LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino L. – Presidente –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12096/2012 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– ricorrente –
Contro
CONSORZIO INDUSTRIALE PROVINCIALE MEDIO CAMPIDANO – VILLACIDRO, in persona del rappresentante pro tempore rappresentato e difeso giusta delega in atti dall’avv. Giovanni Massidda e dall’avv. Maria Mastrangelo presso la quale in Roma, via De Camillis n. 4, è
elettivamente domiciliata;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna n. 1/5/12 depositata il 9/02/2012, e notificata il 20.3.2012;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 4/10/2018 dal consigliere Succio Roberto.
RILEVATO
che:
– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha confermato la sentenza di prime cure quanto al diritto del contribuente al rimborso credito IVA maturato, risultando irrilevante il non avere il richiedente compilato e presentato il modello VR per quanto il credito risultasse dalla dichiarazione;
– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione l’Amministrazione Finanziaria con atto affidato a tre motivi; resiste la società contribuente con controricorso, la quale propone anche ricorso incidentale articolato su due motivi al quale resiste l’Amministrazione con controricorso a ricorso incidentale;
– il contribuente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
– i primi due motivi di ricorso denunciano entrambi la violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR ritenuto dovuto il rimborso anche in assenza di compilazione e presentazione del modello VR, come comunicato al contribuente con nota dell’8.7.2005;
– il terzo motivo di ricorso denuncia violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per non aver adeguatamente motivato la CTR le ragioni in forza delle quali ha ritenuto invece dovuto il rimborso anche in assenza della presentazione di tale modello;
– i motivi possono esaminarsi congiuntamente, stante la loro stretta connessione, e sono completamente infondati;
– questa Corte anche di recente ha ritenuto (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 17151 del 28/06/2018) che in tema d’IVA, ai fini del rimborso dell’eccedenza d’imposta, è sufficiente che il contribuente manifesti la propria volontà di esercitare il relativo diritto mediante l’esposizione del credito di imposta nella dichiarazione annuale che, da tale momento, è anche esigibile, in quanto l’eventuale presentazione del modello “VR” ha la sola funzione di sollecitare l’attività di verifica dell’Amministrazione in ordine alla correttezza dei dati riportati nella dichiarazione e di rendere possibile l’avvio del relativo procedimento di esecuzione;
– precedentemente in altra pronuncia si era già statuito, con preciso riferimento anche alla decadenza invocata dall’Erario, come (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4559 del 22/02/2017) in tema d’IVA, ove il credito di imposta sia già desumibile dalle dichiarazioni del contribuente e non sia contestato dall’Amministrazione finanziaria, non è necessaria una specifica istanza di rimborso, che costituisce solo il presupposto di esigibilità per l’avvio del relativo procedimento, per cui non trova applicazione il termine biennale di decadenza previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, u.p., ma solo quello di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c. (in applicazione di tale principio, la S.C. ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione, che negava il rimborso invocando il termine decadenziale biennale, in quanto il credito del contribuente emergeva dalla dichiarazione dell’anno 2001, non contestata dall’Ufficio, sebbene non fosse stato riportato, per un mero errore di compilazione, nella dichiarazione annuale IVA dell’anno successivo);
– ancora, in ulteriore e ancora più risalente sentenza (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19115 del 28/09/2016) questa Corte aveva già chiarito come in tema d’IVA, ai fini del rimborso dell’eccedenza d’imposta, è sufficiente la manifestazione di volontà mediante la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro “RX4”, sebbene non accompagnata dalla presentazione del modello “VR”, che costituisce – era sin da questa pronuncia chiaramente ritenuto – solo un mero presupposto per l’esigibilità del credito, sicchè, anche in caso di cessazione d’attività, nella quale non è possibile portare in detrazione l’eccedenza l’anno successivo, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso, non è applicabile il termine biennale di decadenza, previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, ma solo a quello ordinario di prescrizione decennale, di cui all’art. 2946 c.c.;
