusione di qualsiasi eccezioni sul punto da parte dell’Inps;

6. avverso la sentenza l’Inps ha proposto ricorso per cassazione, articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese l’intimata con controricorso;

7. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione della adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

CHE:

8. con l’unico motivo di ricorso l’Inps ha denunciato violazione della L. 29 maggio 1982, n. 297, del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 80, art. 2, commi 1, 2, 4, 5, 7 e 8 dell’art. 1, commi 1 e 2, con riferimento all’art. 1203 c.c., nn. 3 e 5, e agli artt. 1298 e 2112 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3);

9. ha censurato la sentenza per aver dichiarato il diritto della lavoratrice di percepire dal Fondo di Garanzia la quota di TFR e le ultime mensilità maturate a carico della ***** s.r.l., a seguito del fallimento della stessa e della ammissione di detto credito al passivo della procedura concorsuale, senza tener conto della cessione di azienda, in epoca anteriore al fallimento, da parte della ***** in favore della società Il Gamberetto di Saronno s.r.l., presso cui la lavoratrice ha proseguito il rapporto di lavoro;

10. ha sostenuto come la tutela previdenziale del Fondo di garanzia debba intervenire allorchè, a causa dell’insolvenza di parte datoriale, il credito lavorativo non sia provvisto di tutela nell’ambito del rapporto col datore di lavoro; con la conseguenza che, ove nel rapporto di lavoro il dipendente possa rivolgersi ad un coobbligato in bonis del datore di lavoro insolvente, difetta un presupposto per l’insorgenza dell’obbligazione previdenziale, ossia il rischio per il lavoratore di non poter ottenere il pagamento del TFR e delle mensilità maturate;

11. l’Inps ha altresì chiesto a questa Corte di rivisitare il principio, espresso dalla sentenza n. 24730 del 2015, di vincolatività nei propri confronti dell’ammissione del credito allo stato passivo, facendo leva sulla autonomia dell’obbligazione previdenziale rispetto a quella di lavoro;

12. da ultimo ha dedotto che, in caso di pagamento della prestazione previdenziale, l’Ente non avrebbe diritto di rivalsa nei confronti del cessionario, per la autonomia della sua obbligazione rispetto a quella di lavoro e valendo la surroga ex lege solo nei confronti del datore di lavoro insolvente; il cessionario di azienda, invece, ai sensi degli artt. 1298 e 1299 c.c. e dell’art. 1203 c.c., n. 3, dopo il pagamento quale obbligato solidale, potrebbe surrogarsi nel diritto che il creditore originario (il lavoratore) aveva verso il debitore principale (il cedente);

13. deve anzitutto darsi atto dell’orientamento recentemente espresso da questa Corte (Cass. n. 19277 del 2018 e successive conformi), in difformità dalle sentenze n. 24730 del 2015 e n. 23258 del 2015, sulla facoltà dell’Inps di contestare la ricorrenza dei presupposti del diritto di credito lavoristico alla cui tutela è preposto il Fondo di Garanzia, anche in caso di ammissione al passivo della domanda del lavoratore;

14. sulla ulteriore questione dei presupposti per la tutela previdenziale del Fondo di garanzia, in ipotesi di cessione di azienda, occorre svolgere alcune considerazioni;

15. nella fattispecie oggetto di causa è pacifico che la lavoratrice, dipendente della ***** s.r.l. fino al 19.10.2012, abbia continuato a lavorare dopo tale data presso la cessionaria e ciò fino al 5.12.2012, data in cui il rapporto è cessato per dimissioni; successivamente a questa data sono intervenute la dichiarazione di fallimento della cedente ***** s.r.l. (17.5.2013) e l’ammissione del credito per la quota di TFR e per le ultime mensilità al passivo della procedura concorsuale; all’epoca della domanda di insinuazione al passivo della procedura concorsuale, la lavoratrice non era alle dipendenze nè della cedente nè della cessionaria;

