Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.7876 del 20/03/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21451-2018 proposto da:

F.M., C.A.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato FERDINANDO EMILIO ABBATE, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO GIUSTIZIA elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il 25/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/02/2019 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE La Corte d’appello di Perugia, con decreto n. 466 del 25/01/2018, ha dichiarato inammissibile la domanda di equa riparazione proposta dai ricorrenti, unitamente ad altra parte che non ha invece proposto ricorso, nei confronti del Ministero della Giustizia volta a conseguire quanto dovuto a titolo d’equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo incardinato ai sensi della L. n. 89 del 2001. In tal senso rilevava che il giudizio a quo era stato definito con ordinanza della Corte di cassazione n. 14076 del 17/6/2009 ma che i ricorrenti avevano avanzato la domanda di equa riparazione con ricorsi depositati in data 3/1/2010, il F., e 7/12/2010 (rectius 7/1/2010) il C., oltre i sei mesi previsti dalla L. n. 89 del 2001, art. 4.

Avverso tale decreto F.M. e C.A.M. propongono ricorso, esponendo, con l’unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4 e della L. n. 742 del 1969, artt. 1 e 3.

Deducono che la Corte di merito nel ravvisare la decadenza nella quale sarebbero incorsi i ricorrenti, non ha tenuto conto della necessità di dover applicare la sospensione feriale dei termini (all’epoca pari a 46 giorni) anche al termine previsto per l’introduzione del giudizio di equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4, con la conseguenza che, tenuto conto della data di pubblicazione del provvedimento di questa Corte che aveva definito il giudizio a quo (17/6/2009), il termine semestrale per la proposizione della domanda di equo indennizzo andava a scadere solo il 1 febbraio 2010, e quindi oltre il termine nel quale invece era stata depositata la domanda dichiarata invece erroneamente inammissibile.

Il Ministero intimato ha resistito con controricorso.

Il ricorso è fondato.

Ritiene il Collegio che la soluzione alla quale sono pervenuti i giudici di merito contrasti con la costante giurisprudenza di questa Corte la quale ha reiteratamente ribadito che al termine di cui all’art. 4 si applica anche la sospensione feriale dei termini di cui alla L. n. 742 del 1969 (Cass. n. 5895/2009; Cass. n. 5493/2016).

Tale orientamento è stato poi ribadito anche di recente (Cass. n. 4675/2018; Cass. n. 14493/2018), allorquando si è evidenziato come sulla soluzione della questione non potessero spiegare efficacia nè le modifiche apportate al procedimento di equo indennizzo di cui alla novella del 2012, nè la riduzione del termine di cui all’art. 327 c.p.c., nè infine la possibilità di far ricorso al procedimento di mediazione di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010.

La decisione gravata ha quindi ravvisato la scadenza del termine di cui al citato art. 4 senza tenere conto anche del periodo di sospensione feriale, pervenendo quindi erroneamente alla declaratoria di inammissibilità della domanda indennitaria.

Il decreto impugnato deve pertanto essere cassato, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2019

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