LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAGDA Cristiano – Presidente –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. CIRESE Marina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12930-2013 proposto da:
ARTI GRAFICHE M. DI M.C. & C. SNC, domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli Avvocati CILIA PASQUALINO, SALVAGGIO GIOVANNI;
– ricorrente –
contro
SERIT SICILIA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA COLA DI RIENZO 149, presso lo studio dell’avvocato VACCA ALESSANDRA, rappresentato e difeso dall’avvocato DAIDONE SALVATORE;
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI SIRACUSA in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 97/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di SIRACUSA, depositata il 02/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2018 dal Consigliere Dott. FASANO ANNA MARIA;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS UMBERTO che ha chiesto l’accoglimento del 4 motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
RITENUTO
Che:
La società Arti Grafiche M. di M.C. & C. s.n.c., oggi soc. Grafiche M. S.r.l. Unipersonale, impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa la cartella di pagamento n. ***** (anno 2003), per recupero credito di imposta di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 8, portato indebitamente in compensazione, per la somma di Euro 894.514,40, iscritta a ruolo a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi, eseguito ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis. La Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza n. 47/01/10 del 5.11.2007, accoglieva il ricorso della società ricorrente, ritenendo il difetto di motivazione dell’atto impugnato per non essere stato preceduto dalla notifica di alcun avviso di accertamento o di un atto di recupero di imposta. L’Agenzia delle entrate spiegava appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia che, con sentenza n. 97/16/12, accoglieva l’impugnazione, rilevando che nessuna disposizione di legge prevedeva che i ruoli e le cartelle di pagamento, emesse a seguito del controllo formale delle dichiarazioni dei redditi, dovessero essere precedute dalla notifica di un avviso di accertamento o di un avviso di recupero di credito di imposta. La società contribuente ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo quattro motivi, illustrati con memorie.
La società Riscossione Sicilia S.p.a. e l’Agenzia delle entrate e del territorio si sono costituite con controricorso.
La Procura Generale presso la Corte suprema di cassazione ha depositato, in data 7.11.2018, memoria, chiedendo l’accoglimento del quarto motivo di ricorso, assorbiti i restanti.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata in ragione della inammissibilità dell’appello, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 330 c.p.c., comma 3, in combinato disposto dell’art. 137 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., atteso che la notificazione dell’impugnazione è stata eseguita oltre l’annualità. Parte ricorrente eccepisce che l’atto di impugnazione è stato notificato al procuratore domiciliatario in primo grado, tale Dott. A.A., ma senza che la ne abbia mai preso visione, tanto che nel giudizio di appello è rimasta contumace, non potendosi conseguentemente invocare l’intervenuta sanatoria processuale ex art. 156 c.p.c..
1.1. Il motivo è infondato. Questa Corte ha affermato il principio secondo cui, in tema di notificazione degli atti di impugnazione del processo tributario, per l’appello opera la disciplina speciale dettata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17,comma 1, (Cass. n. 14549 del 2018), avente carattere di specialità, e quindi di prevalenza, rispetto a quella prevista dall’art. 330 c.p.c., concernente soltanto il ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali (Cass. S.U. n. 14916 del 2016). Ai sensi del menzionato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 1, “le comunicazioni e le notificazioni sono fatte, salvo la consegna a mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio”, sicchè la notifica dell’atto di appello, in caso di elezione di domicilio, deve ivi essere prioritariamente eseguita.
Ciò premesso, in applicazione dei suddetti principi, la notifica dell’atto di appello è stata correttamente eseguita presso il procuratore domiciliatario in primo grado e nessuna censura può essere espressa nei confronti della sentenza impugnata.
2. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, e per omessa e/o insufficiente motivazione in relazione alla violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 comma 1, lett. b-bis), nonchè per violazione dell’art. 2697 c.c., atteso il mancato assolvimento dell’onere probatorio, e per violazione dell’art. 111 Cost. Parte ricorrente lamenta che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe errato nell’acquisire e nel dichiarare utilizzabile la relata di notifica della cartella di pagamento impugnata prodotta da Serit che si è costituita per la prima volta nel giudizio di appello, producendo documenti e sollevando eccezioni che potevano essere dedotte entro i termini di decadenza di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, comma 1, previsti per il giudizio di primo grado. In linea subordinata si evidenzia che la sentenza impugnata sarebbe gravemente viziata per violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. b-bis), in ragione dell’assoluta inesistenza giuridica della notifica. Nella specie, mancherebbe la prova della raccomandata informativa che avrebbe dovuto essere spedita dall’Agente notificatore al legale rapp.te della società contribuente.
2.2. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
In tema di contenzioso tributario, il ricorrente deve rispettare, a pena di inammissibilità del ricorso, l’onere di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonchè dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi e giudizi di merito (Cass. n. 23575 del 2015). Inoltre, ove sia denunciato un vizio relativo al procedimento notifica-torio, il principio di autosufficienza esige la trascrizione del contenuto degli atti in ricorso, che, se omessa, determina l’inammissibilità del motivo (Cass. n. 5185 del 2017 in tema di vizio della relata, v. anche Cass. n. 17424 del 2005).