16. questa Corte ha affermato (cfr. Cass. 19277 del 2018; n. 23047 del 2018; n. 23775 del 2018; n. 23776 del 2018), che “la L. n. 297 del 1982, art. 2 e il D.Lgs. n. 82 del 1990, art. 2, si riferiscono all’ipotesi in cui sia stato dichiarato insolvente ed ammesso alle procedure concorsuali il datore di lavoro che è tale al momento in cui la domanda di insinuazione al passivo viene proposta ed, inoltre, poichè il t.f.r. diventa esigibile solo al momento della cessazione del rapporto, il fatto che (erroneamente) il credito maturato per t.f.r. fino al momento della cessione d’azienda sia stato ammesso allo stato passivo nella procedura fallimentare del datore di lavoro cedente non può vincolare l’INPS, che è estraneo alla procedura e che perciò deve poter contestare il credito per t.f.r. sostenendo che esso non sia ancora esigibile, neppure in parte, e quindi non opera ancora la garanzia della L. n. 297 del 1982, art. 2. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto insindacabile, da parte dell’INPS, la spettanza del diritto alla prestazione del Fondo di cui al D.Lgs. 29 maggio 1982, n. 297, art. 2, benchè la domanda di insinuazione al passivo del fallimento del datore di lavoro fosse stata proposta dal lavoratore dopo che il primo aveva ceduto ad altri il ramo d’azienda cui il rapporto di lavoro afferiva)”;

17. l’ordinanza della sez. 6, n. 14348 del 2019 ha ribadito gli stessi principi, in relazione a fattispecie in cui il rapporto di lavoro presso la cessionaria era ancora in corso all’epoca in cui il lavoratore si insinuava al passivo della procedura concorsuale interessante la società cedente;

18. con la sentenza n. 26021 del 2018 questa Corte ha statuito che “L’intervento del Fondo di Garanzia istituito presso l’INPS per la corresponsione del t.f.r., nei casi di insolvenza del datore di lavoro fallito, non è subordinato alla previa escussione degli eventuali obbligati solidali che siano tenuti, anche solo “pro quota”, per il medesimo debito, prevedendo la L. n. 297 del 1982 l’accesso diretto alla prestazione previdenziale, salvo una breve dilazione temporale (quindici giorni) dal deposito dello stato passivo ovvero dalla sentenza che decide l’opposizione ad esso, e nessun ulteriore requisito (beneficio d’ordine, beneficio di escussione) che suffraghi la natura sussidiaria della copertura dovuta dal Fondo. (Nella specie, è stato escluso che la domanda all’INPS di corresponsione del t.f.r. fosse condizionata dal previo esperimento da parte del lavoratore, insinuatosi al passivo del fallimento del datore di lavoro per l’intero credito, delle azioni esecutive nei confronti della società affittuaria d’azienda alla quale era stato trasferito durante il rapporto e che lo aveva retrocesso alla curatela, rimanendo coobbligata “pro quota” ai sensi dell’art. 2112 c.c.);

19. la fattispecie oggetto di causa non appare riconducibile a nessuna di quelle esaminate nelle sentenze appena richiamate, in quanto caratterizzata dalla assenza di un rapporto di lavoro in corso, sia in capo alla cedente e sia in capo alla cessionaria, al momento della domanda di insinuazione al passivo; difatti la ***** s.r.l., società cedente, era insolvente ed ammessa alle procedure concorsuali, ma non era datrice di lavoro al momento della domanda di insinuazione al passivo; il rapporto di lavoro è cessato quando la lavoratrice era dipendente della società cessionaria, ma all’epoca non esisteva una condizione di insolvenza del cedente;

20. per le ragioni esposte, ritenuto che non sussistano i presupposti per la decisione in camera di consiglio, si rimette la presente controversia alla Quarta sezione per la trattazione in pubblica udienza.

P.Q.M.

La Corte rimette la causa alla Quarta sezione per la trattazione in pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472