Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.7447 del 15/03/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9337-2015 proposto da:

SOCIETA’ ITALIANA NEOBIT SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PANAMA 74, presso lo studio dell’avvocato CARLO COLAPINTO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

REGIONE PUGLIA SERVIZIO FINANZE UFFICIO TRIBUTI PROPRI, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BARBERINI 36, presso la REGIONE PUGLIA DELEGAZIONE ROMANA, rappresentato e difeso dall’avvocato CARMELA PATRIZIA CAPOBIANCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1916/2014 della COMM. TRIB. REG. di BARI, depositata il 30/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/02/2019 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA.

RILEVATO

che:

p. 1. Società Italiana Neobit srl propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 1916/1/14 del 30 settembre 2014, con la quale la commissione tributaria regionale della Puglia – in accoglimento dell’appello principale della Regione Puglia e previa dichiarazione di inammissibilità dell’appello incidentale della società – ha riformato la prima decisione (CTP Bari 74/11/13) ritenendo legittimo l’avviso di accertamento (n. 3366/12) notificato alla società, per sanzioni, nella sua qualità di proprietaria di un terreno presso il quale era stata constatata (verbale GdF 26 giugno 2008) una discarica abusiva (L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 32).

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: l’avviso di accertamento in questione raggiungeva la società, in persona del legale rappresentante, nella sua qualità di proprietaria del terreno fatto oggetto della discarica abusiva, non già nella sua qualità di autrice materiale dello sversamento; – irrilevante ai fini di causa era dunque l’annullamento, da parte della sentenza CTR Puglia n. 71/10/11, di un precedente avviso di accertamento (n. *****) notificato alla società a titolo di tributo speciale per la discarica (c.d. “ecotassa”), con la conseguenza che tale sentenza, ancorché definitiva, non esplicava effetto di giudicato esterno sul diverso titolo di responsabilità dedotto nel presente giudizio; – la effettiva debenza delle sanzioni derivava dalla responsabilità solidale “per fatto proprio” (culpa in vigilando) del proprietario del terreno, ove questi non avesse fornito la prova della propria assenza di colpa; prova non fornita nel presente giudizio, risultando anzi che la società avesse presentato denuncia di discarica abusiva ai competenti organi dopo, e non prima, la constatazione della violazione da parte della GdF; – inammissibile doveva ritenersi l’appello incidentale proposto dalla società, in quanto quest’ultima era risultata, in primo grado, totalmente vittoriosa e, inoltre, perché concernente un aspetto (erronea qualificazione di “ecotassa” dell’asserito presupposto della sanzione applicata) comunque irrilevante ai fini della diversa contestazione sanzionatoria qui dedotta.

Resiste con controricorso la Regione Puglia.

p. 2.1 Con il primo ed il secondo motivo di ricorso la società lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c.. Per non avere la commissione tributaria regionale (primo motivo) pronunciato sul merito dell’appello incidentale (erroneamente ritenuto inammissibile), nonostante l’interesse della società a far emergere il fatto che le sanzioni in oggetto non potevano fungere da accessorio ad un pagamento che, diversamente da quanto impropriamente affermato dal primo giudice, non aveva natura di tributo regionale (“ecotassa”), ma di oneri di bonifica del terreno conseguenti all’ordinanza sindacale di ripristino. Ciò aveva determinato l’omessa pronuncia da parte della CTR (secondo motivo) su tutta una serie di motivi da essa dedotti con l’appello incidentale (giudicato interno sull’assenza di responsabilità del legale rappresentante; indebita applicazione di sanzioni a fronte di un tributo non dovuto; giudicato esterno sulla citata sentenza CTR Puglia 71/10/2011; infondatezza dell’appello della Regione Puglia e nullità dell’atto impugnato per inesistenza dei presupposti impositivi).

p. 2.2 Questi due motivi di ricorso – suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche dedotte – sono destituiti di fondamento.

La norma di riferimento è costituita dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 32, dalla cui articolazione risulta che: – (primo periodo) “Fermi restando l’applicazione della disciplina sanzionatoria per la violazione della normativa sullo smaltimento dei rifiuti di cui al D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, e successive modificazioni, e l’obbligo di procedere alla bonifica e alla rimessa in pristino dell’area, chiunque esercita, ancorché in via non esclusiva, l’attività di discarica abusiva e chiunque abbandona, scarica o effettua deposito incontrollato di rifiuti, è soggetto al pagamento del tributo determinato ai sensi della presente legge e di una sanzione amministrativa pari a tre volte l’ammontare del tributo medesimo. Si applicano a carico di chi esercita l’attività le sanzioni di cui al comma 31”; – (secondo periodo) “L’utilizzatore a qualsiasi titolo o, in mancanza, il proprietario dei terreni sui quali insiste la discarica abusiva, è tenuto in solido agli oneri di bonifica, al risarcimento del danno ambientale al pagamento del tributo e delle sanzioni pecuniarie ai sensi della presente legge, ove non dimostri di aver presentato denuncia di discarica abusiva ai competenti organi della Regione, prima della costatazione delle violazioni di legge (..)”.

Orbene, emerge dalla sentenza impugnata e dalla ricostruzione dei fatti di causa operata dalle parti, che la società è stata qui successivamente raggiunta da entrambi i profili di contestazione contemplati dalla norma: la prima (accertamento *****) a titolo di tributo speciale per la realizzazione della discarica abusiva (“ecotassa”), poi venuto meno per effetto del menzionato giudicato esterno di annullamento, non essendo emersa nè in sede amministrativa nè in sede penale alcuna responsabilità del legale rappresentante della società per lo sversamento; – la seconda (accertamento *****) a titolo di sole sanzioni in qualità di proprietaria del terreno e sul presupposto che, per inadempimento ai propri obblighi di vigilanza dell’area, la presenza della discarica abusiva non fosse stata dalla stessa segnalata all’autorità “prima” che quest’ultima autonomamente la riscontrasse con il su menzionato verbale di constatazione della GdF.

