LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14248-2018 proposto da:
M.C., G.M., MO.PI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERDINANDO EMILIO ABBATE;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il 22/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.
RILEVATO
Che:
le ricorrenti nominate in epigrafe hanno impugnato il decreto col quale la corte d’appello di Perugia ha riconosciuto loro la somma di Euro 1.125 ciascuna a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata del processo, ai sensi della L. n. 89 del 2001, ed ha posto a carico dell’Amministrazione le spese di lite;
che il ricorso si fonda su un unico motivo – riferito alla violazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 2233 c.c., comma 2, oltre che del D.M. n. 55 del 2014 – con il quale ci si duole della misura, inferiore al minimo di tariffa, delle spese liquidate;
che il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso;
che la causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 6 dicembre 2018, per la quale non sono state depositate memorie.
CONSIDERATO
Che:
in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, questa Corte ha già avuto modo di precisare che – non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari – i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica “standard” del valore della prestazione professionale; con la conseguenza che il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione; vedi, in termini, Cass. 30286/17, che riprende Cass. 2386/17 ed a cui ha fatto seguito Cass. 11601/18, la quale ultima espressamente sottolinea che il potere del giudice di scendere anche al di sotto (o di salire anche al di sopra) dei limiti risultanti dall’applicazione delle percentuali massime di scostamento va esercitato sulla base di apposita e specifica motivazione;
che, tenuto conto dello scaglione riferibile al valore della causa (da Euro 1.100,01 a Euro 5.200,00), la liquidazione del compenso professionale effettuata dalla corte territoriale, in complessive Euro 405,00 (oltre accessori), risulta porsi immotivatamente al di sotto dei minimi imposti dal D.M. n. 55 del 2014;
che, infatti, ai sensi del D.M. 55 del 2014, i valori medi di detto scaglione, per i giudizi davanti alla corte di appello, sono di Euro 510 per la fase di studio, di Euro 510 per la fase introduttiva, di Euro 945 per la fase istruttoria e di Euro 810 per la fase decisoria, riducibili fino al 70% per la fase istruttoria e fino al 50% per le altre fasi alla stregua del D.M. cit., art. 4, comma 1;
che è opportuno precisare che, per la fase istruttoria, l’espressione, contenuta alla fine del D.M. n. 55 del 2014, art. 4,comma 1, “diminuzione di regola fino al 70%”, va interpretata, in conformità al suo chiaro tenore letterale, nel senso che la diminuzione applicabile sul valore medio può essere determinata in una percentuale non superiore al 70% del medesimo, ossia nel senso che l’importo minimo liquidabile corrisponde al 30% di tale valore medio; non già nel diverso senso che l’importo minimo liquidabile corrisponda al 70% del valore medio, ossia che la diminuzione applicabile sul valore medio non possa eccedere il 30% del medesimo;
che pertanto la sentenza gravata va cassata con rinvio alla corte di appello di Perugia, in diversa composizione, che liquiderà le spese del giudizio di merito e, ove intenda scendere al di sotto dei minimi tariffari (pur sempre nel rispetto del limite del decoro della professione imposto dall’art. 2233 c.c., comma 2), motiverà specificamente sulle ragioni di tale decisione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato per quanto di ragione e rinvia alla corte di appello di Perugia, in diversa composizione, che riliquiderà le spese del giudizio di merito e regolerà le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2019