LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5765-2018 proposto da:
Z.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA MONTEMAGGI;
– ricorrente –
contro
P.N.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1813/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 1 agosto 2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/12/2018 dal Consigliere Dott. ALDO CARRATO.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 1813/2017 (pubblicata il 1 agosto 2017), la Corte di appello di Firenze, decidendo sull’appello formulato da Z.M.L. avverso la sentenza n. 27/2011 del Tribunale di Grosseto-sez. dist. di Orbetello e nei riguardi di P.N., rigettava il gravame, confermando la pronuncia di prime cure, con la quale era stato disposto lo scioglimento della comunione di un compendio immobiliare sito in ***** con assegnazione dei beni per l’intero alla suddetta P.N., previo pagamento dell’importo di Euro 153.000,00, oltre rivalutazione ed interessi in favore dell’attrice, poi appellante.
Nei confronti dell’indicata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, riferito a due motivi, la Z.M.L..
L’intimata P.N. non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omessa valutazione di un fatto decisivo ricondotto alla mancata presa in considerazione, da parte del giudice di appello, di un documento rilasciato dall’Ufficio Urbanistica del Comune di ***** il 16 gennaio 2007 attestante l’assenza di irregolarità urbanistiche in ordine all’immobile oggetto di divisione.
Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto – sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – un’ulteriore omessa valutazione di un fatto decisivo correlato alla mancata valorizzazione della meno onerosa soluzione divisionale individuata al punto a) della c.t.u..
Su proposta del relatore, il quale riteneva che il primo motivo potesse essere dichiarato manifestamente infondato e il secondo inammissibile o comunque manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Ritiene il collegio che – in conformità alla formulata proposta ex art. 380-bis c.p.c. – entrambi i motivi devono essere dichiarati infondati.
Ed invero – quanto alla prima censura – si osserva che non coglie nel segno la denuncia del vizio dedotto poichè, in effetti, la ricorrente, con esso, ha inteso dedurre l’omessa valutazione di un documento (corrispondente ad una certificazione comunale) inerente la circostanza relativa all’asserita regolarità urbanistica dell’immobile cui si riferiva la divisione per cui era stata instaurata la controversia.
Senonchè, è risaputo che, qualora il ricorrente denunci in sede di legittimità l’omessa valutazione di un documento, il vizio relativo all’omesso esame può ritenersi sussistente soltanto nel caso di totale obliterazione del documento che si palesi idonea a condurre – secondo una valutazione che la Corte di cassazione esprime sul piano astratto e in base a criteri di verosimiglianza – ad una decisione diversa da quella adottata dal giudice di merito.
Orbene, alla stregua di tale principio, deve ritenersi che la Corte territoriale non è incorsa in siffatto vizio avendo, con valutazione assorbente ricondotta alle risultanze dell’esperita c.t.u., preso in considerazione la complessiva situazione urbanistica dell’immobile facente parte del compendio oggetto di scioglimento (v. pagg. 4-5 della motivazione dell’impugnata sentenza), da ciò facendo scaturire l’opinione che le difformità urbanistiche non fossero affatto inesistenti e che, in ogni caso, la difesa della Z. non aveva offerto una idonea prova della rituale produzione del documento attestante l’asserita insussistenza della suddette difformità che avrebbero potuto incidere su un diverso apprezzamento economico del complessivo compendio da dividere.
In ogni caso, nel riscontrare le contrarie difese della Z., la Corte fiorentina ha ritenuto che non si era configurata alcuna valida ragione per la quale potevano essere messe in discussione le conclusioni raggiunte dal c.t.u. che, oltretutto, erano state nuovamente verificate e riscontrate e che, quindi, erano pienamente condivisibili.
In virtù di questa valutazione operata dalla Corte di merito è, quindi, risultata esclusa la decisività di qualsiasi altra circostanza fattuale in funzione della valutazione della condizione giuridica ed urbanistica dei beni oggetto di divisione.
Il secondo motivo è manifestamente infondato poichè, con esso, la ricorrente tende, in effetti, a sollecitare, nella presente sede di legittimità (e, perciò, inammissibilmente), una rivalutazione di merito in ordine alla ritenuta non comoda divisibilità degli immobili oggetto di scioglimento, che, invece, risulta adeguatamente motivata dal giudice di appello sulla scorta delle emergenze della c.t.u. ritenute maggiormente attendibili e funzionali rispetto alla domanda sulla quale decidere, così privilegiando la soluzione tecnica più idonea allo scopo.
In definitiva, per le illustrate ragioni, il ricorso deve essere integralmente respinto, senza che debba farsi luogo ad alcuna pronuncia sulle spese del presente giudizio non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
Sussistono, tuttavia, le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, all’art. 13, il comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002. art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-2 Sezione civile della Corte di cassazione, il 12 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2019