LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9100/2014 R.G. proposto da:
Pozzolana Flegrea Srl, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Sabrina Varricchio e Domenico Parrella, con domicilio eletto presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 293/46/13, depositata il 1 ottobre 2013;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 febbraio 2019 dal Consigliere Fuochi Tinarelli Giuseppe.
RILEVATO
CHE:
– Pozzolana Flegrea Srl chiedeva, con la dichiarazione per l’anno d’imposta 1993, il rimborso del credito Iva per la somma di Euro 30.987,41 (già Lire 60.000.000), relativa all’anno d’imposta 1992, che non veniva erogato dall’Agenzia delle entrate attesa la notifica, per il medesimo anno d’imposta, di avviso di accertamento con cui, determinato induttivamente il volume d’affari, era stato contestato un più elevato debito, pari Lire 393.266.000, verso l’Amministrazione finanziaria;
– l’impugnazione avverso detto avviso si concludeva, in termini favorevoli alla contribuente, con la sentenza della CTP di Napoli n. 162 del giugno 2001;
– in data 3 novembre 2009 la contribuente sollecitava il pagamento del rimborso, che veniva negato dall’Agenzia delle entrate per intervenuta prescrizione;
– il ricorso avverso l’atto di diniego, accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, era rigettato dal giudice d’appello;
– Pozzolana Flegrea Srl propone ricorso per cassazione con due motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
– il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e 2945 c.c. e dell’art. 12 preleggi per aver la CTR escluso efficacia sospensiva del termine prescrizionale all’impugnazione dell’accertamento Iva relativo al medesimo anno d’imposta del preteso rimborso;
– il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 2935 c.c. per non aver la CTR considerato che, a seguito della notificazione dell’avviso di accertamento, non sussistevano le condizioni per ritenere l’effettività del rimborso, che poteva essere fatto valere solo dalla definitività della sentenza favorevole;
– i motivi, da esaminare unitariamente per connessione logica, sono fondati;
– occorre premettere che la domanda di rimborso proposta dalla contribuente ha ad oggetto Ilva che risultava a credito in relazione alla dichiarazione riferita all’anno d’imposta 1992;
– si tratta, dunque, di un rimborso per “l’importo in eccedenza” dell’imposta, che, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, nel testo ratione temporis vigente, era (ed è) costituito dalla differenza algebrica tra “l’ammontare detraibile di cui all’art. 28, n. 3), aumentato delle somme versate mensilmente” e “l’imposta relativa alle operazioni imponibili di cui al n. 1) dello stesso articolo”, ossia, da un lato, “dalle cessioni di beni” e “dalle prestazioni di servizi registrate nell’anno precedente”, e, dall’altro, dagli “acquisti e importazioni per i quali è ammessa la detrazione prevista nell’art. 19, risultante dalle fatture e dalle bollette doganali registrate nell’anno precedente a norma dell’art. 25”;
– è dunque evidente che, ai fini della determinazione del credito d’imposta, vengono in rilievo una pluralità di poste, tra loro eterogenee ed unificate solo con riferimento al quantum finale;
– ciò comporta che ove la contestazione, da parte dell’Ufficio, sia mirata a specifiche poste, nessuna incidenza può essa svolgere rispetto alle voci che non siano state contestate (v. Cass. n. 3827 del 18/02/2010);
– per contro, ove la contestazione investa la totalità dell’attività d’impresa, la cui cifra d’affari venga globalmente rideterminata in esito ad accertamento induttivo, è l’intero credito maturato ad essere investito dalla contestazione; le caratteristiche stesse di questa tipologia di accertamento, fondate sull’inattendibilità della contabilità o sull’omessa presentazione della dichiarazione, rendono priva di autonoma consistenza l’originaria indicazione operata dal contribuente;
– tale ultima situazione è quella che ricorre nella specifica vicenda ove l’accertamento nei confronti della contribuente era stato operato ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, secondo il quale “l’ammontare imponibile complessivo e l’aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’ufficio e sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell’art. 19 risultanti dalle liquidazioni prescritte dagli artt. 27 e 33”;
– orbene, tenuto conto, come pure correttamente premesso dal giudice d’appello, che il processo tributario è caratterizzato da una domanda giudiziale il cui oggetto è delimitato dal petitum e dalla causa petendi posta a suo fondamento, e che, nella specie, era il complessivo ammontare dell’imponibile ad essere oggetto di accertamento, senza distinzione tra le diverse componenti, se ne deve derivare, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, che la contestazione non ha avuto ad oggetto singole poste (attive o passive) ma, necessariamente, ha riguardato la totalità delle stesse, sicchè l’effetto interruttivo della prescrizione, e la conseguente non decorrenza dello stesso, ha investito l’intero credito chiesto a rimborso;
– va pertanto affermato il seguente principio:
“in tema di rimborso dell’eccedenza Iva, l’impugnazione dell’avviso di accertamento con cui l’Ufficio, a seguito di accertamento induttivo (nella specie D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 55), abbia globalmente rideterminato l’intera cifra d’affari della società contribuente negando l’erogazione del credito, investe la totalità delle poste (attive o passive) rilevanti D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 30, sicchè l’effetto interruttivo e sospensivo del termine di prescrizione decennale ex artt. 2943 e 2945 c.c. si verifica sull’intero credito chiesto a rimborso”;
– in punto di fatto, infine, va rilevato che nella vicenda in esame è incontroverso che:
a) l’originaria richiesta è stata formulata con la dichiarazione per l’anno 1993, in data 5 marzo di quell’anno;
b) il processo avverso l’avviso di rettifica è stato instaurato in data 9 novembre 1994;
c) il relativo giudizio è stato definito dalla CTP di Napoli con sentenza passata in giudicato il 30 giugno 2002;
d) la richiesta di sollecito al pagamento del rimborso è stata presentata in data 3 novembre 2009;
– ne deriva che, in applicazione degli anzidetti principi, il termine decennale di prescrizione non era decorso;
– in accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va accolto l’originario ricorso della contribuente;
– le spese delle fasi di merito vanno compensate attesa la peculiarità e parziale novità della vicenda, mentre quelle di legittimità vanno liquidate, come in dispositivo, per soccombenza.
PQM
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente.
Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, a favore della contribuente, delle spese di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre 15 % per spese generali ed accessori di legge. Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 20 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019