Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.32743 del 12/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27927-2016 proposto da:

CONSORZIO BONIFICA SIBARI PIANA SIBARI E MEDIA VALLE CRATI, elettivamente domiciliato in ROMA C.SO VITTORIO EMANUELE II 287, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO IORIO, rappresentato e difeso dagli avvocati FRANCESCO FALCONE, GIUSEPPE FALCONE;

– ricorrente –

contro

B.R. in proprio e nq erede di B.S., elettivamente domiciliata in ROMA VIA TARVISIO 2, presso lo studio dell’avvocato PAOLO CANONACO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

CONSORZIO DI BONIFICA DEI BACINI SETTENTRIONALI, EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 743/2016 della COMM.TRIB.REG. di CATANZARO, depositata il 18/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2019 dal Consigliere Dott. PAOLA D’OVIDIO.

RILEVATO

CHE:

1. Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cosenza B.R., in proprio e n. q. di erede di B.C.S., impugnava una cartella emessa dal concessionario per la riscossione Equitalia Sud s.p.a. per conto del Consorzio di Bonifica della Piana di Sibari e Media Valle del Crati relativa a contributi consortili per gli anni 2005 e 2006, nonchè due avvisi emessi da Equitalia Sud per conto del Consorzio Bonifica Bacini settentrionali del cosentino, eccependo, tra l’altro, la violazione della L. n. 212 del 2002, art. 7, e la carenza di motivazione, nonchè la carenza del potere impositivo per mancanza di beneficio.

Entrambi i Consorzi si costituivano contestando il ricorso, di cui chiedevano il rigetto.

2. La Commissione tributaria provinciale adita, con sentenza n. 3903/09/14, rigettava il ricorso ritenendo insussistenti le dedotte violazioni e rilevando che i terreni in questione erano inseriti nel perimetro del comprensorio, sicchè i contributi erano dovuti a prescindere dal beneficio in base alla legge regione Calabria n. 11 del 2003, art. 23.

3. Avverso tale sentenza proponeva appello la contribuente, in proprio e nella qualità, la quale insisteva per la riforma della sentenza impugnata, in quanto nelle more era intervenuta la sentenza n. 2398/03/2014, depositata in data 11/12/2014, della stessa CTR di Catanzaro che aveva annullato l’avviso di pagamento sottostante alla cartella oggetto del presente giudizio; inoltre, riproponeva le motivazioni esposte in primo grado in ordine al difetto di motivazione degli atti impugnati ed alla carenza di potere impositivo per mancanza del beneficio ed evidenziava l’assenza di un piano di ripartizione della spesa.

4. La Commissione tributaria regionale di Catanzaro, con sentenza n. 743/01/16, depositata il 18/4/2016, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’appello rilevando che, ai fini dell’insorgenza dell’obbligo del consorziato di far fronte alle spese sostenute per le attività istituzionali dell’ente, di cui alla L.R. n. 11 del 2003, art. 23, comma 2, oggetto della cartella impugnata, non è sufficiente l’inserimento del terreno nel perimetro consortile, ma è altresì necessario che l’ammontare delle suddette spese risulti “dal piano annuale di riparto delle Jpese di cui al precedente comma 1, allegato al bilancio di previsione e contesti/al/nenie approvato”, adempimenti che non risultavano essere stati effettuati nel caso in esame.

5. Avverso tale sentenza il Consorzio di Bonifica della Piana di Sibari e della Media Valle del Crati ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste con controricorso la contribuente, in proprio e nella qualità di erede del signor B.S.C., la quale ha depositato anche memoria ex art. 378 c.p.c.