– ancora in precedenza, esaminando i casi in cui l’istanza era stata o meno correttamente presentata e le relazioni della procedura di rimborso con il diritto Eurounitario (Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 19682 del 01/10/2015), si è ritenuto che la domanda di rimborso dell’IVA o di restituzione del credito d’imposta maturato dal contribuente deve ritenersi già presentata con la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro relativo al credito, analogamente a quanto avviene in materia d’imposte dirette ed in linea con la Sesta Direttiva CEE, per la quale il diritto al ristoro dell’IVA versata “a monte” è principio basilare del sistema comunitario, per effetto del principio di neutralità, mentre la presentazione del modello di rimborso costituisce esclusivamente presupposto per l’esigibilità del credito e, quindi, adempimento necessario solo per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso;
– ne consegue evidentemente che una volta manifestata in dichiarazione la volontà di recuperare il credito d’imposta il diritto al rimborso, pure in difetto dell’apposita, ulteriore domanda, avente meramente funziona sollecitatoria dell’Erario, non può considerarsi assoggettato al termine biennale di decadenza previsto dal D.P.R. n. 636 del 1972, art. 16 e, oggi, dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale ex art. 2946 c.c.;
– alla luce delle chiare indicazioni della giurisprudenza sopra illustrata, è ormai da tempo “ius receptum” che per la domanda di rimborso dell’eccedenza d’imposta è sufficiente quindi la manifestazione di una volontà diretta all’ottenimento del rimborso mediante la compilazione nella dichiarazione annuale del quadro “RX4”, anche se non accompagnata dalla presentazione del modello ministeriale “VR”, cui è subordinata unicamente l’esigibilità del credito (in termini, anche Cass. 9 ottobre 2015, n. 20255; Cass. 15 maggio 2015, n. 9941);
– dal punto di vista sistematico l’impostazione qui scelta è indubbiamente ben coerente non solo con il dato legislativo, ma anche con la giurisprudenza formatasi con riferimento alle imposte sui redditi, in base alla quale qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d’imposta non occorre, da parte sua, al fine di ottenerne il rimborso, alcun altro adempimento, ma egli deve solo attendere che l’Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere – dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte, prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, ovvero, ricorrendone i presupposti, secondo lo strumento della rettifica della dichiarazione (cfr. Cass. 30 settembre 2011, n. 20039);
– l’interpretazione qui seguita è, altresì, coerente con la disciplina unionale, come ha già ritenuto la precedente giurisprudenza di questa Corte alla quale in questa sede si intende dare continuità e adesione, secondo la quale le misure adottate dagli Stati membri per l’adempimento degli obblighi di dichiarazione e di pagamento, nonchè per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e per evitare frodi non possono mai porre in discussione il diritto alla detrazione dell’IVA (cfr. Corte Giust. 8 maggio 2008, Ecotrade);
– dalle considerazioni che precedono deriva in conclusione che l’esposizione di un credito d’imposta in dichiarazione fa sì che non occorra da parte del contribuente, al fine di ottenere il rimborso, alcun altro adempimento atteggiandosi lo stesso quale sufficiente e bastevole formale esercizio del diritto e idoneo a far decorrere l’ordinario termine prescrizionale;
– la sentenza della CTR, sul punto, ha correttamente ritenuto che la presentazione del modello “VR” è presupposto di esigibilità del credito (affermazione in principio corretta), precisando poi che “l’uso di tale modello” non costituisce elemento di obbligatorietà ai fini del rimborso, “non esistendo una norma che commini espressamente la perdita del diritto” in caso di mancata sua presentazione; la motivazione della sentenza quindi è corretta in punto di diritto, logica e comprensibile, oltre che del tutto sufficiente;
– in tal senso quindi, il riferimento giurisprudenziale alla presentazione del modello “VR” quale “presupposto di esigibilità” deve intendersi nel senso che la stessa rappresenta un elemento meramente fattuale, rimesso nella disponibilità del contribuente interessato ed estraneo rispetto alla spettanza del diritto al rimborso avente quindi mera funzione sollecitatoria dell’attività di verifica dell’Amministrazione idonea a dare impulso e inizio al sub-procedimento amministrativo di esecuzione del rimborso stesso;
– l’ormai consolidato orientamento di questa Corte sul punto legittima la condanna dell’Amministrazione Finanziaria alle spese conseguenti la soccombenza;
– Inammissibile il ricorso incidentale del contribuente (22095/17 ex multis).
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in Euro 15.000 oltre al 15% per spese generali, CPA ed IVA come per legge.
Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2019