Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.7963 del 21/03/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8806-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.V.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 17/2012 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO, depositata il 15/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/11/2018 dal Consigliere Dott. CIRESE MARINA.

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle Entrate, Ufficio locale Palermo 2, a seguito di due processi verbali di constatazione redatti dall’INPS in cui si contestava ad A.V.A., titolare di omonima ditta individuale, di essersi avvalso di un dipendente non in regola con la normativa previdenziale e fiscale, in data 13 giugno 2006 emetteva nei confronti dell’imprenditore, per l’anno 2003, l’avviso di accertamento n. ***** con il quale accertava, ai fini IRPEF,IRAP ed IVA, un ricavo evaso di Euro 38.066,00 oltre alle sanzioni.

In sede di accertamento con adesione emergeva la parziale erroneità della contestazione, in quanto il dipendente aveva iniziato la propria attività lavorativa nel settembre, e non nel gennaio, del 2003; il maggior ricavo evaso veniva perciò rideterminato dall’Ufficio in Euro 10.000,00, con verbale redatto da dipendente dell’Agenzia e sottoscritto dal contribuente. Non essendo intervenuto, nei venti giorni previsti, il pagamento del dovuto, l’amministrazione, sulla scorta dell’originario avviso di accertamento, non impugnato, iscriveva a ruolo l’importo di Euro 28.979,71 e notificava ad A. cartella esattoriale per il pagamento.

Avverso la predetta cartella di pagamento il contribuente proponeva ricorso che, con sentenza del 19 giugno 2008, veniva rigettato dalla CTP di Palermo.

L’appello proposto da A. contro detta pronuncia veniva parzialmente accolto dalla CTR della Sicilia con sentenza in data 15.2.2012. Il giudice d’appello affermava che per la determinazione dei tributi evasi nell’anno 2003 l’Ufficio doveva tenere conto del processo verbale di contraddittorio-accertamento con adesione- nel quale aveva ritenuto equo definire la pretesa impositiva rideterminando i maggiori ricavi in Euro 10.000,00.

Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi. L’intimato non si è costituito.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso rubricato “Error in procedendo/Nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione degli artt. 112 e 276 c.p.c. in combinato disposto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2” parte ricorrente deduce che la sentenza di appello è illegittima in quanto non si è pronunciata circa il mancato perfezionamento dell’accertamento con adesione.

2. Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 9” parte ricorrente deduce l’illegittimità della sentenza impugnata in quanto si fonda sulla validità dell’atto di accertamento con adesione, in realtà privo di effetti in quanto non perfezionatosi a causa del mancato pagamento del contribuente.

3. Con il terzo motivo di ricorso rubricato “Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 7, in relazione all’art. 1362 c.c. e ss.” parte ricorrente deduce l’illegittimità della sentenza impugnata in quanto ha ritenuto perfezionato l’accertamento con adesione nonostante lo stesso non fosse stato sottoscritto da chi era legittimato a rappresentare l’Agenzia delle Entrate.

4. Con il quarto motivo di ricorso rubricato “Error in procedendo/Nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21, in relazione al D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, commi 2 e 3" parte ricorrente deduce l’illegittimità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto che il giudice tributario possa rideterminare la pretesa tributaria nel giudizio promosso avverso la cartella esattoriale anche se il contribuente non abbia impugnato il prodromico avviso di accertamento.

5. Con il quinto motivo di ricorso rubricato ” Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5" parte ricorrente deduce l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione della sentenza di secondo grado in ordine alla validità dell’accertamento con adesione.

I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto attinenti alla medesima questione, sono inammissibili.

Le censure svolte, infatti, nel proporre sotto diversi profili la questione della validità dell’accertamento con adesione concluso tra le parti, non colgono la ratio decidendi della decisione impugnata, che risiede, invece, nel rilievo del sostanziale venir meno dell’originario avviso per effetto del successivo accertamento, compiuto in sede di verbale di adesione, dell’errore commesso dall’amministrazione in ordine alla registrazione del dipendente (che risultava avere iniziato l’attività lavorativa non già in data 1 gennaio 2003 come rilevato nel processo verbale di accertamento, bensì in data 12 settembre 2003, come risultava dal libro paga e matricola), cui conseguiva in via automatica, e senza necessità di impugnazione dell’avviso, la riduzione della pretesa tributaria.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Nulla va disposto sulle spese del giudizio di legittimità stante la mancata costituzione della parte intimata.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019

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