RITENUTO

CHE:

1. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di giudicato esterno sollevata dalla parte controricorrente evidenziando che sulla medesima questione oggetto del presente giudizio è intervenuta la sentenza n. 2398/03/2014, depositata in data 11/12/2014, della stessa CTR di Catanzaro che ha annullato gli avvisi di pagamento per i contributi consortili degli anni 2005-2006 (v. pagg. 5 e 6 del controricorso e le conclusioni formulate a p. 17); nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c., peraltro, la controricorrente ha ribadito l’eccezione di giudicato, ma richiamando (e riproducendone stralci nel corpo della memoria) altra e diversa sentenza della CTR di Catanzaro (la n. 819/4/2015, depositata il 26/5/2015), ancorchè nelle conclusioni della stessa memoria sia tornata ad invocare la preclusione del giudicato con riferimento alla sentenza n. 2398/03/2014.

Indipendentemente dalla non chiara individuazione della sentenza in concreto invocata quale giudicato esterno, stante la duplice indicazione contenuta nella memoria difensiva, deve comunque rilevarsi che l’eccezione non può essere accolta con riferimento a nessuna delle due sentenze citate, in quanto su entrambe il giudicato si è formato nel corso del giudizio di secondo grado relativo al presente giudizio, ma non è stato fatto valere in quella sede.

Infatti, la sentenza n. 2398/03/2014 è stata depositata l’11/12/2014, cd è pertanto passata in giudicato 11.1/6/2015, mentre la sentenza n. 819/4/2015 è stata depositata il 26/5/2015 ed è conseguentemente passata in giudicato il 27/12/2015, trovando in ambedue i casi applicazione l’art. 327 c.p.c., come modificato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 17, che ha abbreviato da un anno a sei mesi il termine cd. lungo di proposizione delle impugnazioni di cui all’art. 327 c.p.c.., e dovendo tenersi conto (quanto alla sentenza n. 819/4/2015) della sospensione feriale di trentuno giorni, ai sensi della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, comma 1, nel testo modificato dal D.L. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1, conv., con modif. in L. n. 162 del 2014, applicabile ratione temporis).

Dunque, sia con riferimento alla sentenza n. 2398/03/2014 che alla sentenza n. 819/4/2015 il giudicato si è formato (rispettivamente in data 11/6/2015 ed in data 27/12/2015) dopo la proposizione dell’appello, ma prima della conclusione del relativo giudizio, definito con la sentenza n. 743/16, pronunciata il 13/4/2016 e pubblicata il 18/4/2016, oggetto di impugnazione in questa sede.

Ne deriva che tale giudicato non può essere preso in esame nel presente giudizio, in applicazione del consolidato principio enunciato da questa Corte secondo il quale, nel giudizio di legittimità, è opponibile il giudicato esterno solo con riferimento alla decisione divenuta definitiva dopo la scadenza del termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado d’appello (Cass., sez. 3, 31/05/2019, n. 14883, Rv. 654285 – 01).

Ciò in quanto l’esistenza del giudicato esterno intervenuto nelle more del giudizio di merito, senza tempestiva deduzione in quella sede, non è rilevabile d’ufficio nel successivo giudizio di cassazione (Cass., sez. 5, 19/10/2016, n. 21170, Rv. 641470 – 01; v. anche Cass., sez. 6-5, 17/12/2015, n. 25401, Rv. 638205 – 01) e neppure è ammissibile, in tale sede, la produzione del documento che lo attesta ad opera della parte che ne invochi l’efficacia, trovando una tale produzione ostacolo nel disposto di cui all’art. 372 c.p.c., la cui operatività è esclusa nel solo caso in cui si tratti di giudicato formatosi successivamente alla sentenza impugnata (Cass., sez. 2, 22/01/2018, n. 1534, Rv. 647079 – 01).

V opportuno altresì precisare che nel caso in esame la contribuente aveva dedotto nell’atto di appello che, nelle more, era intervenuta la sentenza n. 2398/03/2014 della CTR di Catanzaro, ma non aveva tuttavia invocato gli effetti del relativo giudicato esterno, nè avrebbe potuto farlo, atteso che alla data del deposito dell’appello (16/2/2015) tale giudicato non si era ancora formato (infatti, come sopra evidenziato, non risultando allegata la notifica della sentenza n. 2398/03/2014, la stessa deve ritenersi passata in cosa giudicata nel termine cd. lungo di impugnazione, e dunque in data 11/6/2015). L’eccezione di giudicato non risulta essere stata proposta dinanzi alla CFR neppure successivamente alla formazione di tale giudicato, pur intervenuta prima della definizione del giudizio di secondo grado.

