Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.7352 del 14/03/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25606-2017 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAIO MARIO, 13, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO COSI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1452/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ESPOSITO LUCIA.

RILEVATO

CHE:

La Corte d’appello di Roma, decidendo a seguito di gravame dell’Inps, dichiarava estinto il giudizio in ragione della mancata tempestiva riassunzione da parte dell’appellante, a seguito di interruzione del processo intervenuta a causa della sopravvenuta sospensione dall’esercizio della professione del procuratore e difensore dell’appellato M.A.;

la Corte territoriale compensava le spese del grado adducendo quale giusto motivo “la natura meramente processuale della presente decisione”;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione M.A. con unico motivo;

l’Inps non ha svolto attività difensiva;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

CHE:

Con unico motivo il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, con riguardo agli artt. 91 e 92 c.p.c.. Assenza di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5. Osserva che in forza del principio della soccombenza l’Inps sarebbe dovuto essere condannato al pagamento delle spese del giudizio d’appello stante la totale vittoria dell’istante sulla questione relativa alla procedibilità dell’appello, talchè la disposta compensazione, non ravvisandosi le gravi ed eccezionali ragioni richieste dalle norme, era in contrasto con gli artt. 91 e 92 c.p.c.;

il motivo è fondato, trovando applicazione il regime delle spese introdotto con la L. del 2009 (ricorso originario del 24/9/2009), con conseguente applicazione del principio in forza del quale “In tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, non potendosi ritenere sufficiente il mero riferimento alla “natura processuale della pronuncia”, che, in quanto tale, può trovare applicazione in qualunque lite che venga risolta sul piano delle regole del procedimento” (Cass. n. 16037 del 11/07/2014);

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va accolto e la sentenza cassata in parte qua, con rinvio al giudice del merito che provvederà a liquidare le spese del procedimento in base al principio enunciato, provvedendo anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione relativa alle spese processuali e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2019

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