Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.7343 del 14/03/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCIULO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14984-2018 proposto da:

D.P.A., D.P.V., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA EUDO GIULIOLI 47, presso il Signor MAZZITELLI GIUSEPPE, rappresentate e difese dagli avvocati BARRA ANTONIO, GAROFALO ANNA;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il 22/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 6/12/2018 dal Consigliere Dott. CARRATO ALDO.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Le sigg.re d.P.A. e d.P.V. hanno proposto ricorso per cassazione – riferito ad un unico motivo – avverso il decreto n. cronol. 1011/2018 della Corte di appello di Roma, con il quale rigettava l’opposizione dalle stesse formulata, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, e, per l’effetto, confermava il decreto di improponibilità del ricorso per equa riparazione, sulla base dell’argomento che – in applicazione della citata L. n. 89 del 2001, art. 4 (come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 55, comma 1, lett. d), conv., con modif., dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, in vigore dall’11 settembre 2012) – la sentenza con cui era stato definito il procedimento presupposto non fosse ancora passata in giudicato (per non essere decorso ancora il termine ex art. 327 c.p.c. per l’impugnazione) al momento della proposizione del ricorso per l’ottenimento dell’equo indennizzo.

Con l’avanzata censura le suddette ricorrenti hanno denunciato la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4 (nella sua versione novellata nel 2012 ed applicabile “catione temporis”), per effetto della sua sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale ad opera della sentenza n. 88 del 2018 della Corte costituzionale, con la quale tale norma è stata ritenuta incostituzionale nella parte in cui non prevede(va) che la domanda di equa riparazione poteva essere proposta in pendenza del procedimento presupposto. L’intimato Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva.

Su proposta del relatore, il quale riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Rileva il collegio che l’unico motivo di ricorso è effettivamente manifestamente fondato, proprio in virtù – nel caso di specie – della intervenuta proponibilità del ricorso per equa riparazione anche anteriormente all’acquisizione del carattere di definitività del provvedimento decisorio del procedimento presupposto, a seguito della sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale (come tale provvista di efficacia “ex tunc”) della L. n. 89 del 2001, art. 4 – come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 55, comma 1, lett. d), conv., con modif., dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, in vigore dell’11 settembre 2012 e, in tale versione, applicato dalla Corte capitolina con il decreto qui impugnato – per effetto della sentenza n. 88 del 2018 della Corte costituzionale.

Pertanto, in virtù della richiamata efficacia retroattiva delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale derivante direttamente dall’art. 136 Cost. (la cui applicabilità è impedita solo dalla già intervenuta definizione dei procedimenti interessati anteriormente alla declaratoria di illegittimità costituzionale), la conseguenza che da essa viene a scaturire non può che essere – in punto di diritto (e al cui principio dovrà uniformarsi il giudice di rinvio) – la reviviscenza della versione antecedente del novellato L. n. 89 del 2001, art. 4, attinto dalla dichiarata incostituzionalità.

Quindi, nel caso di specie – a fronte di un procedimento presupposto ancorchè non definito con decisione passata in giudicato – è ridiventato proponibile il ricorso per il riconoscimento dell’equo indennizzo in pendenza dello stesso giudizio presupposto, con il travolgimento del decreto tempestivamente impugnato in questa sede, con il quale era stata respinta l’opposizione delle d.P. e confermata la dichiarazione dell’improponibilità dell’indicato ricorso in un momento antecedente alla sopravvenuta emanazione della sentenza n. 88 del 2018 del Giudice delle leggi.

In definitiva, il ricorso deve essere accolto con la conseguente cassazione del decreto impugnato ed il rinvio del procedimento alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà all’enunciato principio di diritto e provvederà anche a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della VI-2 Sezione civile della Corte di cassazione, il 6 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2019

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