Per i suesposti motivi l’eccezione in discorso non può trovare accoglimento in questa sede.

2. Con il primo motivo di ricorso è prospettata “violaione di legge processuale, nullità del procedimento e della sentenza (art. 112 cp.c. in rela.zione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) poichè la CTR ha rigettato l’appello sulla base di questioni ed ecce.zioni sicuramente non rilevabili d’ufficio e comunque non introdotte ritualmente nel processo di primo grado. Violazione delle regole del giusto processo”.

Il ricorrente lamenta che la CTR ha accolto l’appello avverso la sentenza di primo grado – che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente – osservando che l’ammontare dei contributi in questione non era stato determinato secondo le modalità previste dalla L.R. 23 luglio 2003, n. 11, art. 23, in tal modo violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, atteso che l’entità della pretesa non era stata oggetto di alcuna specifica censura nel ricorso introduttivo.

3. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la “violaione el o falsa applicazione di legge (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, comma 1, lett. a, delibera n. 177 del 28/10/2009 del Commissario Straordinario del Consorio di bonifica quale atto generale che ha disposto l’applicazione delle tariffe da applicare per gli anni 2005 e 2006, 3, 4 e 5 L. n. 2248 del 1865, all. E, in relazione all’art. 360, c.p.c., comma 1, n. 3) consistita nella disapplicazione da parte della CTR di atti amministrativi generali senta alcuna denuncia di illegittimità da parte del privato”.

4. Il primo motivo è fondato.

Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione della contribuente di inammissibilità del motivo per difetto di specificità e manifesta infondatezza.

Invero la censura in esame è chiaramente volta a lamentare la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la CFR pronunciato su una domanda asseritamente non proposta, ossia sull’applicabilità dell’art. 23 della legge regionale Calabria, ed in particolare con riferimento alla entità della pretesa, in quanto non determinata secondo le modalità previste dall’art. 23 cit.. Siffatta doglianza è stata correttamente sussunta nel vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, trattandosi di pretesa violazione di norme processuali, ed è stata adeguatamente articolata con l’indicazione e l’allegazione del ricorso introduttivo del giudizio (v. doc. n. 4 allegato al ricorso), così consentendo alla Corte di verificare contenuto e limiti della domanda azionata (cfr. Cass. sez. L, 04/04/2014, n. 8008, Rv. 630095 – 01).

Nel merito, si osserva che la sentenza impugnata ha affermato che “ai lini dell’insorgenza dell’obbligo del consoqiato di farfronte alle spese sostenute per le attività istituzionali dell’ente, di cui all’art. 23 cit., comma 2, indipendentemente dal beneficio jo. ndiario ricavato, non basta l’inserimento del terreno nel perimetro consortile, ma è altresì necessario che l’ammontare delle suddette Jpese risulti dal “piano annuale di riparto delle spese di cui al precedente comma 1, allegato al bilancio di previsione e contestualmente approvato””, ed ha pertanto riformato la sentenza di primo grado, con conseguente accoglimento del ricorso introduttivo, osservando che nella specie l’ammontare del contributo non risultava approvato con le citate modalità, e quindi secondo le previsioni della legge, da interpretare in coerenza ai principi desumibili dagli artt. 23,53 e 117 Cost., dai quali si evince che “la pretesa contributiva del consorzio, ancor quando afferente spese istitu.zionali, debba pur sempre essere determinata secondo adeguati criteri di progressività, tenendo conto dei parametri in detta fase disponibili, avendo riguardo alla consistena degli immobili ed ai concreti benefici, anche lì duri, che è ragionevole prevedere che gli stessi trarranno dall’attività programmata”.

