Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.7970 del 21/03/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 29590/2014 R.G. proposto da:

CHIQUITA ITALIA S.P.A., in persona del suo legale rappresentante P.P., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Giuseppe Mazzini n. 11, presso lo Studio dell’Avv. Franco Gallo, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 2690/28/14, depositata il 30 aprile 2014.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 febbraio 2019 dal Cons. Bruschetta Ernestina Luigi;

udito l’Avv. Franco Gallo, per la ricorrente;

udito l’Avv. dello Stato Pucciariello Pasquale, per la intimata;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale De Matteis Stanislao, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Con l’impugnata sentenza la Regionale del Lazio, per quanto rimasto d’interesse, confermava la decisione della Provinciale che aveva ritenuto legittima la ripresa IVA 2005 nei confronti di CHIQUITA ITALIA S.P.A.

2. La Regionale, dopo aver dato atto che, con riguardo alle ulteriori riprese IRES IRAP 2005, il primo giudice aveva dichiarato cessata la materia del contendere e dopo aver respinto l’eccezione di giudicato esterno, in thesi della contribuente formatosi, seppur con riferimento alle imposte dirette, su analogo accertamento concernente il diverso anno d’imposta 2004, riteneva legittimo il recupero IVA in quanto relativo “ad operazioni inesistenti”, non avendo la contribuente dimostrato “la sua buona fede e la sua estraneità alla frode”.

3. In particolare, la Regionale affermava la soggettiva inesistenza delle operazioni di acquisto di banane, quest’ultime importate con dazio preferenziale da altra Società munita di certificato AGRIM, in quanto il “meccanismo sarebbe stato finalizzato al conseguimento di benefici fiscali”, benefici consistenti nell’avvantaggiarsi di un dazio preferenziale di cui la contribuente non avrebbe avuto diritto, mediante l’aggiramento dei limiti all’importazione, limiti per i quali erano state introdotte le quote rappresentate nei certificati AGRIM.

4. La contribuente ricorreva per quattordici motivi, anche illustrati da memoria; l’ufficio rimaneva intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il settimo motivo di ricorso, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la contribuente lamentava il difetto di motivazione con il quale la Regionale aveva respinto l’eccezione di giudicato esterno, atteso che era passata in cosa giudicata la decisione riguardante un analogo avviso anno 2004 che, seppure con riferimento alle imposte dirette, aveva accertato che le operazioni in discussione non erano fittizie.

1.1. Con l’ottavo motivo di ricorso, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, denunciando la violazione dell’art. 112 c.p.c., la contribuente si doleva del fatto che la Regionale non avesse pronunciato su altri numerosi giudicati esterni “che assolvevano i soggetti presunti interposti”.

1.2. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la loro stretta connessione, anche a prescindere dal rilievo dell’inopponibilità del giudicato esterno in tema IVA (Corte giust. UE sez. H n. 2 del 2009; Cass. sez. trib. n. 8855 del 2016), anche a prescindere dalla consolidata giurisprudenza per cui il giudicato esterno non può riguardare imposte differenti (Cass. sez. trib. n. 14596 del 2018; Cass. sez. trib. n. 235 del 2014), anche a prescindere dall’altra consolidata giurisprudenza per cui non è possibile la formazione di alcun giudicato esterno favorevole, trattandosi di fatti di importazione diversi da quelli qui all’esame (Cass. sez. trib. n. 6953 del 2015; Cass. sez. trib. n. 20029 del 2011), sono comunque inammissibili, non solo perchè l’eccezione di giudicato esterno ha natura officiosa (Cass. sez. lav. n. 16847 del 2018; Cass. sez. H n. 15339 del 2018), con la conseguenza che il suo mancato rilievo non si può tradurre in un vizio di omessa pronuncia (Cass. sez. VI n. 6174 del 2018; Cass. sez. I n. 15843 del 2015), ma anche perchè la contribuente propone un diverso apprezzamento dei fatti divisati dalla Regionale, con ciò chiaramente oltrepassando il minimo costituzionale consentito dal “nuovo” art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. sez. un. 19881 del 2014; Cass. sez. un. 8053 del 2014); un apprezzamento, quello in discussione, oggetto peraltro di una “doppia conforme”, con la conseguente preclusione ex art. 348 ter c.p.c..

2. Con il quarto motivo di ricorso, formulato dalla contribuente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denunciando, tra l’altro, la violazione dell’art. 2697 c.c., la contribuente addebitava alla Regionale di aver erroneamente ripartito l’onere della prova, nella sostanza dispensandone l’ufficio, con riferimento alla dimostrazione della soggettiva inesistenza delle operazioni di acquisto delle banane importate, mancando in effetti qualsiasi tipico indizio che fosse idoneo a dimostrare il carattere soggettivamente fittizio delle compravendite.

2.1. Il motivo è fondato.

2.2. Deve essere a riguardo premesso, che la soggettiva inesistenza delle operazioni, che ai sensi dell’art. 21 D.P.R. 26, comma 7, D.P.R. ottobre 1972, n. 633, non consente la detrazione d’imposta, è quella fatturata da un soggetto diverso da quello che ha realmente venduto; l’imposta, si considera perciò evasa perchè non riferita all’operazione effettivamente realizzata, con la conseguenza che all’acquirente, che utilizzando l’ordinaria diligenza avrebbe potuto avvedersi della frode, non potrà essere riconosciuta la detrazione d’imposta per una operazione che non è esistita (Cass. sez. trib. n. 10120 del 2017; Cass. sez. trib. n. 15044 del 2014; Cass. sez. trib. n. 6378 del 2006; Cass. sez. trib. n. 15374 del 2002); secondo la giurisprudenza della Corte, di recente rivisitata alla luce di quella unionale, la prova della soggettiva inesistenza dell’operazione, nonchè la prova che il contribuente avrebbe potuto accorgersi della frode usando la diligenza richiesta dalla professione, sono entrambe poste a carico dell’amministrazione, che è in questo senso tenuta attraverso la dimostrazione di taluni precisi elementi presuntivi che sono stati “tipizzati” dalla giurisprudenza (il mancato versamento dell’IVA da parte del cedente, la sua mancanza di struttura e mezzi d’impresa ecc.: Corte giust. UE sez. III n. 80 del 2012; Corte giust. UE sez. III n. 439 del 2006; Corte giust. UE sez. III n. 354 del 2006; Cass. sez. trib. n. 9851 del 2018).

2.3. Rammentato quanto appena sopra, in totale assenza di allegazione dei ricordati elementi indiziari tipici, risultando inoltre del tutto fuori dallo schema legale che un’eventuale frode daziaria possa dar luogo ad una fattispecie di operazione soggettivamente inesistente ai fini IVA, come ha invece mostrato di credere la Regionale, discende facilmente l’identificazione dell’errore nel quale è incorso il giudice dell’appello, che non ha caricato l’amministrazione dalla prova “tipica” dell’inesistenza soggettiva dell’operazione 3. L’accoglimento del quarto motivo, assorbente ogni altro, comporta la cassazione della sentenza e il rinvio della controversia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, per le ulteriori necessarie ricognizioni.

PQM

La Corte rigetta il settimo e ottavo motivo del ricorso; accoglie il quarto, con assorbimento dei restanti; cassa l’impugnata sentenza i relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio che, in altra composizione, dovrà uniformarsi ai superiori principi, oltrechè regolare le spese di ogni fase e grado; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019

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