LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PERRINO Angel – Maria –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22168/2011 R.G. proposto da:
D.P.L. rappresentata e difesa giusta procura speciale in atti dall’avv. Francesco Codini ed elettivamente domiciliate nel presente giudizio presso lo studio del procuratore in Roma, Via Cortina d’Ampezzo n. 160;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 275/10/10 depositata il 20/12/2010, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 10/12/2018 dal consigliere Roberto Succio;
RILEVATO
che:
– con la sentenza impugnata la CTR del Lazio, confermando la pronuncia di primo grado, rigettava il ricorso della contribuente sig. d.P. avverso l’avviso di accertamento e irrogazione sanzioni per IVA 1997;
– ricorre a questa Corte la contribuente con atto affidato a tre motivi; resiste l’Erario con controricorso;
– con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per omessa pronuncia, ex art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver il secondo giudice pronunciato in ordine alla questione relativa alla tempestività del ricorso avverso l’atto impugnato;
– con il secondo motivo di ricorso si denuncia vizio motivazionale per avere la CTR omesso di motivare su un punto decisivo per il giudizio, consistente nella esistenza di società di fatto tra la ricorrente e il sig. P.I.;
– il terzo motivo di ricorso censura la gravata sentenza per violazione dell’art. 2697 c.c. per avere erroneamente la CTR applicato i principi in tema di riparto dell’onere probatorio, individuando la sussistenza della società di fatto di cui si è detto in forza della prestazione di una garanzia concessa dalla sig. D.P. al sig. P.;
– fissata l’adunanza camerale, all’esito della stessa con ordinanza resa all’udienza del 3 luglio 2018 questa Corte disponeva l’acquisizione dei fascicoli dei gradi di merito, onde verificare la contestazione in ordine alla sussistenza o meno della società di fatto come sussistente tra la controricorrente e il sig. P.I., al fine di valutare l’esistenza o meno di un litisconsorzio necessario tra tali soggetti;
CONSIDERATO
che:
– all’esito di quanto sopra osserva preliminarmente la Corte che il presente giudizio risulta essere incardinato, sin dal suo primo grado di giudizio, tra la sola odierna ricorrente sig. D.P., quale contribuente, e l’Agenzia delle Entrate, senza che, dunque, allo stesso abbia quindi preso parte il sig. P. ridetto che, secondo la ricostruzione dei fatti operata dall’Ufficio con l’atto impositivo impugnato, avrebbe rivestito la qualità di socio della società di fatto, nè la società di fatto derivante dall’esistenza prospettata del vincolo associativo non formalizzato;
– è principio consolidato quello per cui l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (cfr., per tutte, Cass., sez. un., 2008, n. 14815). Siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario;
– discende quindi che il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29), ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (cfr., altresì, da ultimo, Cass., ord., 28 febbraio 2018, n. 4580; Cass., ord., 22 gennaio 2018, n. 1472);
– il litisconsorzio necessario sussiste infatti anche quando, come nel caso in esame, la controversia verte sulla configurabilità o meno di una società di fatto, venendo in rilievo non solo nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, ma anche in tutti i casi in cui, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti questi soggetti (cfr. Cass. 25 giugno 2014, n. 14387);
– conclusivamente, va dichiarata nella specie la nullità dell’intero giudizio di merito, con cassazione dell’impugnata sentenza e rimessione delle parti avanti al giudice di primo grado, che dovrà disporre l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, procedere a nuovo esame dell’impugnazione originaria;
– è opportuno, anche in considerazione del consolidamento del richiamato orientamento giurisprudenziale solo successivamente all’introduzione del ricorso originario, disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio;
PQM
dichiara la nullità dell’intero giudizio; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria provinciale di Roma, in diversa composizione che provvederà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.
Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2019