Così statuendo la CFR è effettivamente incorsa nel denunciato vizio di ultrapetizione, in quanto i giudici d’appello, a fronte di una domanda introduttiva con la quale si contestava l’assenza del potere impositivo per difetto del beneficio, hanno rilevato l’insussistenza di tale potere in riferimento a quello che secondo loro doveva nella specie considerarsi il (diverso e non contestato) presupposto d’imposta, cioè che le spese sostenute per fini istituzionali del consorzio, da ripartire attraverso i contributi tra tutti i consorziati, dovessero risultare dal piano annuale di riparto. Tale rilievo, tuttavia, in assenza di specifica deduzione sul punto, non poteva essere effettuato d’ufficio dalla CTR, atteso che la questione dell’esistenza o meno del piano annuale di riparto non può ritenersi compresa nella contestazione della debenza del contributo per difetto di beneficio, attenendo quest’ultima solo ad uno degli aspetti fondanti l’an della pretesa, la cui sussistenza ben poteva essere contestata anche indipendentemente dal eantum, qualora quest’ultimo fosse stato comunque concretamente ripartito secondo criteri in astratto non ritenuti censurabili dalla contribuente.

La CTR, dunque, ha posto a fondamento della decisione un fatto (inesistenza del piano annuale di riparto delle spese di cui alla L.R. Calabria n. 11 del 2003, art. 23, comma 1, allegato al bilancio di previsione e contestualmente approvato) estraneo alla materia del contendere, così introducendo nel processo un titolo (“causa petendi”) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda (assenza di beneficio), in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., che si sostanzia nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso.

Il primo motivo va pertanto accolto, restando così assorbito il secondo motivo, essendo quest’ultimo consequenziale rispetto alla pronuncia relativa al presupposto impositivo della esistenza di un piano di riparto.

5. In conclusione, l’impugnata sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata per un nuovo esame alla CTR di Catanzaro, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Il giudice del rinvio dovrà infatti riesaminare il ricorso introduttivo alla luce della contestazione formulata in primo grado, relativa alla carenza di potere impositivo per assenza del beneficio, tenendo peraltro conto che la L.R. Calabria n. 11 del 2003, art. 23 (già sostituita dalla L.R. Calabria n. 13 del 2017, art. 1, comma 1, ma in vigore al tempo della notifica degli atti impugnati), è stata oggetto, in pendenza del giudizio di legittimità, di declaratoria d’illegittimità costituzionale da parte di Corte Cost. 19 ottobre 2018, n. 188, pronuncia che trova immediata applicazione nel rapporto pendente tra le parti. In particolare, il Giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L.R. Calabria n. 11 del 2003 cit., art. 23, comma 1. lett. a), nel testo che sarebbe stato applicabile, ratione temporis, alla presente controversia, nella parte in cui prevede che il contributo consortile di bonifica, quanto alle spese afferenti al conseguimento dei fini istituzionali dei Consorzi, è dovuto “indipendentemente dal beneficio lò ‘diario” invece che “in presenza del beneficio”. In tal modo la Corte costituzionale, nel ritenere fondata la questione di legittimità proposta per contrasto della succitata disposizione di legge regionale con l’art. 119 Cost., ribadendo la natura tributaria dell’obbligazione di pagamento dei contributi consortili, ha affermato che essa non possa prescindere dalla sussistenza del beneficio derivante agli immobili compresi nel perimetro di contribuenza, beneficio consistente non solo nella fruizione, ma anche nella fruibilità, comunque concreta e non già meramente astratta, dell’attività di bonifica, che, in ragione del miglioramento che deriva all’immobile del consorziato, assicura la capacità contributiva che giustifica l’imposizione in relazione all’art. 53 Cost.

PQM

La Corte:

– accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa dinanzi alla CTR di Catanzaro, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, dalla 5 sezione civile della Corte di cassazione, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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