LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20468-2017 proposto da:
LE MUSE COSTRUZIONI SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del rappresentante legale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato BONAVIRI VINCENZA;
– ricorrente –
contro
ALBA LEASING SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 157, presso lo studio dell’avvocato DE CRESCENZO ENRICO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2462/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 05/06/2017; /111 udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/10/2018 dal Consigliere Dott. POSITANO GABRIELE.
RILEVATO
Che:
con atto di citazione notificato il 22 ottobre 2012, Alba Leasing S.p.A. evocava in giudizio Le Muse costruzioni S.r.l. per ottenere la restituzione di un immobile oggetto di contratto di locazione finanziaria, previo accertamento dell’intervenuta risoluzione di diritto di tale negozio. Si costituiva Le Muse Costruzioni chiedendo il rigetto della domanda e spiegando domanda riconvenzionale per la condanna della società attrice al pagamento dell’importo di Euro 1.850.000, oltre interessi e rivalutazione per mancato guadagno, derivante dall’omessa esecuzione del contratto preliminare di vendita sottoscritto con una terza società, la Transpead S.p.A. In subordine richiedeva la restituzione delle rate corrisposte, attesa la natura di leasing traslativo del contratto. In via ulteriormente gradata, insisteva per la condanna al pagamento della differenza tra le somme dovute;
il Tribunale di Milano con sentenza del 5 gennaio 2015 accertava la risoluzione del contratto di leasing e condannava Le Muse Costruzioni S.r.l. a rilasciare in favore di Alba Leasing S.p.A. l’immobile in oggetto, rigettando le domande riconvenzionali;
avverso tale decisione proponeva appello Le Muse Costruzioni S.r.l. insistendo nell’accoglimento delle richieste istruttorie e di merito. Si costituiva Alba Leasing S.p.A. eccependo l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 342 c.p.c.e, nel merito, insisteva per il rigetto del gravame, proponendo appello incidentale subordinato ed insistendo per l’inapplicabilità dell’art. 1526 c.c. al contratto di leasing finanziario;
la Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 5 giugno 2017, rigettata l’eccezione ex art. 342 c.p.c. e riteneva infondate le doglianze dell’appellante in quanto, come rilevato correttamente dal Tribunale, la pendenza di trattative con il debitore non poteva legittimare il protrarsi del suo inadempimento e non avrebbe potuto impedire al creditore di avvalersi dei rimedi previsti per la risoluzione del contratto. Conseguentemente, in assenza di responsabilità addebitabile alla concedente in ordine al fallimento di un preliminare di compravendita, rispetto al quale il promissario venditore (Le Muse) non aveva acquistato alcun diritto di disporre del bene, risultava corretto il mancato accoglimento della domanda riconvenzionale. Infine, secondo la Corte a causa della mancata restituzione del bene concesso in leasing, appariva inconferente la valutazione dell’applicabilità dell’art. 1526 c.c. al contratto in oggetto, poichè la disposizione presuppone che il concedente mantenga la proprietà del bene. Questo, al contrario, è stato restituito tardivamente con conseguente rigetto del motivo di gravame teso ad ottenere una decurtazione delle somme già pagate;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Le Muse Costruzioni S.r.l. affidandosi a due motivi, che illustra con memoria ex art. 380-bis c.p.c e resiste con controricorso Alba Leasing S.p.A. che illustra con memoria.
CONSIDERATO
Che:
la motivazione viene redatta in forma semplificata in adempimento di quanto previsto dal decreto n. 136-2016 del Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione, non avendo il presente provvedimento alcun valore nomofilattico;
con il primo motivo si deduce la falsa applicazione dell’art. 1526 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. La Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere che, nel caso di risoluzione del contratto per inadempimento del compratore, l’art. 1526 c.c.preveda la restituzione del bene, quale condizione della domanda di restituzione delle rate corrisposte al venditore. Al contrario, secondo la ricorrente, il concedente potrà richiedere un equo compenso per l’utilizzo del bene, che svolge la diversa funzione di ristoro per il mancato godimento dello stesso. Pertanto, la restituzione dell’immobile avvenuta nelle more del giudizio di appello avrebbe potuto incidere sulla richiesta di equo indennizzo, ma non anche su quella di restituzione delle rate pagate dall’odierna ricorrente;
con il secondo motivo si deduce che la decisione del giudice di primo grado sarebbe errata nella parte in cui si afferma che l’art. 1526 c.c. consente la restituzione delle rate corrisposte, solo nel caso di restituzione dell’immobile, in quanto solo con tale restituzione viene ristabilito l’equilibrio contrattuale;
le due doglianze possono essere trattate congiuntamente poichè strettamente connesse;
i motivi sono inammissibili ex art. 100 c.p.c. Riguardo alla applicabilità dell’art. 1526 c.c. la Corte territoriale adotta tre autonome motivazioni;
con la prima argomentazione la Corte territoriale ha richiamato l’orientamento di merito secondo cui la prova della consegna del bene intervenuta dopo l’inizio del giudizio di appello riguarderebbe attività processuali tardivamente dedotte. In secondo luogo, la mancata riallocazione del bene oggetto di leasing non consentirebbe di valutare l’ammontare del ricavato della eventuale vendita e, conseguentemente determinare il risarcimento e ciò escluderebbe l’applicabilità dell’art. 1526 c.c. Infine, non avendo Alba Leasing richiesto i canoni scaduti e l’indennizzo, non ricorrerebbero i presupposti dell’indebito arricchimento;
la ricorrente censura solo la seconda argomentazione (la mancata riallocazione del bene escluderebbe l’applicazione della norma, difettando il presupposto per la quantificazione del risarcimento). La ricorrente non attacca l’affermazione secondo cui la restituzione è tardiva, in quanto avvenuta oltre la proposizione dell’appello (seconda argomentazione a pag. 8 della sentenza) e quella che esclude in radice l’indebito arricchimento (terza argomentazione, a pagina 10). Pertanto il ricorso è inammissibile per difetto di interesse ai sensi dell’art. 100 c.p.c.;
in ogni caso, la decisione impugnata ha fatto corretta applicazione del principio giurisprudenziale secondo cui la restituzione delle rate riscosse è connessa a quella del bene al concedente, valorizzando la centralità dell’obbligo di (previa) restituzione della cosa, ai fini dell’equilibrio contrattuale (Cass. 20.9.2017 n. 21895). In particolare, “l’obbligo di restituzione della cosa è da ritenere fondamentale nell’equilibrio del contratto, perchè in tal modo da un lato il concedente, rientrato nel possesso del bene, potrà trarne ulteriori utilità nel prosieguo; dall’altro, solo dopo che la restituzione è avvenuta è possibile determinare l’equo compenso a lui spettante per il godimento garantito all’utilizzatore nel periodo di durata del contratto, salva la prova del danno ulteriore”;
ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 1 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 6.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta, Sezione Civile – 3, il 25 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2019
Codice Civile > Articolo 1526 - Risoluzione del contratto | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 3 - (Omissis) | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 100 - Interesse ad agire | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 342 - Forma dell'appello | Codice Procedura Civile