Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.7465 del 15/03/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19938-2013 proposto da:

BANCA CARIGE S.P.A., C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 44, presso lo studio dell’avvocato MATTIA PERSIANI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CAMILLO PAROLETTI, ANDREA PAROLETTI;

– ricorrente –

contro

B.G., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 46/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 09/03/2013 R.G.N. 851/2012.

RILEVATO

Che:

Il Tribunale di Genova accolse le domande di B.G. e degli altri intimati di cui in epigrafe dai medesimi proposte nei confronti della Banca Carige s.p.a. volte a conseguire l’adeguamento perequativo della prestazione pensionistica complementare in godimento per gli anni 1999 – 2000 e condannò quest’ultima a corrispondere le relative somme, oltre alle differenze maturate dall’1.7.2011 alla data della pronuncia, con gli accessori di legge; nel contempo il giudicante dichiarò che i ricorrenti che avevano avuto in godimento la suddetta prestazione dal 1998 avevano diritto a vedersi calcolati gli aumenti di perequazione automatica sul solo trattamento di previdenza integrativa e non sulla quota a carico dell’Inps, pronunciando la condanna della convenuta al pagamento delle relative somme, oltre alle differenze dall’1.7.2011, maggiorate degli accessori di legge;

impugnata tale sentenza dalla Banca Carige s.p.a., la Corte d’appello di Genova (sentenza del 9.3.2013), in parziale riforma della gravata decisione, condannò l’appellante a pagare a Bo.Mi. la somma di Euro 3900,18 e a S.M. quella di Euro 8443,95, importi, questi, calcolati a tutto il 3.12.2011, comprensivi di interessi legali e di rivalutazione monetaria calcolati all’1.11.2012; conseguentemente condannò Bo.Mi. e S.M. a restituire alla stessa Banca, rispettivamente, le somme di Euro 170,47 e 354,34, loro già corrisposte in eccedenza in esecuzione della sentenza, oltre interessi legali dalla data del pagamento a quella della restituzione;

la Corte di merito, dopo aver premesso che era pacifico che gli appellati, tutti ex dipendenti della Banca Carige s.p.a., erano titolari, unitamente ad una pensione loro erogata dall’Inps, di una pensione integrativa corrisposta dal Fondo gestito dalla medesima Banca, accertò, nell’addivenire alla predetta decisione, che non era estensibile alla pensione integrativa aziendale il blocco dell’adeguamento perequativo (invocato dalla Banca appellante) valido, ai sensi della L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 13, solo per le pensioni obbligatorie e che il credito vantato dagli appellati Bo.Mi. e S.M. doveva essere ridimensionato nei limiti di cui sopra, stante la fondatezza dell’eccepita prescrizione quinquennale da parte dell’istituto di credito;

per la cassazione della sentenza ricorre la Banca Carige s.p.a. con due motivi, illustrati da memoria, mentre rimangono solo intimati gli ex dipendenti di cui in epigrafe;

CONSIDERATO

Che:

col primo motivo la ricorrente lamenta la violazione della L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 13, in relazione anche all’art. 34 della L. n. 448 del 1998 e al D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 11, nonchè all’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in quanto la Corte territoriale sarebbe incorsa in errore nell’affermare il diritto degli appellati a vedersi riconosciuto – per il 1 gruppo dei ricorrenti interessati al biennio 1999-2000 e per il 2 gruppo dei ricorrenti interessati al biennio 1998-2000 – il diritto alla perequazione della pensione integrativa erogata dal fondo, con applicazione dei parametri di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 11; diversamente, secondo la ricorrente, a voler seguire il ragionamento dei giudici d’appello non si realizzerebbe l’obiettivo perseguito dal legislatore attraverso la L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 4, cioè quello di uniformare una volta per tutte il regime di perequazione automatica di tutte le pensioni, pubbliche o private;

