LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22397-2017 proposto da:
R.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 53, presso lo studio dell’avvocato ALLEGRA ROBERTO, rappresentata e difesa dall’avvocato BORRI GUGLIELMO;
– ricorrente –
contro
B.M., B.D., nella qualità di eredi di P.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 67/D, presso lo studio dell’avvocato D’ANDREA ANNUNZIATA, rappresentati e difesi dall’avvocato BRILLI CORRADO;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1487/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 26/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/10/2018 dal Consigliere Dott. POSITANO GABRIELE.
RILEVATO
Che:
con atto di citazione notificato il 15 ottobre 2012, R.L. impugnava davanti alla Corte d’Appello di Firenze, la sentenza emessa dal Tribunale di Arezzo, il 10 luglio 2012, con la quale era stata accolta la domanda di P.R. di pagamento dell’importo corrispondente al valore del gioielli che la R. aveva preso presso il negozio della P., nel giugno del 2012. Le censure riguardavano la quantificazione della somma, determinata in euro 6610 per difetto di prova, per errata applicazione del principio di non contestazione e delle risultanze della consulenza tecnica;
si costituivano gli eredi di P.R. chiedendo il rigetto e la condanna dell’appellante per lite temeraria;
la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 26 giugno 2017 riteneva utilizzabili nel processo civile le prove atipiche costituite dalle deposizioni e dagli atti del processo penale, attesa la difficoltà di attribuire un valore ai monili a causa della condotta processuale della parte che non aveva messo a disposizione del consulente gli oggetti effettivamente trattenuti indebitamente. Sotto altro profilo la R. aveva assunto una posizione processuale incompatibile con la volontà di contestare specificamente il valore dei gioielli. Sulla base di tali elementi rigettava l’appello, con condanna al pagamento delle spese di lite;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione R.L. affidandosi a un unico motivo. Resistono in giudizio B.M. e B.D., quali eredi di P.R..
CONSIDERATO
Che:
la motivazione viene redatta in forma semplificata in adempimento di quanto previsto dal decreto n. 136-2016 del Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione, non avendo il presente provvedimento alcun valore nomofilattico;
con l’unico articolato motivo si deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Il giudice di secondo grado avrebbe valutato erroneamente le risultanze processuali. In primo luogo, facendo riferimento alle prove atipiche acquisite nel procedimento penale, non avrebbe considerato la scarsa attendibilità della dichiarante D.R., la quale aveva interesse ad addebitare ogni responsabilità all’odierna ricorrente. Proprio in considerazione di tali labili elementi probatori, il Tribunale avrebbe fatto riferimento al principio di non contestazione, rilevando che l’odierna ricorrente non avrebbe contestato specificamente e puntualmente la domanda dell’attrice. La decisione sarebbe censurabile poichè applica l’art. 115 c.p.c. ad un giudizio instaurato prima della codificazione del principio di non contestazione. In secondo luogo, sarebbe errata l’affermazione secondo cui la ricorrente non avrebbe contestato espressamente le allegazioni di controparte. Tale contestazione, al contrario, si rinviene secondo la R. – nella richiesta di ammissione di consulenza la quale, evidentemente, è stata disposta dal giudice poichè è stato escluso che non vi fosse stata non contestazione. In ogni caso, rileva la parte ricorrente, se pure è vero che la giurisprudenza di legittimità aveva cristallizzato il principio di non contestazione prima della riforma del 2009, gli effetti di tale principio vengono vanificati nel caso di contestazione che riguardi l’an della pretesa. Nel caso di specie non vi sarebbe la prova della consegna dei monili alla ricorrente;
sotto altro profilo la decisione sarebbe censurabile per il richiamo alle prove atipiche del procedimento penale. Tali prove possono essere utilizzate nel processo civile sulla base di una adeguata motivazione, che nel caso di specie difetterebbe. Inoltre, i risultati di tale prova non devono essere in contrasto con le prove acquisite nel processo civile. Al contrario, nel caso di specie, la valutazione relativa al valore dei monili è in contrasto con quella operata dal consulente di ufficio;
con atto del 4 ottobre 2018 parte ricorrente ha rinunciato al ricorso. La rinuncia è formalmente perfetta, in quanto sottoscritta dai procuratori delle parti, muniti del relativo potere (art. 390 c.p.c., comma 2) ed è stata accettata, con le medesime modalità. Consegue l’estinzione del processo di Cassazione per rinuncia al ricorso (art. 391 c.p.c., comma 1), senza nessun provvedimento sulle spese atteso che la adesione alla rinuncia preclude alla Corte la possibilità di compensare le spese di lite. La declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (Cass. n. 19560 del 2015).
PQM
la Corte dichiara estinto il processo di Cassazione per rinuncia al ricorso; nulla per le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 25 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2019