Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.7250 del 14/03/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18357-2017 proposto da:

ASCIT SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA DELL’EMPORIO 16/A, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA BALDACCI, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

P. & B. SNC;

– intimati –

avverso la sentenza n. 64/2017 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE, depositata il 13/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/02/2019 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEDICINI ETTORE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per ricorrente l’Avvocato GUIZZI per delega dell’Avvocato BALDACCI che ha chiesto l’accoglimento.

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE p. 1. Ascit Servizi Ambientali spa – società di gestione dei rifiuti urbani per conto del Comune di Capannori (LU) – propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 64/17 del 13 gennaio 2017, con la quale la commissione tributaria regionale della Toscana, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimi gli avvisi di accertamento TARSU/TIA 2006-2009 notificati alla P. & B. snc, in relazione allo stabilimento di lavorazione del legno da quest’ultima detenuto.

La commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora rileva, ha osservato che: – la società contribuente aveva dimostrato di smaltire i propri rifiuti speciali assimilati (scarti di legno) tramite ditte terze specializzate, anche in considerazione del fatto che Ascit non disponeva di mezzi idonei allo scopo; – Ascit, per contro, non aveva provato che la società producesse anche rifiuti urbani diversi da quelli speciali, salvo che per le “superfici aziendali destinate ad uffici, bagni, spogliatoi e disimpegni”. Nessuna attività difensiva è stata posta in essere, in questa sede, dalla società intimata. La società ricorrente ha depositato memoria.

p. 2.1 Con l’unico motivo di ricorso Ascit lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, artt. 21, 49, (decreto Ronchi), nonchè art. 2697 c.c., e Reg. Tia del Comune di Capannori, art. 22, approvato con Delib. consiliare 28 aprile 2006, n. 15, (e successive modifiche). Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto provato dalla società il diritto alla riduzione della tariffa variabile del tributo, nonostante che si trattasse di rifiuti assimilati agli urbani (Delib. di assimilazione n. 28 del 2004), e che la società avesse offerto la prova dello smaltimento in proprio mediante una autocertificazione con allegati modelli di verifica (c.d. MUD ex L. n. 70 del 1994) in realtà relativi ad annualità precedenti (2001/2003), così come da Ascit eccepito fin dal primo grado di giudizio.

p. 2.2 Il motivo non può trovare accoglimento.

Si tratta infatti di una censura di natura esclusivamente normativa, là dove non risulta che la commissione tributaria regionale abbia violato la regola generale sul riparto dell’onere della prova (da essa posta correttamente a carico della società contribuente), nè la disciplina speciale secondo cui la prova – così ravvisata – dello smaltimento in proprio di rifiuti speciali assimilati agli urbani determina il diritto del contribuente ad ottenere una riduzione tariffaria (D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21).

E’, anzi, proprio nel fare applicazione di tale disciplina che la CTR è giunta ad affermare la illegittimità degli avvisi di accertamento opposti che di tale riduzione tariffaria non tenevano conto.

Altro è a dire che il giudice di appello si sarebbe erroneamente basato, nella formazione di tale convincimento, su documenti non pertinenti e, pertanto, probatoriamente inidonei.

E’ infatti evidente che tale profilo, concernente un’attività di valutazione probatoria delle risultanze istruttorie di per sè riservata al giudice di merito, doveva al più essere adeguatamente censurato alla luce della “nuova” disciplina dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; vale a dire, in termini di “omesso esame” di un fatto decisivo di causa (ma pur sempre nei rigorosi limiti tracciati da Cass. Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, ed innumerevoli altre). Fatto decisivo qui costituito appunto dallo smaltimento in proprio dei rifiuti speciali assimilati, vale a dire da un elemento della fattispecie concreta che il giudice di merito, lungi dall’omettere, ha invece comunque esaminato e ritenuto dimostrato, sebbene sulla base di documenti concernenti l’analoga attività di smaltimento in proprio svolta dalla società nelle annualità precedenti a quelle dedotte in giudizio, nonchè della ritenuta inidoneità del servizio comunale alla gestione specifica.

Così come posta nell’unico motivo di ricorso, pertanto, la censura appare mal indirizzata.

Nulla si provvede sulle spese, stante la mancata partecipazione al giudizio della società intimata.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 8 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2019

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