LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino L. – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –
Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21079/2012 R.G. proposto da:
C.F., elettivamente domiciliata in Roma, Via Monte delle Gioie n. 24, presso lo Studio dell’Avv. Roberto Modena, che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Valle d’Aosta n. 6/1/11, depositata il 22 giugno 2011.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 febbraio 2019 dal Cons. Bruschetta Ernestino Luigi;
udito l’Avv. Roberto Modena, per il ricorrente;
udito l’Avv. dello Stato Pucciariello Pasquale, per la controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale De Matteis Stanislao, che ha concluso per il… del ricorso.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’impugnata sentenza, la Regionale della Valle d’Aosta confermava la decisione della Provinciale che aveva respinto il ricorso promosso da C.F., debitore in solido, contro tre avvisi di rettifica che recuperavano maggiori dazi 1998, 1999 e 2000 relativi all’importazione di banane.
2. A seguito di indagini OLAF, veniva difatti accertato che il certificato AGRIM in possesso della SO.CO.BA. S.R.L. era falso, che il dazio preferenziale all’importazione delle banane non era quindi dovuto, che la SO.CO.BA. S.R.L. era partecipata dai familiari del C., che quest’ultimo era il legale rappresentante della CHIQHITA ITALIA S.R.L. alla quale le banane importate in frode venivano poi vendute.
3. La Regionale respingeva dapprima le preliminari eccezioni formulate dalla contribuente, nella sostanza spiegando che la prescrizione dei diritti doganali prevista dal D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 84, nonchè la decadenza dall’azione di revisione stabilita dal D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, non si erano verificate perchè, in ragione della “prevalente” norma comunitaria contenuta nel Reg. ce 12 ottobre 1992, n. 2913, art. 221, doveva ritenersi che la notitia criminis, avesse interrotto i termini triennali di entrambe, fino alla conclusione del processo penale; dopodichè, nel merito, accertava la solidale responsabilità tributaria del C..
4. Il contribuente ricorreva per la cassazione della sentenza per un unico motivo, anche avvalendosi della facoltà di depositare memoria, mentre l’ufficio resisteva con controricorso.
5. Con l’unico motivo di ricorso, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denunciando la violazione del D.Lgs. n. 374 cit., art. 11, il contribuente rimproverava alla Regionale di non aver dichiarato la decadenza dell’amministrazione, atteso che i procedimenti penali di Genova e Trento non lo avevano interessato, posto che la notitia criminis che lo riguardava direttamente era intervenuta solo successivamente allo spirare del termine triennale.
6. Il motivo è inammissibile, non solo perchè presuppone l’accertamento di fatti, particolarmente il contenuto della notitia criminis – peraltro nemmeno riportata, con il derivato difetto di autosufficienza – che non possono essere censurati per violazione di legge (Cass. sez. I n. 24155 del 2017; Cass. sez. lav. n. 195 del 2016); ma anche perchè l’accertamento in fatto richiesto si basa su di una premessa giuridica che è in contrasto con la consolidata giurisprudenza per cui per aversi l’interruzione, che in forza del Reg. ce 2913 cit., art. 221, trova applicazione anche con riguardo al termine di decadenza fissato per la revisione dal D.Lgs. n. 374 cit., art. 11, (Cass. sez. trib. n. 615 del 2018; Cass. sez. trib. n. 26045 del 2016), è sufficiente che “l’amministrazione emetta un atto nel quale venga formulata una notitia criminis tale da individuare un fatto illecito, penalmente rilevante, ed idoneo ad incidere sul presupposto d’imposta” (Cass. sez. VI n. 24674 del 2015; Cass. sez. trib. n. 20468); ciò che, all’evidenza, è avvenuto nella concreta fattispecie, in cui era oggetto di penale accertamento la falsità del certificato AGRIM, circostanza dalla quale chiaramente dipendeva l’esistenza del presupposto dei dazi ordinari in discussione.
8. Le nuove deduzioni contenute nella memoria depositata dal contribuente, come anche la documentazione allegata, sono inammissibili perchè tardive.
7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il contribuente a rimborsare all’ufficio le spese processuali, liquidate in Euro 17.000,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019