La ratio decidendi della sentenza qui impugnata – correttamente basata sulla distinzione sostanziale e processuale tra i due diversi titoli di responsabilità – è stata quindi nel senso che, ferma la non debenza del tributo perché non autrice materiale della discarica, la società doveva ritenersi purtuttavia responsabile (diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice) in quanto proprietaria, e per il “fatto proprio” costituito dal difetto di vigilanza del terreno.

Le censure in esame non tengono adeguatamente conto di questo duplice livello di responsabilità, ed addebitano alla CTR una omessa pronuncia – astrattamente rilevante ex art. 112 c.p.c. – in realtà non riscontrabile. Ciò perché il giudice regionale ha preso chiara posizione sull’appello incidentale proposto dalla società, reputandolo senz’altro inammissibile (sent. pag. 4) in ragione del fatto (indipendentemente dalla circostanza che la società fosse risultata interamente vittoriosa in primo grado) che le sorti del primo accertamento (autrice materiale della discarica abusiva) dovevano reputarsi del tutto indifferenti ai fini del secondo, quello specificamente oggetto del presente giudizio (proprietaria del terreno).

Nè può fondatamente sostenersi, con la ricorrente, che la CTR sia indebitamente incorsa – astenendosi dall’esaminare il merito dell’appello incidentale così ritenuto inammissibile – in ulteriori e consequenziali omissioni di pronuncia sui motivi in quest’ultimo esposti.

Va infatti considerato che i fatti giuridici e materiali dedotti in tali motivi di appello incidentale sono stati comunque presi in considerazione dalla CTR in quanto risultanti dalla sentenza di primo grado e dedotti, ad opposto fine, anche dalla Regione appellante principale (segnatamente per quanto concerne l’asserita esistenza di giudicato interno ed esterno); e da tale considerazione la CTR ha appunto tratto argomentato convincimento di riforma della prima sentenza, la quale aveva erroneamente escluso (così obliterando del tutto la distinzione di fattispecie legale operata, nel quadro dei presupposti di imputazione soggettiva dell’illecito ambientale, tra il primo ed il secondo periodo dell’art. 3, comma 32 cit.) ogni profilo di responsabilità sanzionatoria in capo alla società per effetto dell’annullamento del tributo.

p. 3.1 Con il terzo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., nonché della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 32 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5. Per non avere la commissione tributaria regionale rilevato l’inammissibilità dell’appello principale della Regione Puglia a fronte dell’esistenza sia di un giudicato interno (per mancata impugnazione dell’affermazione del primo giudice il quale, nella citata sentenza CTP Bari 74/11/13, aveva escluso la responsabilità della società come proprietaria del terreno), sia di un giudicato esterno (costituito dalla sentenza con la quale la CTR Puglia 71/10/11 aveva definitivamente annullato l’avviso di accertamento dell’ecotassa per non essere la società l’autrice materiale della discarica abusiva e, quindi, per ‘mancanza assoluta di colpa’).

p. 3.2 Anche questa doglianza è destituita di fondamento.

Per quanto concerne l’asserito giudicato interno sulla assoluta mancanza di colpa in capo al legale rappresentante della società, basta osservare come la Regione Puglia avesse effettivamente impugnato la sentenza CTP Bari 74/11/13 proprio sul punto fondamentale dell’affermata “totale” estraneità della società all’illecito, anche in qualità di proprietaria del terreno; e ciò sulla base del richiamo generico ed immotivato di una giurisprudenza amministrativa (Tar Campania, secondo la quale “in caso di terzi ignoti il proprietario del terreno non può essere chiamato a rispondere della fattispecie di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti sulla propria area se non viene trovato a suo carico l’elemento soggettivo del dolo o della colpa”) che nulla poteva dire sui connotati della fattispecie concreta e che, inoltre, non teneva conto del fatto che il secondo avviso di accertamento in esame non addebitava affatto alla società la condotta materiale di “abbandono o deposito incontrollato dei rifiuti”, quanto la mancata vigilanza del terreno e la tardiva denuncia all’autorità. La formulazione di specifici motivi di appello sul punto (riportati testualmente nelle pagine 31 segg. del controricorso della Regione e, inoltre, attestati dalla stessa sentenza qui impugnata: pag. 2 e 3) valeva dunque ad escludere in radice che il giudizio di assenza di colpevolezza resa dal primo giudice potesse concretare preclusione da giudicato interno.

Per quanto concerne l’asserito giudicato esterno sulla non debenza del tributo in capo all’autore materiale dello sversamento, si tratta di un profilo preso anche questo espressamente in considerazione nella sentenza qui censurata (pag. 4). Ha in proposito osservato il giudice regionale che la sentenza CTR Puglia 71/10/11 si era pronunciata circa l’addebito al legale rappresentante della società per l'”esercizio di attività di discarica abusiva” (escluso dal giudice penale perchè ascrivibile a soggetti rimasti ignoti), e non sull’addebito nella qualità di proprietario del terreno; avanzando anzi, la stessa sentenza, l’ipotesi che egli potesse essere chiamato separatamente a rispondere proprio in tale qualità (come poi ha fatto la Regione Puglia, essendo ancora in termini per l’addebito, con l’avviso di accertamento qui opposto).

Da tutto ciò deriva il (corretto) convincimento della CTR circa l’insussistenza di qualsivoglia preclusione accertativa e di condanna.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.000,00, oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 28 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2019

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