la L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 13 prevede quanto segue: “Sui trattamenti pensionistici superiori a cinque volte il trattamento minimo inps dovuti dall’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti e dalle forme di essa sostitutive od esclusive non spetta la perequazione automatica al costo della vita prevista per l’anno 1998. Per le pensioni di importo superiore a cinque volte il predetto trattamento minimo ed inferiore a tale limite incrementato della quota di perequazione, l’aumento di perequazione per l’anno 1998 è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato. A decorrere dal 1 gennaio 1999 e per un periodo di tre anni l’indice di perequazione delle pensioni:

a) è applicato nella misura del 30 per cento per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra cinque e otto volte il trattamento minimo inps; b) non trova applicazione per le fasce di importo superiori a otto volte il predetto trattamento minimo”;

il motivo è infondato, posto che non ricorrono particolari ragioni per discostarsi dal consolidato orientamento di questa Corte (Cass. Sez. Lav. n. 13573 del 21.6.2011) secondo cui ” La norma della L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 13, che prevede la sospensione della perequazione automatica al costo della vita, concerne solo i trattamenti previdenziali obbligatori e quelli specificamente contemplati da tale disposizione, e non si applica alla pensione integrativa a carico del fondo aziendale, che ha natura retributiva (e non previdenziale). Conseguentemente, con riferimento ai titolari di pensione costituita dal trattamento previdenziale obbligatorio e da pensione integrativa a carico di apposito Fondo aziendale, l’adeguamento della pensione spettante non si applica sull’intero importo ma solo sulla quota parte relativa al trattamento integrativo, restando escluso invece l’adeguamento della quota di pensione relativa al trattamento obbligatorio” (in senso conf. v. Cass. Sez. Lav. n. 10556 del 7.5.2013, nonchè n. 6179 del 30.3.2016);

col secondo motivo la ricorrente denunzia la violazione della L. n. 448 del 1998, art. 34, nonchè della L. n. 449 del 1997, art. 59, commi 4 e 13, della, assumendo che la sentenza impugnata è, altresì, errata nella parte in cui, nel rigettare la seconda censura dell’appello, ha riconosciuto il diritto degli ex dipendenti a percepire gli aumenti di perequazione automatica di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 11, sulla pensione integrativa ritenendo disciplinata in maniera identica sia la perequazione riguardante l’anno 1998 (per la quale vi era stata domanda solo da parte dei ricorrenti del gruppo II), sia quella riguardante gli anni 1999 e 2000 (per la quale avevano fatto ricorso tutti gli ex dipendenti) e ciò, nonostante che la L. n. 448 del 1998, art. 34 avesse stabilito per tale biennio quale doveva essere il meccanismo di perequazione applicabile con effetto dal 1 gennaio 1999; il motivo è fondato;

invero, la norma di cui alla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 34, comma 1, (concernente i trattamenti pensionistici e di disoccupazione, inserita nel capo III delle disposizioni in materia previdenziale all’interno delle misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo) stabilisce quanto segue: “Con effetto dal 1 gennaio 1999, il meccanismo di rivalutazione delle pensioni si applica per ogni singolo beneficiario in funzione dell’importo complessivo dei trattamenti corrisposti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle relative gestioni per i lavoratori autonomi, nonchè dei fondi sostitutivi, esclusivi ed esonerativi della medesima e dei fondi integrativi ed aggiuntivi di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 3. L’aumento della rivalutazione automatica dovuto in applicazione del presente comma viene attribuito, su ciascun trattamento, in misura proporzionale all’ammontare del trattamento da rivalutare rispetto all’ammontare complessivo”;

il tenore letterale della norma è, quindi, inequivocabile nel fissare la decorrenza dell’adeguamento di cui trattasi alla data del 1 gennaio 1999, per cui ha ragione la ricorrente a dolersi del riconoscimento a favore delle controparti del diritto alla perequazione oggetto di causa anche per il periodo antecedente a tale data;

pertanto, il secondo motivo del ricorso va accolto e l’impugnata sentenza va cassata limitatamente all’accoglimento di tale motivo, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Genova che, in diversa composizione, provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2019

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