Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.7632 del 18/03/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4943-2018 proposto da:

D.P. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RICCARDO GRAZIOLI LANTE 9, presso lo studio dell’avvocato PIETRO CARLO PUCCI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CITTA’ DI GUIDONIA MONTECELIO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONELLA AUCIELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4488/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 6/7/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/12/2018 dal Consigliere Dott. ALDO CARRATO.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza n. 4488/2017 (pubblicata il 6 luglio 2017) la Corte di appello di Roma dichiarava improcedibile il gravarne proposto dalla s.r.l. D.P. contro la sentenza n. 2342/2015 del Tribunale di Tivoli. A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte capitolina riteneva che, poichè con decreto del 18 marzo 2016 era stata fissata l’udienza di prima comparizione e discussione per il 19 ottobre 2016, con assegnazione del termine – ex art. 435 c.p.c., comma 3 – alla suddetta s.r.l. D.P. (quale appellante principale) per la notifica del ricorso e del decreto sino al 2 maggio 2016, il mancato rispetto di quest’ ultimo termine (da qualificarsi come perentorio) aveva comportato la predetta declaratoria di improcedibilità dell’appello (con conseguente inammissibilità dell’appello incidentale, siccome tardivo, dell’appellato Comune di Guidonia Montecelio).

Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, riferito ad un unico motivo, la s.r.l. D.P., al quale ha resistito con controricorso l’intimato Comune di Guidonia Montecelio.

Con il formulato motivo di ricorso la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 435 c.p.c., commi 3 e 4 (da estendersi al giudizio in questione ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6), alla stregua della ritenuta perentorietà del termine non minore di 25 giorni che deve intercorrere tra la data di notificazione del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza di discussione e la data di quest’ultima, che aveva determinato l’erroneità dell’impugnata sentenza laddove aveva rilevato che non si poteva procedere al rinnovo della notifica effettuata in violazione di detto termine dilatorio (che, peraltro, nella fattispecie era stata già stato autorizzato con il differimento dell’udienza di discussione e la concessione di un nuovo termine per la notificazione, all’esito della quale l’appellato si era anche costituito in secondo grado, eccependo la tardività dell’appello: v. pag. 2 della sentenza qui impugnata).

Su proposta del relatore, il quale riteneva che il motivo proposto con il ricorso potesse essere accolto in quanto manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio, in prossimità della quale la difesa della ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Rileva il collegio che, effettivamente, l’unico motivo dedotto con il ricorso è da ritenersi manifestamente fondato, in conformità a quanto già prospettato con la suddetta proposta.

Infatti, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte laziale nell’impugnata sentenza, nel caso di specie avrebbe dovuto essere applicato il principio – affermato anche recentemente dalla giurisprudenza di questa Corte (e al quale il giudice di rinvio dovrà uniformarsi) – secondo cui, fama restando la differenza tra omessa od inesistente notificazione e notificazione nulla o tardiva (v. Cass. S.U. n. 20604/2008 e Cass. n. 14916/2016), nel rito del lavoro (applicabile nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6) la violazione del termine non minore di venticinque giorni (non qualificato testualmente come perentorio) che, a norma dell’art. 435 c.p.c., comma 3, deve intercorrere tra la data di notificazione dell’atto di appello e quella dell’udienza di discussione, configura un vizio che produce la nullità della notificazione, e ne impone la rinnovazione qualora l’appellato non si sia costituito.

E cò corrisponde al caso verificatosi nella fattispecie in cui, correttamente, era stata disposta la rinnovazione della notificazione del ricorso e del nuovo decreto di fissazione dell’udienza di discussione alla parte appellata, la quale – verificatasi la sanatoria della nullità – si era poi costituita, proponendo, oltre all’eccezione di tardività dell’appello principale, anche appello incidentale.

Per tale ragione la Corte territoriale non avrebbe potuto dichiarare l’improcedibilità dell’appello dell’attuale ricorrente sulla scorta dell’inosservanza del primo termine ritenuto erroneamente perentorio, malgrado, oltretutto, lo stesso Presidente della Corte di secondo grado avesse legittimamente disposto la rinnovazione della notificazione – regolarmente e tempestivamente eseguita – con fissazione di una successiva udienza di discussione, sanando, per l’appunto, la nullità della notificazione originariamente effettuata (cfr. Cass. n. 25684/2015, Cass. n. 9735/2018 e, da ultimo, Cass. n. 22166/2018).

Alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte il ricorso deve, quindi, essere accolto con il conseguente rinvio della causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, la quale, oltre ad uniformarsi all’enunciato principio di diritto, provvederà a regolare le spese del presente giudizio di legittimità

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-2 Sezione civile della Corte di cassazione, il 12 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2019

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