2.3. Il motivo è, altresì, infondato nella parte in cui denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, tenuto conto che questa Corte, con indirizzo ampiamente condiviso, ha affermato che:
“Nel processo tributario, poichè il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, consente la produzione in appello di qualsiasi documento, la stessa può essere effettuata anche dalla parte rimasta contumace in primo grado, poichè il divieto posto dall’art. 57 del detto decreto riguarda unicamente le eccezioni in senso stretto” (Cass. n. 29568 del 2018).
3. Con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, artt. 7, 16 e 17, del D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 8, dell’art. 24 Cost. e della L. n. 241 del 1990, art. 3, e dell’art. 111 Cost., atteso che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe errato nell’affermare la legittimità della cartella di pagamento impugnata, pur non essendo preceduta da un avviso di accertamento e/o da un avviso di recupero di imposta.
4. Con il quarto motivo si censura la sentenza impugnata per violazione ed errata e/o falsa applicazione tanto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, comma 3, quanto della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5 e art. 10, comma 1, e del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2, comma 2, nonchè violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., in ragione della illegittimità delle iscrizioni dirette a ruolo, conseguenti ad attività di liquidazione e controlli formali delle dichiarazioni, se non precedute da rituale invio delle prescritte comunicazioni bonarie.
5. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso che, per ragioni di connessione, vanno trattati unitariamente, sono fondati.
5.1. Ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, avvalendosi di procedure automatizzate, l’Amministrazione finanziaria provvede a: a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi;
b) correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze delle imposte, dei contributi e dei premi risultanti dalle precedenti dichiarazioni;
c) ridurre le detrazioni d’imposta indicate in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni;
d) ridurre le deduzioni dal reddito esposte in misure superiore a quella prevista dalla legge;
e) ridurre i crediti di imposta esposta in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione;
f) controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività di versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto di imposta.
5.2. Con riferimento a tale procedura di controllo, la diretta iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi del citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 36-bis e art. 54-bis, è ammissibile, e può evitare l’attività di rettifica, quando il dovuto sia determinato mediante un controllo della dichiarazione meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente, o di una mera correzione di errori materiali o di calcolo (Cass. n. 14070 del 2011, n. 12762 del 2006). Con ordinanza n. 5318 del 2012, questa Corte ha affermato che con tali modalità non possono risolversi questioni giuridiche, sicchè la negazione della detrazione nell’anno in verifica di un credito dell’anno precedente, per il quale la dichiarazione era stata omessa, non può essere ricondotta al mero controllo cartolare, in quanto implica, appunto, verifiche e valutazioni giuridiche; con la conseguenza che il disconoscimento del credito e l’iscrizione della conseguente maggiore imposta deve avvenire previa emissione di motivato avviso di rettifica. Con specifico riferimento alla fattispecie in esame, questa Corte ha affermato il principio, a cui si intende dare continuità, secondo cui: “In tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie, l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, è ammissibile solo quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolvere questioni giuridiche, sicchè il disconoscimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di un credito d’imposta non può avvenire tramite emissione di cartella di pagamento avente ad oggetto il relativo importo, senza essere preceduta da un avviso di recupero di credito di imposta o quanto meno bonario” (Cass. n. 11292 del 2016; Cass. n. 14949 del 2018). Il principio è stato recentemente ribadito da questa Corte con ordinanza n. 5785 del 2018. Si è, infatti, precisato che in tali casi è necessario un apposito avviso di recupero del credito o quantomeno la notifica di un avviso bonario, trattandosi di attività che comportano una preventiva verifica e valutazioni giuridiche che escludono che l’Ufficio possa fare ricorso alla procedura del mero controllo cartolare automatizzato.
5.3. Tali principi, enunciati in fattispecie che presentano un’evidente analogia con quella in esame, induce a ritenere che il recupero dell’ulteriore credito di imposta per agevolazioni per investimenti in aree svantaggiate, portato in compensazione dalla società contribuente con riferimento all’anno 2003, non poteva essere effettuato mediante l’iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, ma richiedeva un previo avviso di recupero del predetto credito; in difetto di previo avviso di recupero, sarebbe stato necessario quanto meno l’avviso bonario, la cui mancanza non è stata censurata dalla Commissione Tributaria Regionale, che ha ritenuto insussistente tale obbligo, e sotto tale profilo la sentenza in parte qua deve essere cassata.
6. In definitiva, va accolto il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigettato il primo e dichiarato inammissibile il secondo e la cassazione della sentenza impugnata; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto l’originario ricorso proposto dalla società contribuente. Le spese di lite di ogni fase e grado, tenuto conto del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate rispetto all’epoca della introduzione della lite, vanno interamente compensate tra le parti.
PQM
La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso proposto dalla società contribuente. Compensa le spese di lite di ogni fase e grado.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019