LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23611-2014 proposto AZIENDA SANITARIA LOCALE DI BRINDISI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 127, presso lo studio dell’avvocato DANIELA CIARDO, rappresentata e difesa dall’avvocato IMMACOLATA ELIA;
– ricorrente –
contro
C.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1840/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 08/07/2014 R.G.N. 1442/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/09/2019 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato IMMACOLATA ELIA.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’Appello di Lecce, con la sentenza n. 1840 del 2014, accoglieva l’impugnazione proposta da C.G. nei confronti della ASL di Brindisi, avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Brindisi e per l’effetto dichiarava il diritto del C. alla corresponsione in proprio favore delle differenze retributive per l’attività, relativa all’incarico di Direttore della struttura complessa del servizio veterinario, svolta dall’ottobre 2002 al 31 luglio 2009, oltre interessi legali e rivalutazione dal maturato al saldo.
2. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre l’ASL di Brindisi prospettando un motivo di ricorso.
3. Il lavoratore è rimasto intimato.
4. In prossimità dell’udienza pubblica la ASL ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va premesso che al Dott. C., già veterinario dirigente della ASL di Brindisi, con decorrenza dal 1 ottobre 2001 e sino alla data del pensionamento intervenuto il 31 luglio 2009, veniva attribuito l’incarico di sostituire il direttore della struttura complessa Area B, in virtù di apposita Delib. direttore generale n. 1762 del 2001.
La sostituzione si era proprogata sino alla data di collocamento a riposo del ricorrente.
1.2. La Corte d’Appello ha affermato che la fattispecie non andava ricondotta nè all’art. 18, nè all’art. 19 del suddetto CCNL, e neanche al D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ma doveva essere riferita all’art. 27 del medesimo CCNL, che tratta “tipologie di incarico”, tra cui l’incarico di direzione di struttura complessa.
Nella specie si era verificata una vera e propria reggenza per vacanza del posto, protratta per più anni e, pertanto, doveva riconoscersi al lavoratore il diritto alle differenze retributive sussistendone i requisisti: nomina formale fatta dal dirigente, vacanza del posto, esercizio effettivo delle mansioni superiori, durata dell’incarico ultrasettenale.
2. Tanto premesso, può passarsi ad esaminare il motivo di ricorso.
3. L’ASL deduce la violazione e falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
La ricorrente premette che viene in esame un rapporto dirigenziale pubblico in campo sanitario, in relazione al quale trova applicazione il D.Lgs. n. n. 502 del 1992, art. 15-ter che al comma 1 afferma che la dirigenza sanitaria è collocata in un ruolo unico, distinto per profili professionali ed in un unico livello, articolato in ragione delle diverse responsabilità professionali e gestionali.
L’art. 15-ter, comma 5, sancisce, quindi, che il dirigente preposto ad una struttura complessa è sostituito in caso di sua assenza da altro dirigente della struttura o del dipartimento, e che non trova applicazione l’art. 2103 c.c.
L’incarico di sostituzione oggetto della controversia, come risultava dalle delibere di conferimento, andava riferito all’art. 18, comma 7 del CCNL Comparto sanità del 2000, che disciplina le ipotesi di sostituzione del direttore di dipartimento o dirigente con incarico di struttura complessa.
Nelle delibere, inoltre, si richiamava il CCNI del persona e area dirigenza medica del 20 marzo 2002.
Ai sensi dell’art. 18, comma 7, del CCNL 2000 le sostituzioni previste non integrano mansioni superiori, ma è stabilita la corresponsione, dopo i primi due mesi, di un’indennità mensile.
Il protrarsi della sostituzione non aveva dato luogo alla riconducibilità della nomina all’art. 27 del CCNL, quanto al conferimneto di incarico di struttura complessa.
3.1. Il motivo è fondato e va accolto.
Va precisato che l’art. 27, richiamato dalla Corte d’Appello, si limita a offrire una mera elencazione della tipologia di incarichi conferibili ai dirigenti medici e veterinari, tra cui quello di direzione di struttura complessa, ma non disciplina l’istituto della sostituzione.
La materia delle sostituzioni è stata espressamente disciplinata dalle parti collettive che, all’art. 18, comma 7, del CCNL 8.6.2000, hanno innanzitutto ribadito, in linea con la previsione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15-ter, comma 5, che “le sostituzioni….non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria”.
Hanno, quindi, previsto una speciale indennità, da corrispondersi solo in caso di sostituzioni protrattesi oltre sessanta giorni, rapportata al livello di complessità della struttura diretta.
Il comma 4 della disposizione contrattuale prevede che, qualora la necessità della sostituzione sorga in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro del dirigente interessato, e, quindi, della vacanza della funzione dirigenziale, la stessa è consentita per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure concorsuali e può avere la durata di mesi sei, prorogabili a dodici.
E’ però significativo, come già osservato da Cass., n. 28030 del 2018, che le parti collettive non abbiano fatto cenno alle conseguenze che, sul piano economico, possono derivare dall’omesso rispetto del termine e l’omissione non può essere ritenuta casuale, atteso che la norma contrattuale ha tenuto ad affermare, come principio di carattere generale, che la sostituzione non implica l’espletamento di mansioni superiori.
Il termine di cui al comma 4, quindi, svolge senz’altro una funzione sollecitatoria ma il suo mancato rispetto non può legittimare la rivendicazione dell’intero trattamento economico spettante al dirigente sostituito, impedita proprio dall’incipit del comma 7, che, operando unitamente al principio della onnicomprensività al quale si è già fatto cenno, esclude qualsiasi titolo sul quale la pretesa possa essere fondata.
Dunque la previsione contrattuale esclude per la dirigenza sanitaria l’applicazione della disciplina delle mansioni superiori, così come la disciplina legale.
3.2. Questa Corte ha ritenuto l’art. 2103 c.c. non applicabile ai dirigenti, come stabilito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 e in precedenza dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19 come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 13.
Ciò, in ragione delle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato (Cass., n. 4621 del 2017, n. 19442 del 2018).
3.3. Con riguardo alla dirigenza sanitaria, la giuridica impossibilità di applicare la disciplina dettata dall’art. 2103 c.c. è ribadita dal citato D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15-ter inserito dal D.Lgs. n. 229 del 1999, nonchè dall’art. 28, comma 6, del CCNL 8.6.2000, secondo cui “nel conferimento negli incarichi e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse le aziende tengono conto… che data l’equivalenza delle mansioni dirigenziali non si applica l’art. 2103 c.c., comma 1”.
In ragione di tali principi, questa Corte, con corrispondenza consolidata alla quale si intende dare continuità, ha affermato che la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 del CCNL dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000 non si configura come svolgimento di mansioni superiori poichè avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicchè non trova applicazione l’art. 2103 c.c., e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost. (Cass. nn. 16299 del 2015, n. 584 del 2016, n. 9879 del 2017, citata Cass. n. 28030 del 2018).
4. La Corte d’Appello di Lecce non ha fatto corretta applicazione di tali principi, pertanto la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019