LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16891-2017 proposto da:
G.F., in qualità di erede della sig.ra P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SICILIA 66, presso il suo studio, rappresentato e difeso da se stesso;
– ricorrente –
contro
ROMA CAPITALE, in persona della Sindaca pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V. DEL TEMPIO DI GIOVE 21 C/O LA SEDE DELL’AVVOCATURA CAPITOLINA, rappresentata e difesa dagli avvocati DOMENICO ROSSI, ANTONIO CIAVARELLA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 9156/2/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 23/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSARIA MARIA CASTORINA.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte:
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.
G.F. in qualità di erede di P.M. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 9156/02/16, depositata il 23.12.2016, in controversia concernente avvisi di accertamento in rettifica ICI afferenti gli anni 2005, 2006 e 2007. La CTR affermava che la contribuente non avesse provato sulla base di adeguata documentazione anche catastale che le unità immobiliari oggetto di accertamento fossero le stesse oggetto di alienazione nel 2001.
Roma Capitale resiste con controricorso.
Parte ricorrente, con atto di data 13.12.2018, ha comunicato di avere ottenuto dalla competente Agenzia delle Entrate provvedimento di annullamento degli atti impositivi del presente giudizio (satisfattivo dell’interesse che aveva indotto al ricorso), sicchè ha poi dichiarato di voler “rinunciare” al ricorso per cassazione iscritto come introduttivo del presente giudizio.
Poichè l’anzidetta dichiarazione di rinuncia, se pure non risulta accettata dall’altra parte processuale ritualmente costituita, implica comunque una dichiarazione di disinteresse all’esame dell’impugnazione proposta con il ricorso per cassazione, sicchè il ricorso deve dichiararsi inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Sussistono le ragioni di compensazione in cui all’art. 92 c.p.c. essendo la rinuncia conseguente al provvedimento di annullamento in autotutela.
Nella presente vicenda processuale, atteso l’esito della lite, non sussiste la debenza del doppio del contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (Cass. ord. n. 23175/15).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso per carenza di interesse.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2019