Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.7958 del 21/03/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAGDA Cristiano – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2203-2013 proposto da:

LA SELVA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CICERONE 60, presso lo studio dell’avvocato CASTELLANI RICCARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato CIMINO MAURO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI LIVORNO elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 95/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di LIVORNO, depositata il 13/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/10/2018 dal Consigliere Dott. ESPOSITO LUCIA.

RILEVATO

che la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con sentenza del 13/9/2012, confermò la decisione del giudice di primo grado che aveva rigettato il ricorso proposto da Selva Srl avverso l’accertamento, scaturito da controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, di maggiore imposta per IVA dovuta a causa del mancato riconoscimento di somme a credito per l’anno 2005, in ragione della tardività della dichiarazione integrativa presentata dalla contribuente per scadenza dei termini di decadenza di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, artt. 8 e 8-bis;

che la società propone ricorso per cassazione sulla base di unico motivo;

che la controparte ha svolto attività difensiva.

CONSIDERATO

Che con l’unico articolato motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2,commi 8 e 8-bis, laddove viene negata l’emendabilità della dichiarazione per l’anno 2005 liquidata ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis. Rappresenta che per un errore nella liquidazione dei registri IVA dell’anno 2004 la società aveva inviato una dichiarazione in data 30/1/2006 contenente un credito da riportare all’anno successivo errato e poi corretto mediante invio di nuova dichiarazione integrativa 25/9/2007, e che l’ufficio, rilevando la tardività della dichiarazione integrativa, aveva provveduto al suo annullamento, contestando le compensazioni avvenute per l’anno 2005 mediante utilizzo del credito 2004. Rileva che costituisce orientamento giurisprudenziale consolidato quello in forza del quale la dichiarazione dei redditi del contribuente affetta da errore commesso dal dichiarante nella sua redazione è emendabile quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi, stante la natura di mera esternazione di scienza della dichiarazione, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e valutazione;

che il motivo è fondato. In forza di principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicchè, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che sì tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili.” (Sez. U, n. 17757 del 08/09/2016);

che la sentenza impugnata, facendo applicazione della decadenza prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, non si è conformata al principio di diritto sopra enunciato;

che, conseguentemente, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata cassata e, non ravvisandosi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso;

che in ragione del formarsi solo in epoca recente, a seguito della citata pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, di un orientamento giurisprudenziale univoco, si dichiarano compensate tra le parti le spese del giudizio di merito, mentre le spese della fase di legittimità sono poste a carico della parte resistente e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso. Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di merito e condanna parte resistente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.600, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019

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