LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1930-2018 proposto da:
A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO MESSICO 7, presso lo studio dell’avvocato X.Z., rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE VINCENZO GRECO;
– ricorrente –
contro
PREFETTO DI PALERMO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2907/2017 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata il 31/5/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/12/2018 dal Consigliere Dott. CARRATO ALDO.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 2907/2017 (pubblicata il 31 maggio 2017), il Tribunale monocratico di Palermo rigettava l’appello proposto da A.A. avverso la sentenza del Giudice di pace di Palermo n. 3866/2015, con la quale era stata respinta l’opposizione dalla stessa formulata contro l’ordinanza-ingiunzione emessa dal Prefetto di Palermo del 7 luglio 2015 (emessa a suo carico) in ordine alla violazione amministrativa di cui all’art. 126-bis C.d.S., con cui era stato, a sua volta, rigettato il ricorso in via amministrativa nei confronti del presupposto verbale di accertamento (elevato dalla Polizia municipale di Palermo) del 23 agosto 2014 mediante il quale era stata eccepita l’invalidità della sua notifica.
A sostegno dell’adottata decisione il Tribunale del capoluogo siculo riteneva che l’opposta ordinanza-ingiunzione era stata notificata nel rispetto delle prescrizioni previste dall’art. 140 c.p.c. e che il precedente verbale di accertamento era stato, a sua volta, notificato a mezzo di messo del Consorzio Olimpo delegato dal Comune di Palermo allo svolgimento delle inerenti attività.
Nei confronti dell’indicata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, riferito a due motivi, la sig.ra A.A..
L’intimato Prefetto della Provincia di Palermo non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – l’asserito travisamento della prova documentale ed il contrasto interno dell’impugnata sentenza con riferimento alla ravvisata validità della notificazione dell’ordinanza-ingiunzione avvenuta ai sensi dell’art. 140 c.p.c..
Con il secondo mezzo la ricorrente ha dedotto – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’assunta violazione dell’art. 201 C.d.S., comma 3, avuto riguardo alla contestazione della ritualità della notificazione del verbale di accertamento in base al quale era stata poi emanata la predetta ordinanza-ingiunzione.
Su proposta del relatore, il quale riteneva che entrambi i motivi del ricorso (esaminabili congiuntamente) potessero essere ritenuti manifestamente fondati, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Rileva il collegio che – ad un esame maggiormente approfondito delle formulate censure – le stesse (che possono essere valutate unitariamente per la loro evidente connessione) sono, in effetti, infondate per le ragioni che seguono, in tal senso risultando superati i termini della proposta precedentemente adottata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
Come già posto in risalto nel riportare i motivi di ricorso, la difesa della ricorrente – nel denunciare l’erroneità dell’impugnata sentenza sotto i richiamati profili – ha prospettato che entrambe le notificazioni relative sia all’ordinanza-ingiunzione (effettuata nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c.) sia al prodromico verbale di contestazione (opposto precedentemente in via amministrativa con ricorso al competente Prefetto e da questi respinto), da eseguirsi secondo le modalità di cui agli artt. 200 e 201 c.d., fossero illegittime siccome poste in essere da soggetti terzi non legittimati a compiere le relative operazioni, in quanto dipendenti di un Consorzio (Olimpo), al quale non avrebbero potuto essere delegate tali attività (ma – al limite – solo attività meramente intermedie o di natura soltanto materiale, come imbustamento, ecc.), che, invece, dovevano ritenersi conferite esclusivamente all’Ente Poste italiane come fornitore del servizio universale postale.
Ritiene il collegio che – fronte di tali contestazioni – siano invece condivisibili in diritto sia la compiuta ricostruzione della duplice vicenda notificatoria che le conclusioni raggiunte dal giudice di appello nell’impugnata sentenza.
Ed invero, pur essendo giuridicamente esatta in via generale la prospettazione dedotta dalla difesa della ricorrente, il Tribunale di Palermo ha rilevato la ritualità delle specificate attività notificatorie sul presupposto che, in effetti, le stesse non avrebbero potuto ritenersi conferite a soggetti terzi, siccome le notificazioni sia del verbale di accertamento che dell’ordinanza-ingiunzione erano state, in realtà, eseguite da dipendenti – che rivestivano la qualità di messi dotati di apposita matricola e nominati dal Sindaco competente – di un apposito Consorzio a cui il Comune di Palermo aveva delegato tali attività in relazione agli adempimenti notificatori spettanti propriamente alla Polizia municipale.
In tal senso, perciò, tali messi – come rilevato dal giudice di appello – erano da ritenersi, in virtù dei poteri loro conferiti e della legittimazione del Consorzio dal quale dipendevano, soggetti delegati esplicanti una pubblica funzione che si erano, poi, legittimamente avvalsi del servizio postale pubblico per procedere alle necessarie notificazioni dei due predetti atti nei confronti dell’ A.A..
Sulla base di tale presupposto il citato Tribunale ha, perciò, puntualmente verificato che la notificazione – a cui era stato dato impulso dal messo a ciò legittimato – del verbale di accertamento e contestazione era stata validamente effettuata nel rispetto degli adempimenti prescritti dall’art. 201 C.d.S., comma 3, (il quale stabilisce, per l’appunto, che ad essa vi si provvede a mezzo degli organi indicati nell’art. 12, dei messi comunali o di un funzionario dell’Amministrazione che ha accertato la violazione, con le modalità previste dal c.p.c., ovvero a mezzo posta, secondo le norme sulle notificazioni a mezzo del servizio postale) e che quella relativa all’ordinanza-ingiunzione – anch’essa attivata mediante l’opera di altro messo pure a tanto abilitato – era stata altrettanto legittimamente eseguita con l’osservanza delle forme di cui all’art. 140 c.p.c. e che l’inerente procedimento si era perfezionato con la maturazione del termine della compiuta giacenza.
In definitiva, per le illustrate ragioni, il ricorso deve essere integralmente respinto, senza che si debba adottare alcuna statuizione sulle spese del presente giudizio, non avendo l’intimato Prefetto svolto attività difensiva.
Sussistono, inoltre, le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, commi 1 e 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione civile della Corte di cassazione, il 12 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2019