LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 347-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
O.M.G., D.D.L., D.D.E., nella qualità di eredi di DA.DO.LU., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato FABIO PACE;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 5938/38/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 16/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/11/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO.
RILEVATO
che:
La Commissione tributaria regionale della Lombardia – a seguito di rinvio disposto con sentenza di questa Corte n. 25117/2014, che a sua volta richiamava il principio di diritto enunciato da Cass., Sez. U., n. 13642 del 2011 – con decisione in data 16 novembre 2016 ha accolto il ricorso in riassunzione proposto da Da.Do.Lu., ex dirigente ENEL, dichiarando dovuto il rimborso delle maggiori ritenute IRPEF operate sul relativo trattamento di previdenza integrativa aziendale (*****, divenuto poi *****) con l’aliquota prevista per l’indennità di fine rapporto, in luogo dell’aliquota del 12,50% prevista per i redditi di capitale. Rilevava la CTR che “il *****, costituito nel 1986, costituiva forma previdenziale integrativa il cui capitale non era distinto dal patrimonio operativo dell’ENEL, cosicchè il rendimento degli accantonamenti previdenziali derivava dai risultati finanziari della stessa ENEL”; conseguentemente “il richiamo effettuato dalla S.C. all'”impiego da parte del fondo sul mercato” ben può essere interpretato come rendimento derivante dall’investimento all’interno dell’attività economica svolta dall’ENEL”. Il giudice del rinvio quantificava, quindi, l’ammontare del rendimento maturato sulla base di un elaborato prodotto dal contribuente, non sottoposto ad analitica contestazione da parte dell’Ufficio.
Avverso la decisione, con atto del 18 dicembre 2017, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resistono con controricorso O.M.G., D.D.L. ed D.D.E., nella qualità di eredi di Da.Do.Lu..
Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale. La memoria dei controricorrenti, pervenuta in cancelleria il 19 novembre 2018, è inammissibile, non essendo stato osservato il termine di cinque giorni prima dell’adunanza, fissata per 22 novembre 2018.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per mancata attuazione del principio di diritto sancito nella pronuncia di cassazione con rinvio.
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, del D.L. n. 669 del 1996, art. 1, del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16, 17 e 42, della L. n. 482 del 1985, art. 6, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente la CTR ritenuto che il contribuente avesse assolto l’onere sullo stesso gravante di dimostrare i rendimenti maturati in ragione dell’incremento della riserva matematica operata annualmente dall’ENEL, e cioè con il mero calcolo della differenza tra l’indennità liquidata e i contributi versati, sulla base di una certificazione proveniente dall’ENEL e di una consulenza di parte che non aveva valore di prova, ma di semplice allegazione difensiva, rispetto alla quale non era necessaria alcuna confutazione sul quantum.
I due motivi, congiuntamente esaminabili, sono fondati.
Invero, la decisione impugnata risulta in contrasto con l’orientamento di questa Corte (decisamente prevalente rispetto a talune decisioni di segno diverso), in base al quale “le prestazioni erogate in forma capitale a soggetto iscritto, da epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, a fondo di previdenza complementare aziendale (quale *****, in precedenza *****) sono assoggettate a duplice trattamento tributario: a) agli importi maturati a decorrere 1 gennaio 2001, si applica interamente il regime di tassazione separata di cui all’art. 16 T.U.I.R., comma 1, lett. a) e all’art. 17 T.U.I.R.; b) agli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui all’art. 16 T.U.I.R., comma 1, lett. a) e art. 17 T.U.I.R., per quanto riguarda la sorte capitale corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro; mentre, alle somme rivenienti dalla liquidazione del cd. rendimento – per tale esplicitamente intendendosi il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato – si applica la ritenuta del 12,50% prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6. Secondo il vincolante principio di diritto imposto dalla decisione di rinvio, per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, il discrimine tra l’applicazione dell’aliquota del 12,50% e la sottoposizione a tassazione separata va, dunque, riferito alla ricorrenza o meno di concreta gestione sul mercato del capitale accantonato” (cfr., ex multis, Cass. n. 26318 del 2017; in senso conforme, Cass. nn. 24525, 24526, 24528, 15835, 15038, 14394, 13278, 11831, 11837, 11625, 10285, 720, 583, 588 del 2017; Cass. n. 5023 del 2018).
In particolare, questa Corte ha ripetutamente chiarito che il principio di diritto affermato da Cass., Sez. U., n. 13642 del 2011 implica la necessità di una ricostruzione dell’impiego delle somme sul mercato – non necessariamente finanziario, come precisato da Cass. n. 4943 del 2018 -, con apposita verifica se vi sia stato “l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato” e quale sia stato “il rendimento di gestione conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,50%”; di conseguenza, gravando sul contribuente che impugni il rigetto di una istanza di rimborso – quale attore in senso sostanziale – l’onere di provare il fondamento della sua pretesa, questi è tenuto a dimostrare quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento, non senza che detto onere probatorio possa ritenersi sufficientemente assolto tramite il mero rinvio “al conteggio proveniente dall’Enel, prodotto dal contribuente, non contenente alcuna specificazione sui criteri utilizzati per la quantificazione della voce rendimento, così da chiarire se si trattasse effettivamente di incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato” (ex aliis, Cass. n. 31222 del 2017). Nella fattispecie in esame, pertanto, a fronte della radicale contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria della pretesa restitutoria avanzata dal contribuente, l’onere probatorio su quest’ultimo gravante non può ritenersi assolto, come invece ritenuto dalla CTR, mediante la produzione in giudizio della certificazione rilasciata dall’ENEL, nè della relazione tecnica di parte, la quale costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio (Cass. n. 16552 del 2015).
Va, poi, ribadito che è da escludere che il requisito dell’essere il rendimento imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato possa considerarsi soddisfatto dall’essere il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività ottenuta sul mercato dell’intero patrimonio dell’ENEL (rapporto tra il margine operativo lordo e il capitale investito). Tale coerenza (del rendimento ottenuto dal capitale accantonato con quello ottenuto dal patrimonio dell’ENEL) costituisce, infatti, comunque un dato estrinseco e non causale, nel senso che il primo non può comunque considerarsi frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato, come richiesto perchè abbia a configurarsi il reddito da capitale della specie richiesta, essendo al contrario esso stesso dipeso da un predeterminato calcolo di matematica attuariale (cfr. Cass. n. 4943 del 2018, cit.).
Il Collegio, in definitiva, intende dare seguito all’orientamento in base al quale il più favorevole criterio impositivo di cui si detto può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo investimento sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento. E la prova di ciò deve essere fornita dal contribuente, attore sostanziale del preteso rimborso IRPEF, anche in sede di giudizio di rinvio (cfr. Cass. n. 19424 del 2015, Cass. n. 26108 del 2018).
In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va dunque cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente. Le spese dell’intero giudizio vanno compensate tra le parti, in ragione dell’evoluzione giurisprudenziale in materia.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente;
dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2019